Proprio quando senti in giro dire “ma a che serve più la filosofia?”, ecco che arriva un arrogante intellettuale imperialista – uno che addirittura può raccontare di aver partecipato ad assemblee del ‘68 – a dimostrare che in effetti serve. Ed anche a molto. Ovviamente, non era questa la sua intenzione...
Bernard-Henri Lévy è così abituato a dare spettacolo di sé che, alla fine, ha messo su uno spettacolo vero e proprio con cui si appresta a girare per il Vecchio Continente, intitolato proprio «Looking for Europe» (In cerca dell’Europa). Scopo dichiarato: “rinnovare un’idea romantica dell’Europa, un’idea che porta speranza”. Si vede che la realtà. In questi ultimi decenni, ne ha fatto vedere e toccare una molto diversa, e quindi vai con la propaganda “romantica” per stendere cerone sulle lacerazioni dovute all’austerità...
Ma che c’entra la filosofia con uno spettacolo? Per un verso andrebbe chiesto a lui, che si inserisce nella tendenza a “spacciare pillole filosofiche” in piazze più o meno improbabili, dove si volgarizza alla meglio il pensiero teorico che ha per sua natura bisogno di scrittura e dialogo, invece della modalità broadcasting...
Per un altro verso, invece, Bernard-Henri Lévy va quasi ringraziato per aver infilato, in un profluvio di parole abusate, un concetto di filosofia politica che nessun pensatore liberaldemocratico aveva fin qui osato proporre: “In Europa, il popolo non deve essere l’unico sovrano!”.
I pensatori reazionari dell’Ancien Régime settecentesco, ovviamente, erano stati assai più drastici (“il popolo non deve essere sovrano”), ma a partire dal 1789, con relativa presa della Bastiglia e successiva decapitazione dei monarchi, e con la ben più contrastata affermazione della democrazia liberal-borghese moderna, il popolo è diventato lentamente l’unico legittimo titolare della sovranità entro un determinato spazio geografico; nazionale, sovranazionale o internazionale che fosse.
Dunque, stupisce a prima vista un’affermazione del genere in bocca a un liberal-liberista che ha fatto della forma della democrazia parlamentare l’architrave fondamentale del suo discorso in pubblico. Un pensiero violento, interventista, imperiale da punto di vista culturale e antropologico, che arroga alle – appunto! – democrazie occidentali il potere di decidere se un certo assetto politico-istituzionale di un certo paese rientra nei parametri della “democrazia” oppure in quelli della “dittatura”. E, nel secondo caso, di intervenire militarmente per imporre un assetto diverso, magari anche altrettanto anti-democratico...
Posizione interventista diventata “pensiero unico” a partire dal crollo del Muro, infiocchettata nella definizione di “ingerenza umanitaria” con il corollario ossimorico della “guerra umanitaria”. Bosnia, Iraq (due volte), Libia, ecc. Henri Lévy non ha mancato mai un appuntamento di guerra, elaborando ogni volta un’apposita narrazione giustificativa. Allegrotta e sgangherata sul piano concettuale, ma utilissima al giornalista medio che ha bisogno di frasi precotte da infilare come mantra nei suoi “pezzi”.
Solo questa affermazione sulla sovranità che non deve appartenere solo al popolo è in effetti una vera novità. Per lo meno, lo è il fatto che venga detto con questa nettezza, davvero “quasi filosofica”... da Bignami, insomma. Wolfgang Schaeuble, ex ministro tedesco più portato per l’economia, l’aveva detto in modo più indiretto: “non si può assolutamente permettere ad un’elezione di cambiare nulla” (con una certa enfasi su quell'“assolutamente”, che lascia spazio zero a qualsiasi ipotesi di “superamento dei trattati”).
Il giornalista di Le Temps, come spesso accade davanti a certi “mostriciattoli sacri” che non vanno contraddetti, non pone la domanda che sarebbe ovvia: ma se la sovranità – il potere politico di decidere – non deve appartenere solo al popolo, quali altri soggetti o istituti ne debbono essere titolari?
Non si tratta di una curiosità intellettuale, ma della questione fondamentale che distingue – appunto – le democrazie (comprese quelle popolari, presenti e passate, che Bernard-Henri invece odia) dalle dittature, dalle monarchie, e da altre forme ibride oligarchiche che non sono ancora classificate con chiarezza.
Bernard-Henri non ci dice dunque chi siano questi altri “condomini” della sovranità – e ci deve essere un motivo non nobile, diciamo – ma una cosa la dice proprio fuori dai denti: “smettiamo di sacralizzare la gente. [...] La democrazia ha bisogno della trascendenza”.
Ossia di un “ente” da rispettare quasi religiosamente perché sa “meglio del popolo” cosa è bene fare e cosa no (“Se ripetiamo: il popolo, il popolo, il popolo... andiamo dritti a una crisi di civiltà”). E chi sarà mai questo fantozziano Megadirettore Galattico che deve sostituirsi alla sovranità del popolo? Ma l’Unione Europea, ovvio! L’unica struttura che contiene le competenze tecniche per esaudire la volontà dei “mercati”.
Non c’è molto altro da commentare, potere leggere l’intervista tramire il link.
C’è solo da ringraziarlo, ripetiamo, per la sua involontaria chiarificazione: chi tuona contro “i sovranismi” sta semplicemente dicendo che la democrazia deve finire, in Europa, perché ci sono poteri molto più potenti e “razionali” dei popoli. Che in fondo, si sa, sono “come un bambino...”.
Benvenuti nel piccolo mondo dell’intellettuale macroniano…
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