Il 3 marzo scorso Mario Monti, mostrando il piglio deciso e il petto gonfio, ha ribadito la necessità del TAV in Val di Susa “con piena convinzione”. “Dopo un esame condotto con spirito aperto”, infatti, il super professore ha detto che l’opera darà “benefici economici rilevanti” dal momento che “genera lavoro e occupazione” e che può invertire la pericolosa tendenza in atto dell’Italia di “staccarsi dall’Europa” a causa di una “decrescente competitività” e di “una difficoltà sempre maggiore di trovare spazio nell’economia internazionale e di creare buoni posti di lavoro per i giovani”. Poi, col tono didascalico e amorevole di Papà Castoro, ha concluso: “ Vogliamo noi lasciare andare dolcemente alla deriva, staccandosi dall’Europa, questa nostra penisola, rendendo così sempre più difficile per l’economia italiana risalire, essere competitiva […], consentire un maggiore benessere sociale ed economico…?”.
Monti vede insomma il TAV come un’opera imprescindibile per garantire all’Italia di restare agganciata all’Europa, e di essere competitiva. Ma di quale competitività si sta parlando? E di quale benessere? Se competizione deve esserci tra i vari Stati, allora bisogna riconoscere che questa si gioca su più fronti. E uno dei più importanti parametri che testimoniano “il benessere”, se non il più importante in assoluto, riguarda senza dubbio la sicurezza dell’ambiente in cui si vive. Tuttavia, nel dossier di Legambiente “ Ecosistema rischio 2011 ”, a pagina 5, bene evidenziato in grassetto, si legge: “ per valutare quanto sia elevata l’esposizione al rischio idrogeologico nel nostro Paese si può notare come, secondo le nostre stime, oltre 5 milioni di cittadini si trovino ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni ”. E per dare un’idea un po’ più concreta del rischio, ricordiamo al professor Monti che, senza considerare i terremoti, ogni anno muoiono in media 7 persone al mese per frane o alluvioni. Anche questa è scarsa competitività.
Secondo il report redatto dal Ministero dell’Ambiente nel 2008, poi, sono ben 6.633 i comuni italiani in cui sono presenti aree a rischio idrogeologico, l’82% del totale. E la regione che ha il numero più alto di comuni a rischio (1049) è proprio il Piemonte, cioè quella che è chiamata ad ospitare un'opera sulle cui pericolose conseguenze dal punto di vista ecologico si sono espressi 360 docenti e ricercatori.
Regione
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Comuni a rischio
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% Comuni a rischio
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Calabria | 409 | 100% |
Provincia Autonoma di Trento | 222 | 100% |
Molise | 136 | 100% |
Basilicata | 131 | 100% |
Umbria | 92 | 100% |
Valle d'Aosta | 74 | 100% |
Marche* | 239 | 99% |
Liguria | 232 | 99% |
Lazio | 372 | 98% |
Toscana | 280 | 98% |
Piemonte | 1.049 | 87% |
Abruzzo | 294 | 96% |
Emilia Romagna* | 313 | 95% |
Campania | 504 | 92% |
Friuli Venezia Giulia | 201 | 92% |
Sardegna | 306 | 81% |
Puglia | 200 | 78% |
Sicilia | 277 | 71% |
Lombardia | 929 | 60% |
Provincia Autonoma di Bolzano | 46 | 59% |
Veneto | 327 | 56% |
TOTALE | 6.633 | 82% |
Come se non bastasse, stando agli studi di Legambiente (che ha analizzato un campione di 221 amministrazioni comunali), il Piemonte non brilla neppure per quanto riguarda la messa in sicurezza del territorio: il 66% dei comuni a rischio ha svolto negli ultimi anni un lavoro di mitigazione del rischio idrogeologico giudicato “negativo”, cioè scarso o insufficiente.Anche questa è scarsa competitività.
Ora, Monti ha detto che non esistono forti criticità dal punto di vista ambientale connesse al TAV, e che dunque l’opera è ecologicamente compatibile. Sarebbe interessante sapere chi gli ha fornito i dati, dal momento che le stesse società che hanno presentato il progetto hanno previsto che le perforazioni per la costruzione del tunnel provocheranno una perdita d’acqua che arriverà a 1040 litri al secondo, cioè 90mila metri cubi al giorno. E questo provocherà seri problemi alle falde acquifere – con conseguente prosciugamento dei fiumi e dei corsi d’acqua – e quindi all’agricoltura. I lavori dell’alta velocità tra Firenze e Bologna, per esempio, hanno fatto sì che nel Mugello si seccassero 57 km di fiumi, col prosciugamento di 37 sorgenti e 5 acquedotti. E nel Mugello si calcolava una perdita d’acqua pari a “soli” 500 litri al secondo (meno della metà che in Val di Susa). Fare il TAV tra Torino e Lione servirebbe – a quanto dice Monti – a rendere più rapidi i trasporti e i commerci. Ma per realizzare questo obiettivo distruggiamo i nostri fiumi e mettiamo in ginocchio l’agricoltura. Perdiamo cioè una delle fonti di maggiore produttività del nostro paese. Quindi, per favorire il trasporto delle merci, rendiamo più difficile la produzione delle merci stesse. E questa è competitività?
Veniamo adesso all’altro vantaggio rivendicato più volte da Monti in conferenza stampa: la creazione di nuovi posti di lavoro. L’idea che questo possa avvenire soltanto costruendo, cementificando e producendo nuove opere è ormai obsoleta. Appartiene a un modello di sviluppo folle quanto fallimentare, e questa crisi avrebbe dovuto dimostrarlo. Il professor Monti dovrebbe rendersi conto che si può creare occupazione anche senza perforare montagne, confiscare terreni, divorare boschi e asfaltare riserve naturali. La manutenzione e la messa in sicurezza del territorio non vanno più considerate soltanto come un utopico e inutile passatempo di qualche ecologista figlio dei fiori: può anche essere un business, cioè un’occasione per dare lavoro e far crescere un Paese. Secondo l’ANBI (Associazione Nazionale Bonifiche e Consorzi) “ ogni milione di euro investito in manutenzione del territorio genera 7 nuovi posti di lavoro. Da un facile calcolo, il Piano per la Riduzione del Rischio Idrogeologico, composto perlopiù da progetti immediatamente cantierabili avendo già espletato i necessari iter burocratici, ne creerebbe oltre 47.000”. Anche questa è competitività.
Alla luce di tutto ciò, mi sembra importante ribadire una questione. Quando ministri e giornalisti dicono che quella dei NO TAV è una lotta che esula dalle problematiche della Val di Susa e che è ideologicamente connotata, dicono una verità. Sono convinto, infatti, che quello che sta avvenendo in Piemonte sia il frutto di un modello di sviluppo che è dannoso per tutto il Paese. E sono altrettanto convinto che l’ideologia del cemento e della crescita del PIL, imperante da decenni, vada ormai gettata nel cestino dei rifiuti non riciclabili. Un altro modello di vita e di società è possibile. E anche un altro modello di economia. Cioè un’economia che sia sottoposta alle esigenze biologiche, sanitarie ed esistenziali delle persone e che non faccia scempio dell’ambiente in cui dobbiamo vivere. E' questa la pericolosa ideologia dei NO TAV, talmente inaccettabile da provocare la schifiltosa repulsione del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano?
Fonte.
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