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08/03/2020

Coronavirus. Come medici in una guerra. Interventi solo su chi ha speranza di sopravvivere

Quando una epidemia come il coronavirus diventa una vera emergenza, il linguaggio e le scelte cominciano a somigliare a quelle di una guerra. Non era imprevedibile che si sarebbe arrivati a questo.

In qualche modo da alcuni anni, anche nella “normale amministrazione” di ospedali pubblici ridotti all’emergenza quotidiana da tagli di personale, posti letto e possibilità di cura, si era capito che di fronte a un paziente con possibilità di sopravvivenza ed uno con minori possibilità, il primo avrebbe avuto la priorità, anche senza una guerra, anche senza una epidemia che sta facendo collassare le capacità di intervento della sanità oggi rimasta a disposizione dopo la chiusura di reparti e interi ospedali a causa dell’austerity, dei tagli, del pareggio di bilancio.

Il documento diffuso dalla Siarti che riunisce i medici che operano in questo delicatissimo settore, (Società di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) dal titolo: Raccomandazione di etica clinica per l’ammissione a trattamenti intensivi e per la loro sospensione, in condizioni eccezionali di squilibrio tra necessità e risorse disponibili parla un linguaggio chiaro ed esplicito.

“Come SIAARTI crediamo sia importante ed essenziale in un momento così drammatico come quello che stiamo attraversando a causa del COVID-19, offrire un supporto professionale e scientifico autorevole a chi è costretto dagli eventi quotidiani a prendere decisioni a volte difficili e dolorose. Migliaia di anestesisti e rianimatori oggi in Italia fanno parte di quella “prima linea medica” che sta assommando turni di 24 ore, insieme agli colleghi medici e infermieri, pur di assicurare assistenza di qualità e in continuità di cure”.

Il documento ha il pregio di andare al merito dei problemi etici che molti medici si stanno trovando e si troveranno di fronte in queste settimane di emergenza coronavirus: “Ma in una situazione così complessa, ogni medico può trovarsi a dover prendere in breve tempo decisioni laceranti da un punto di vista etico oltre che clinico: quali pazienti sottoporre a trattamenti intensivi quando le risorse non sono sufficienti per tutti i pazienti che arrivano, non tutti con le stesse chance di ripresa (leggasi: posti con speciali caratteristiche, disponibili in aree che non possono essere ampliate in breve tempo, al netto che il loro numero possa essere al momento supportato da Sale Operatorie “convertite” bloccando l’attività chirurgica…)”.

“Nel Documento SIAARTI si privilegia la “maggior speranza di vita”: questo comporta di non dover necessariamente seguire un criterio di accesso alle cure intensive di tipo “first come, first served”. Abbiamo voluto nelle Raccomandazioni sottolineare che l’applicazione di criteri di razionamento è giustificabile soltanto DOPO che da parte di tutti i soggetti coinvolti sono stati compiuti tutti gli sforzi possibili per aumentare la disponibilità di risorse erogabili (nella fattispecie, posti letto di Cure Intensive) e DOPO che è stata valutata ogni possibilità di trasferimento dei pazienti verso centri di cura con maggiore disponibilità di risorse”.

Nella nota si precisa ancora che: “Siamo consapevoli che affrontare questo tema può essere moralmente ed emotivamente difficile. Come Società Scientifica avremmo potuto (tacendo) affidare tutto al buon senso, alla sensibilità e all’esperienza del singolo AR, oppure tentare – come abbiamo scelto di fare – di illuminarne il processo decisionale con questo piccolo supporto che potrebbe contribuire a ridurne l’ansia, lo stress e soprattutto il senso di solitudine. Oltre a rappresentare per il paziente una tutela in termini di limitazione dell’arbitrarietà delle scelte del team curante”.

Privilegiare la “maggior speranza di vita” è la scelta che i medici sui teatri di guerra si trovano sistematicamente di fronte all’arrivo di decine di feriti. E devono scegliere quale tra essi ha una possibilità di sopravvivenza e quale invece – se ve n’è a disposizione – imbottire di oppiacei fino alla fine. Una scelta etica difficilissima per chiunque, soprattutto per chi avendo sottoscritto il giuramento di Ippocrate si impegna a cercare di salvare la vita con ogni sforzo e fino alla fine.

Ma è evidente che in quei momenti e sulla base delle possibilità reali una scelta va fatta e un medico si trova contemporaneamente a fare i conti con questo dramma, la sua coscienza etica e professionale e la sua capacità di tenuta psicologica nel dover scegliere un essere umano piuttosto che un altro.

Se fino ad oggi qualcuno ha continuato a gingillarsi sulla serietà o meno dell’emergenza epidemica – e forse a breve pandemica – con cui stiamo facendo i conti, questo documento dei medici anestesisti e di terapia intensiva ci mette davanti la realtà e ci conferma che la situazione è seria, oltre quella che abbiamo vissuto e siamo riusciti a immaginare fino ad oggi.

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