Mentre gli italiani, segregati in casa, trattengono il fiato leggendo i numeri dei nuovi contagi, il presidente lombardo Fontana e il suo assessore al welfare Gallera continuano a prendersi a sputi e pernacchi con la Protezione civile. L’ultima polemica in ordine di tempo è quella sulle mascherine giunte in Lombardia che sarebbero “carta igienica” secondo Gallera.
La protezione civile s’arrabbia e risponde che ci sono diversi tipi di mascherine, con diversi gradi di protezione e che le ultime inviate sono per i compiti meno pericolosi. Ma nessuno dice che le mascherine, di tutti i tipi, non si trovano perché le produzione è stata abbandonata in Italia in quanto poco redditizia.
Tuttavia, la polemica più importante riguarda la costruzione del nuovo ospedale per i degenti da Covid-19 decisa autonomamente dalla Regione Lombardia. Tale decisione, difficile da tramutare in pratica, ha un chiaro senso politico. La giunta di destra della Lombardia è una delle fautrici, con Veneto ed Emilia Romagna, dell’autonomia regionale differenziata, proposta di cui, in questi giorni, di fronte alle difficoltà delle sanità regionalizzate, appare tutta la follia.
Evidente quindi che la giunta lombarda voglia tentare di riconquistare prestigio con un’opera tutta “sua”, un nuovo ospedale realizzato “alla cinese” in pochi giorni. Dapprima la Protezione civile si dice pronta a sostenere il progetto, poi si tira indietro sostenendo che la struttura, prevista all’interno della vecchia Fiera di Milano, si può realizzare, ma che non sono reperibili sul mercato attrezzature e arredi, quindi al momento sarebbe un contenitore inutile.
Fontana risponde che allora la Regione farà da sé, trovando tutto quanto serve sui “mercati europei”, ignoriamo con quali fondi e presso quali paesi, visto che in UE non si trovano paesi disposti ad aiutarci, nemmeno a pagamento, tra l’altro preoccupati come sono dalle loro emergenze.
Di fronte a tutte queste difficoltà, Fontana ha allora il colpo di genio: ci vuole un consigliere di ferro, un uomo rotto a tutte le esperienze, e a trovarlo lo aiuta Berlusconi, con una semplice telefonata dalla Costa Azzurra, dove ha “rifugiato i suoi polmoni” nella tenuta della figlia, però tenendo “il cuore a Milano”.
Il consiglio Di Berlusconi è chiaro e forte: l’uomo giusto per tutte le emergenze è Guido Bertolaso, giunto alla Protezione civile con Prodi ma poi per molti anni fedelissimo di Berlusconi che lo avrebbe voluto anche candidato a sindaco di Roma se i sondaggi preelettorali non lo avessero relegato a percentuali irrisorie. Bertolaso ha gestito molte emergenze italiane, dai terremoti ai mondiali di ciclismo (!), ma è rimasto famoso soprattutto per la ricostruzione (mancata) in Abruzzo e per la vicenda dei rifiuti in Campania.
In Abruzzo fu la mano esecutiva della tragedia delle New Town e della desertificazione del centro storico dell’Aquila, mentre in Campania si rese noto per voler aprire una discarica a ridosso di un’oasi del WWF. Tutti gli interventi di Bertolaso sono stati caratterizzati da polemiche e strascichi giudiziari che hanno dimostrato la sua grande impronta mediatica quanto la sua subordinazione alla politica e agli affari e l’incapacità nella scelta e direzione dei collaboratori.
Si ricordi a questo proposito il coup de théâtre del trasferimento del G8 dalla Maddalena alla caserma di Coppito. Anche la decisione di Fontana di nominarlo suo consigliere risponde evidentemente a una logica spettacolare, giocata soprattutto in funzione antigovernativa e di rivendicazione autonomistica. Non dimentichiamo che il centro destra aveva candidato Bertolaso a commissario nazionale per l’emergenza Covid-19, ma il governo ha poi deciso di scegliere Arcuri. Quindi perché non riciclare Bertolaso come consigliere di Fontana, anche se ciò ha un significato solo per il teatrino della politica?
Impossibile sapere al momento cosa farà Bertolaso, ma alcune indiscrezioni stanno già circolando. Il progetto potrebbe essere proprio quello di realizzare autonomamente l’ospedale alla Fiera, ma circola anche l’ipotesi di un nosocomio provvisorio in una tensostruttura sull’area del campo sportivo dell’Ospedale-Università (privata) San Raffaele. Ciò utilizzando i fondi, sembra 3,8 milioni di euro, raccolti con la sottoscrizione promossa dalla coppia Ferragni-Fedez.
Tali fondi saranno destinati per la quasi totalità a potenziare il reparto di terapia intensiva del San Raffaele, ospedale privato in passato al centro di scandali e malaffare che ha costruito la sua notorietà sull’essere il luogo di cura preferito prima di Bettino Craxi e poi di Silvio Berlusconi, il cui medico personale, dott. Zangrillo, è primario della terapia intensiva dello stesso nosocomio. Di quella sottoscrizione tanto mediatizzata, solo alcune minuscole briciole saranno destinate agli ospedali pubblici, che hanno retto in solitudine l’impatto iniziale dell’epidemia e che ancora oggi sono la colonna vertebrale della lotta al Covid-19.
Come si può concludere, una vicenda che ripercorre strade privatistiche dimostratesi fallimentari e, in questo caso, propone anche progetti di difficile realizzazione, solo per evitare di adottare la soluzione più semplice che la Regione (ma anche il governo) avrebbe potuto attuare: la requisizione immediata delle strutture della sanità privata, che in gran parte, tra l’altro, sono parte del sistema sanitario come enti convenzionati e che solo grazie ai suoi finanziamenti possono esistere.
Non si vuole quindi intaccare un sistema sbagliato, nemmeno di fronte alla dimostrazione che sono le strutture pubbliche le uniche a volere e sapere reagire effettivamente alla pandemia, anche se esauste dai tagli di strutture e attrezzature e dalle riduzioni di personale imposti negli ultimi decenni dai governi di tutti gli orientamenti politici, soprattutto in ossequio alle politiche di austerità dell’Unione Europea.
Peraltro, le attuali polemiche politiche tra Regione Lombardia e Protezione civile non toccano mai una questione generale che ci pare invece importante, che riguarda chi dovrebbe gestire la crisi Covid-19. Infatti, siamo di fronte a un’emergenza sanitaria, non a un terremoto o a un’alluvione e di conseguenza deputato alla sua gestione dovrebbe essere il Ministero della Salute (e non più della Sanità, le parole ahimè hanno un senso...) e non la protezione civile.
Se si ricorre alla Protezione Civile è solo perché si è ridotto allo stremo la sanità pubblica.
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