Giovedì notte duri scontri tra esercito algerino e islamisti hanno
avuto come teatro il confine con la Nigeria. Cinque miliziani sono stati
uccisi e quattro feriti, dopo il tentativo del gruppo di qaedisti di
entrare nel paese dalla città meridionale di Guezzam. Secondo il
Ministero della Difesa, si tratterebbe di miliziani stranieri, tra loro anche un libico.
Fonti interne al governo di Algeri riportano della
possibilità che il gruppo di infiltrati faccia parte di Jund al-Khalifa,
o Soldati del Califfato, milizia legata allo Stato Islamico di
al-Baghdadi e ritenuta responsabile della decapitazione del turista
francese Hervé Gourdel, avvenuta lo scorso 21 settembre.
Le autorità algerine sono impegnate nella ricerca di 15 persone,
sospettate dell’omicidio, tra cui il capo della cellula islamista, Gouri
Abdelmalek. Si tratterebbe di cittadini algerini membri dei Soldati del
Califfato, già attivi negli anni Novanta a fianco di organizzazioni
estremiste locali. Per anni parte della rete di Al Qaeda, i Soldati del Califfato lo scorso settembre hanno giurato fedeltà all’Isis, nato da una costola della rete globale guidata da Ayman Muḥammad Rabīʿ al-Ẓawāhirī.
Sale il livello d’allerta nei paesi nordafricani – dall’Algeria
all’Egitto – per la preoccupante ascesa di gruppi islamisti (Jund
al-Khalifa, Ansar Beit al-Maqdis e Ansar al-Sharia), alcuni dei quali
legati a doppio filo all’Isis. Un’ascesa utilizzata da alcuni
leader arabi per rafforzare la campagna anti-Fratellanza Musulmana: in
prima linea il presidente egiziano al-Sisi, impegnato dal 3
luglio 2013 (giorno del colpo di Stato che depose il presidente eletto
Morsi) nella repressione del gruppo in Egitto. Per farlo, ha oggi il
sostegno incondizionato della coalizione globale anti-Isis: gli Stati
Uniti hanno sbloccato 1,3 miliardi di dollari di aiuti militari al Cairo
e inviato già elicotteri Apache da utilizzare nella Penisola del Sinai.
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