La Siria risponderà a nuovi attacchi all’aeroporto di Damasco con un attacco “simmetrico” allo scalo di Tel Aviv. E’ categorico l’avvertimento lanciato dall’ambasciatore siriano all’Onu, Bashar Jafaari,
intervenuto alla riunione del Consiglio di Sicurezza sulla situazione
in continua escalation in Medio Oriente. “Se il Consiglio non adotterà
misure per fermare la ripetuta aggressione israeliana in Siria – ha
detto Jaafari – Damasco eserciterà il suo legittimo diritto
all’autodifesa e risponderà all’aggressione all’aeroporto di Damasco
nello stesso modo, attaccando l’aeroporto di Tel Aviv”.
E’ difficile stabilire quanto le parole di Jaafari corrispondano ad una decisione concretamente presa dalla leadership siriana
in conseguenza dell’ultimo raid aereo israeliano nelle immediate
vicinanze di Damasco e del suo aeroporto, contro presunti depositi di
armi della Guardia della Rivoluzione iraniana presente in Siria a
sostegno dell’esercito regolare. Damasco sa che un attacco con missili
balistici contro lo scalo di Tel Aviv darebbe al governo Netanyahu il
via libera per un’ampia offensiva militare contro la Siria con
inevitabili risvolti in Libano, oltre ad innescare con ogni probabilità
una guerra tra Iran e Israele. Tuttavia l’attacco di domenica
notte scatenato da Israele è stato il più violento da un anno a questa
parte e ha provocato, secondo fonti non ufficiali legate all’opposizione
siriana, 21 morti, tra i quali 12 iraniani. Pertanto una risposta, non si sa in quale forma, di siriani e iraniani è probabile.
Oggi intanto si riunisce il gabinetto di sicurezza israeliano per
fare il punto dopo l’attacco dell’altra notte, descritto dal premier
Netanyahu come un atto di “autodifesa” volto ad impedire il
“consolidamento” della presenza iraniana in Siria. Si tratta della prima riunione a cui parteciperà il nuovo capo di Stato maggiore, Aviv Kochavi.
Nel braccio di ferro tra Tel Aviv e Tehran, Israele può contare sull’appoggio, non dichiarato pubblicamente ma reale dietro le quinte, delle monarchie sunnite del Golfo, decise ad impedire quello che definiscono “l’espansionismo sciita” nella regione mediorientale. Gli Emirati Arabi Uniti, ad esempio, qualche ora fa all’Onu hanno condannato “l’ingerenza dell’Iran in Medio Oriente”,
accusando Tehran di porre una seria minaccia alla stabilità dell’area.
Evitando qualsiasi commento sugli attacchi aerei israeliani in Siria,
gli Emirati invitano la comunità internazionale ad intervenire contro
l’Iran. Al dibattito del Consiglio di sicurezza dell’Onu sulla
situazione in Medio Oriente, compresa la questione palestinese, Saud al Shamsi, rappresentante degli Emirati, ha sostenuto che: “I conflitti nello Yemen e in Siria mostrano chiaramente che l’Iran è il responsabile comune:
l’Iran ha creato più tensioni e instabilità nella nostra regione,
ponendo una seria minaccia alla stabilità del Medio Oriente, pertanto
invitiamo la comunità internazionale e il Consiglio di sicurezza a
esercitare pressioni sull’Iran”. Assenti dall’intervento di al Shamsi riferimenti diretti ai diritti negati ai palestinesi sotto occupazione militare israeliana.
Gli Emirati saranno presenti alla metà di febbraio alla
conferenza di Varsavia sul Medio Oriente che l’Amministrazione Trump
sta organizzando per creare un fronte arabo-occidentale contro l’Iran.
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