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06/12/2019

Scienza e guerra

Il coinvolgimento di un numero enorme di scienziati nella ricerca militare, o/e nella realizzazione di nuove armi, è un aspetto della Scienza attuale che di solito viene ignorato o sottaciuto (et pur cause!). Ma al di là delle dimensioni di questo coinvolgimento, che forse pochi immaginano, vi sono alcuni aspetti intrinseci nella Scienza moderna che costituiscono una predisposizione alle applicazioni militari.

Intervento a incontri con studenti del Corso di laurea in Scienze della Pace, e con studenti di scuole secondarie
PISA, 25 Novembre 2019 – LIVORNO, 26 Novembre 2019

I legami fra la Scienza, la ricerca prettamente scientifica, e le attività a le produzioni militari, in una parola la Guerra, sono molteplici e assai più complessi di quanti si pensi a prima vista. L’idea più immediata è che la ricerca scientifica contribuisca alla realizzazione di armi di concezione nuova e più efficaci (nel distruggere e uccidere). Il che è senz’altro vero, ma a mio parere anche semplicistico.

Ritengo opportuno, per chiarezza e per chi non mi conosce, premettere che le mie idee sulla Scienza sono piuttosto radicali: non intendo imporle a nessuna/o, ma esporle senza infingimenti (come ho fatto in decenni di insegnamento) spero contribuisca a rimuovere le concezioni comuni e semplicistiche (a mio parere) che dominano perché ciascuno si faccia la propria opinione, ance fosse diversa dalla mia.

Affronterò distintamente due aspetti della questione. Il primo che potrei chiamare quantitativo, sull’entità dell’impegno degli scienziati per la guerra, perché penso la dimensione di questo impegno sia comunemente poco nota e sottovalutata (o occultata nelle informazioni comuni); ma vi è un secondo aspetto, che chiamerei qualitativo, ancora più occultato o mistificato, che riguarda quella che ritengo una predisposizione della Scienza (quella nostra, Occidentale, o del capitalismo1), nel suo stesso impianto metodologico, verso l’aggressione all’Uomo e alla Natura.

Sarebbe troppo lungo qui discutere come la Scienza, a mio parere, non sia un’attività meramente conoscitiva che indaga la Natura in se, sempre immutabile: piuttosto l’Uomo sociale si rapporta ai fenomeni naturali con modalità mutevoli nei diversi contesti storici e sociali, i quali pongono finalità diverse, che richiedono metodi scientifici nuovi2. Esempio immediato (scusandomi per le brutali semplificazioni), il sistema solare geocentrico non era “sbagliato” ma consono alla mentalità medioevale in cui la centralità dell’Uomo, brutalmente soggiogato nel regime feudale, era assicurata dall’ordine divino che lo poneva al centro del creato: la “rivoluzione copernicana” può essere compresa, nella sua integralità, solo se si tiene conto dei cambiamenti sociali del Rinascimento, i quali trasformavano intrinsecamente il modo di intendere la Natura, e le attività sociali umane (mentre le conferme scientifiche del sistema eliocentrico erano ancora profondamente incerte)3.

Passo ora a discutere i due aspetti, anche se essi sono legati fra loro.

L’impegno degli scienziati per la Guerra

Vi sono sempre stati scienziati che hanno messo le proprie conoscenze al servizio dei militari. Senza entrare in dettagli, la memoria va indietro ad Archimede nella difesa di Siracusa. Forse pochi conoscono invece Lazare Carnot – padre di Sadi che diede la prima formulazione del IIo principio della termodinamica, oggi così importante per la crisi climatica – ufficiale del Genio militare e figura di primo piano della Rivoluzione Francese, il quale ristrutturò l’esercito e la strategia militare consentendo di sconfiggere l’attacco coalizzato degli eserciti europei per soffocare la Rivoluzione.

Non vi è alcun dubbio che un enorme salto quantitativo e qualitativo avvenne durante la IIa Guerra Mondiale con le ricerche per la realizzazione della bomba nucleare. Nei soli Stati Uniti il “Progetto Manhattan” coinvolse migliaia di scienziati e tecnici a lavorare su un unico progetto, ma le ricerche e gli sforzi riguardarono (anche se in dimensioni minori, che di fatto non ebbero successo) la Gran Bretagna, la Francia, il Canada, la Germania e il Giappone. Questo salto enorme venne denotato infatti come “Big Science”.

Nel dopoguerra della Guerra Fredda enormi centri di ricerca dedicati alla ricerca militare sorsero un po’ ovunque, ricordiamo solo le cosiddette “Città Segrete” in Unione Sovietica, mentre negli USA permangono tre enormi centri nazionali (più una miriade di aziende) dedicati espressamente alle armi nucleari, Los Alamos, i Sandia Laboratories, e il Livermore Center.

Io non ho trovato dati sulla percentuale di scienziati che si dedicano alle ricerche militari, ma valuto che grosso modo si possa dire che circa la metà della comunità scientifica internazionale lavori sugli armamenti. In tali valutazioni va tenuto conto che l’impegno può non essere diretto, o esclusivo, e che vi sono ricerche che hanno una relazione indiretta ma rilevante per nuovi armamenti o tecniche militari (vedremo casi significativi, e inaspettati, nella seconda parte).

Ma alcuni esempi concreti sono molto significativi.

La Campagna Internazionale per Abolire le Armi Nucleari (ICAN, acronimo che in inglese equivale alla parola “Io posso”) – che nel 2017 ottene alle Nazioni Unite l’approvazione del Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (https://www.un.org/disarmament/wmd/nuclear/tpnw/) – ha redatto recentemente un agghiacciante dossier dal titolo significativo “Scuole di Distruzione di Massa, Università nel Complesso Statunitense delle Armi Nucleari”4, nel quale è documentato come ben 49 università negli Stati Uniti sono complici del Complesso degli armamenti nucleari, in diverse forme, dirette o indirette: dalla gestione diretta, a collaborazioni istituzionali, associazione a programmi di ricerca, o con personale in programmi di sviluppo.

Da questo punto di vista e estremamente significativa l’opposizione degli studenti della John Hopkins University5.

In Gran Bretagna l’organizzazione indipendente Scientists for Global Resonsibility (SGR, che raccoglie centinaia di scienziati, sociologi, tecnici e professionisti, e pubblica frequentemente rapporti e inchieste) ha pubblicato recentemente un dossier di denuncia dal titolo non meno agghiacciante Scienza irresponsabile?6, nel quale denuncia e documenta come le aziende dei combustibili fossili e degli armamenti finanziano le organizzazioni professionali di scienziati e ingegneri. Denuncia anche la mancanza di trasparenza di queste organizzazioni, molte delle quali investono somme notevoli in queste aziende senza denunciarlo, promuovono programmi educativi legati ad esse, sponsorizzano convegni ed eventi, ed altre forme di collaborazione.

Personalmente la memoria mi corre agli anni '70 del secolo scorso quando la NATO promuoveva Scuole Estive sulla fisica delle particelle elementari (non trovo dati recenti): che interesse aveva l’Alleanza Atlantica, organizzazione militare, a promuovere queste ricerche?7 Riprenderò il tema nella seconda parte, ma a questo proposito non posso mancare di ricordare la “Commissione Jason” di scienziati consiglieri del governo USA, che divenne tristemente famosa durante la Guerra del Vietnam (1955-1975) per la barriera elettronica che divise il Sud dal Nord dell’esercito Vietcong: fra gli scienziati brillavano i maggiori fisici delle particelle, in particolare teorici, perché? Per le loro capacità di concettualizzare e modellizzare problemi concreti.

Oggi sono diventati normali i contratti di ricerca nelle università o nei centri di ricerca vincolati alla segretezza dei risultati: vincolo che è vistosamente l’opposto dello stereotipo della Scienza come ricerca della verità a beneficio del progresso sociale. È così sempre più difficile distinguere le ricerche che hanno implicazioni militari dirette. D’altra parte la predisposizione della Scienza verso scoperte che privilegiano lo sfruttamento economico nella società capitalistica implica una predisposizione agli sviluppo militari, che altro non sono che il culmine della competizione capitalistica.

Entro dunque nella seconda parte.

Scienza e guerra: un confine sempre più labile

Piuttosto che sul nucleare, su cui si è scritto moltissimo8, mi dedicherò ad aspetti non molto noti, e ancor meno dibattuti, sui rapporti fra Scienza e Guerra, molto significativi del ruolo che giocano gli scienziati – anche quelli che non si “sporcano le mani” con le ricerche belliche – per il livello di compromissione che il capitalismo sfrenato e famelico ha creato con la Scienza avanzata nel campo biotecnologico.

Una volta arrivato a manipolare le molecole fondamentali per la regolazione dei viventi, l’Apprendista Stregone, “bio-Stranamore”, rischia davvero di innescare trasformazioni che nessuno potrebbe essere in grado di controllare9. Gli sviluppi estremi delle biotecnologie rappresentano in modo emblematico la mercificazione di aspetti fondamentali della Natura (si pensi all’aspetto paradossale dei geni), dove il confine fra utilizzazioni per (presunti) scopi civili e implicazioni pericolose o militari sfuma. Sono stati denunciati i legami tra le ricerche sulle armi biologiche e le pandemie ricorrenti10.

“Il vero pericolo oggi è che una guerra biologica globale deflagri senza che si riesca a impedirla, piuttosto che per la deliberata volontà di qualcuno. ... [È impossibile] distinguere tra usi difensivi e offensivi delle ricerche sui microrganismi e, almeno a partire dagli anni ’80, con gli enormi interessi economici collegati al nuovo settore delle biotecnologie genetiche”11.

Nel 1972 veniva firmata la Convenzione sulla Proibizione delle Armi Biologiche (BWC), ma “proprio in quegli stessi anni, e proprio nei laboratori americani, si stava realizzando la rivoluzione tecnologica che avrebbe sconvolto il mondo della genetica e fornito agli scienziati gli strumenti necessari a trasformare innocui microrganismi in microscopiche bombe intelligenti, più potenti di qualsiasi altra arma mai costruita”12.

“Da quel momento la legge del profitto condizionò pesantemente le strategie di ricerca e le scelte normative. ... Quando arrivarono i primi brevetti concernenti gli esseri viventi (1980), fu chiaro che fermare la sperimentazione bio-genetica sarebbe stata un’impresa disperata ... [per] la difficoltà di distinguere tra usi offensivi e difensivi della ricerca biotecnologica e l’enorme business derivante dalla rivoluzione biotech. Ma anche e soprattutto per la quasi impossibilità di porre un confine netto tra la ricerca biotech finalizzata alla messa a punto di vaccini e di altri importanti presidi terapeutici e le sue applicazioni in campo militare: ... i controlli in questo campo sarebbero non solo inaccettabili per migliaia di laboratori di ricerca e per le multinazionali che hanno investito miliardi di dollari in questo settore, ma praticamente impossibili, visto che la produzione del “nucleare dei poveri” non richiede particolari strutture (un bioreattore per la costruzione di germi micidiali ha dimensioni estremamente ridotte, al punto che potrebbe essere trasportato in un furgone) ... vista la facilità con cui è oggi possibile acquistare (per corrispondenza!) microrganismi patogeni e indurre in essi micidiali modifiche.”

“Abbiamo sottolineato il probabile ruolo svolto dalla Big Pharma e dalle imprese biotech nel cambiamento di strategia che avrebbe indotto gli USA a boicottare la Convenzione sulle armi biologiche. Nel caso della SARS (e dell’Aids) il problema è analogo: se le guerre biologiche non possono essere fermate perché comandano la Big Pharma e la Monsanto, le epidemie rischiano di dilagare perché comandano le Corporations in genere. ... da quando gli esperimenti su virus e altri vettori genetici sono di routine nei laboratori di tutto il mondo, le malattie da nuovi virus sono diventate un problema drammatico ed enormemente sottovalutato.”

Nella grande “biotecnologa pentita” Mae Wan Ho ha sottolineato con forza

“la pericolosità di simili manipolazioni, oggi di routine in migliaia di laboratori, in grado di creare in pochi minuti milioni di particelle virali mai esistite nei quattro miliardi di anni di evoluzione che ci hanno preceduto e in grado di ‘saltare’ da un ospite all’altro. […] sul banco degli imputati è l’ingegneria genetica in quanto ‘tecnologia finalizzata a trasferire orizzontalmente i geni tra specie non destinate a incrociarsi tra loro’. Il che equivale a dire che i pericoli per l’intera biosfera, non derivano da un cattivo uso del biotech, e cioè dal bioterrorismo e dalle guerre biologiche, ma da una tecnologia che infrange deliberatamente le barriere specie-specifiche che la Natura ha costruito a difesa delle singole specie viventi.” [corsivo mio]

“[...] se ciò che rende più invasive e pericolose di tutte le altre le armi biologiche, e in particolare i virus geneticamente modificati è il loro essere semplici frammenti di codice genetico circolanti e, quindi, la loro capacità di parassitare gli esseri viventi, di competere con essi e, in taluni casi, di inserirsi nel loro genoma modificandolo, è evidente che l’inquinamento genetico del pianeta, da parte di centinaia di varietà di organismi geneticamente modificati (Ogm) è già in atto da anni e rappresenta una vera guerra non dichiarata all’intera biosfera. Un pericolo immenso, forse il maggiore pericolo mai corso dall’umanità e del tutto non prevedibile, almeno in tempi brevi.”

In definitiva, stiamo arrivando all’ultimo stadio, assolutamente incontrollabile, di un progetto esasperatamente scientista, con il quale possiamo arrivare a perdere del tutto il controllo su quei processi naturali che il progetto si prefiggeva di controllare e manipolare a piacimento!

“Nessuno può oggi affermare con sicurezza che gli effetti e i prodotti delle biotecnologie con finalità sulla carta ‘buone’ non si rivelino, specie nel medio-lungo periodo, altrettanto pericolose di quelle con finalità ‘cattive’. [corsivo mio] [...] Le Life Science Industries, la Big Pharma e le grandi corporations hanno investito miliardi di dollari nel biotech, nella convinzione che gli scienziati abbiano ormai le conoscenze, gli strumenti e i mezzi necessari a trasformare la biosfera e la società mondiale a propria immagine e somiglianza. Il programma era ed è quello di mettere le mani sul codice stesso della vita, per correggerne i ‘difetti’ e giungere ad una nuova creazione ‘perfetta’, cioè adattata alle nostre o meglio alle loro esigenze: ... un vero e proprio ‘delirio di onnipotenza’. ... da progetto di bio-dominio globale, il progetto dei biotech-scientists e delle corporations ... rischia di trasformarsi in una global-bio-war combattuta da un nemico infinitamente sfuggente, elusivo, pervasivo ... un esercito di organismi geneticamente modificati che, messo a punto in migliaia di laboratori, distribuito in ospedali, farmacie, supermercati e mercati dei sei continenti sta colonizzando il pianeta.”

Spero di essere riuscito a dare, in queste poche pagine, un’idea degli aspetti complessi dei rapporti fra Scienza e Guerra, delle insidie che questi sviluppi nascondano, e qualche strumento perché i/le giovani acquistino una maggiore consapevolezza per impegnarsi con efficacia per un mondo migliore.

Note:

1 . Non esiste, come vorrebbe l’ideologia dominante, una sola Scienza, un unico modo in cui l’Uomo si rapporta con la Natura. Il discorso sarebbe lungo e non si può affrontare in questa sede. Ogni formazione sociale storica ha avuto un atteggiamento diverso nei confronti della natura, che rifletteva finalità sociali specifiche. La scienza sviluppata dalla società capitalistica (che peraltro si è trasformata profondamente nelle diverse fasi del capitalismo: si confronti il meccanicismo ottocentesco con l’estrema astrazione della fisica quantistica) si è distinta per la finalità di sfruttamento della natura a fini economici, la mercificazione delle conoscenze scientifiche (discuterò qualche aspetto nell’ultima parte). La scienza cinese tradizionale, per fare un esempio sintetico, privilegiava invece il mantenimento dell’equilibrio di tutti i fattori naturali naturali e dell’uomo con essi.

2 . I riferimenti che dovrei dare sarebbero lunghi e complessi, mi limito a uno sintetico: Baracca, Può la Scienza fare Pace con la Natura?, 2009, Simposio Nonviolenza, ripubblicato online https://luiginamarchese.wordpress.com/2017/11/22/puo-la-scienza-fare-pace-con-la-natura-2/.

3 . Raccomanderei la lettura, anche scorrevole e piacevole, dell’opera teatrale di Bertold Brecht, Vita di Galileo, che è certo un’opera artistica e non scientifica né storica, ma illustra abbastanza bene questo punto di vista.

4 . Schools of Mass Destruction: American Univerities in the U.S. Nuclear Weapons Complex, si veda la sintesi di Andrea Germanos, https://www.commondreams.org/news/2019/11/13/schools-mass-destruction-report-details-49-us-universities-abetting-nuclear-weapons.

5 . “Hopkins must take a stand against its nuclear weapons production”, The John Hopkins News-Letter, 21 novembre 2019, https://www.jhunewsletter.com/article/2019/11/hopkins-must-take-a-stand-against-its-nuclear-weapons-production.

6 . SGR, Irresponsible Sience? How the fossil fuel and arms corporations finance professional engineering and science organisations, 6 ottobre 201, https://www.sgr.org.uk/index.php/resources/irresponsible-science.

7 . Non penso che molti abbiano voglia o pazienza di approfondire, ma rimando chi volesse farlo al mio libro del 2005 – A Volte Ritornano, La Proliferazione Nucleare Ieri Oggi e Domani, Jaca Book – nel quale nel capitolo 3, paragrafo 3.8, discutevo questi legami.

8 . Propongo ancora un mio articolo che abbraccia tutti gli aspetti critici del nucleare, militare e civile: “Antropocene-Capitalocene-Nucleocene: l’eredità dell’Era Nucleare è incompatibile con l’ambiente terrestre (e umano)”, Effimera, 11 settembre 2018, http://effimera.org/antropocene-capitalocene-nucleocene-leredita-dellera-nucleare-incompatibile-lambiente-terrestre-umano-angelo-baracca/.

9 . I riferimenti specifici per le considerazioni che seguono sono studi di cui raccomando vivamente la lettura anche da parte dei profani: 1o) scritti e seminari di Ernesto Burgio, “Bioterrorismo e Impero Biotech: armi biologiche e guerra (infinita) al Pianeta”, Mosaico di Pace, 15 luglio 2010, https://www.peacelink.it/mosaico/a/32122.html). 2o) Gli studi di Susan Wright, Biological Warfare and Disarmament: New Problems/New Perspectives (Rowman & Littlefield, 2002); oltre alle referenze che seguono.

10 . La grande “biotecnologa pentita” malese Mae Wan Ho ha denunciato con forza questi pericoli, si veda ad esempio la ferma denuncia dei legami tra il bioterrorismo e l’epidemia di SARS: “Bioterrorism and SARS”, Institute of Science in Society, 16 aprile 2003, http://www.kurzweilai.net/articles/art0561.html?printable=1; inoltre, Mae-Wan Ho, Living with the fluid genome, London, UK, Penang, Malaysia, Third World Network, 2003; Mae-Wan Ho, Sam Burcher, Rhea Gala e Vejko Velkovic. Unraveling AIDS: the independent science and promising alternative therapies, Ridgefield, CT: Vital Health Pub., 2005.

11 . Susan Wright, Biological Warfare and Disarmament, cit.

12 . Ernesto Burgio, “Bioterrorismo e Impero Biotech”, cit.

Fonte

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