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17/05/2023

Un nuovo sciopero della fame nel 41bis

Da oltre due mesi è in sciopero della fame Domenico Porcelli, detenuto in custodia cautelare al 41bis nel carcere sardo di Bancali. Ha 49 anni e ha deciso, come altri ristretti che però sono nel frattempo morti, di seguire la strada dell’anarchico Alfredo Cospito.

Il motivo della sua protesta è stata la proroga del regime speciale che considera priva di presupposti. Le sue legali, Maria Teresa Pintus e Livia Lauria, hanno già presentato reclamo al Tribunale di Sorveglianza di Roma per chiedere l’annullamento del decreto di 41 bis prorogato dall’attuale ministro della Giustizia.

Come riferisce a Il Dubbio l’avvocata Pintus del foro di Sassari, Porcelli ha iniziato uno sciopero della fame il 28 febbraio 2023 per far sentire la sua voce e attirare l’attenzione sulla sua difficile situazione. Durante questo periodo, ha perso ben 13 kg di peso, segno tangibile del suo impegno e della sua determinazione.

Tuttavia, la sua condizione è andata deteriorandosi nel corso delle settimane. A causa delle sue condizioni precarie, Porcelli ha dovuto affidarsi alle flebo per mantenere un minimo di forza. Ma purtroppo, da due sabati a questa parte, l’avvocata Pintus denuncia che gli sarebbe stato negato questo supporto vitale. Questo ha reso la sua situazione ancora più difficile e ha messo in luce una mancanza di attenzione nei confronti del suo diritto alla salute.

Durante il suo sciopero, Porcelli ha manifestato disestesie alla mano destra e dolore all’avambraccio destro. Fortunatamente, questi sintomi sembrano essere spariti nel corso del tempo. Tuttavia, il dolore persiste al piede.

Ma la sua vicenda, come quella dei due detenuti morti recentemente nel carcere siciliano di Augusta, non risulta attenzionata da nessun parlamentare, né tantomeno dal ministero della Giustizia, nonostante i numerosi solleciti.

Della vicenda è stato attenzionato anche il garante nazionale delle persone private della libertà. L’avvocata Pintus chiosa a Il Dubbio: «Esistono detenuti di serie A e detenuti di serie B anche all’interno del regime detentivo speciale del 41 bis, ma il diritto alla salute non è garantito per nessuno!».

Va detto che Porcelli si trova attualmente in custodia cautelare, avendo subito una condanna di primo grado lo scorso giugno a 26 anni e mezzo di carcere per associazione a delinquere di stampo mafioso. Ma la proroga del 41 bis nei suoi confronti è legittima o no? Il reclamo per chiedere l’annullamento presenta delle argomentazioni interessanti.

L’applicazione e il rinnovamento del regime detentivo speciale del 41 bis comportano la sospensione di alcune normali regole di trattamento e istituti previsti dall’ordinamento penitenziario. Questo regime richiede che la presunta pericolosità del detenuto sia dimostrata come attuale, concreta e tale da giustificare la violazione delle garanzie costituzionali e penitenziarie.

Tuttavia, nel caso di Porcelli, ricordiamo attualmente in custodia cautelare (in attesa di un processo e quindi “innocente fino a prova contraria”, ndr) e sottoposto a tale regime, non è mai stato dimostrato che abbia ripreso i contatti con alcuna organizzazione criminale.

Inoltre, nel frattempo non sono emerse nuove emergenze investigative che potessero confermare l’originaria valutazione sulla sua pericolosità elevata.

Questo dato è di estrema importanza, poiché la sottoposizione al cosiddetto “carcere duro” comporta una totale trasparenza dei rapporti del detenuto con l’esterno, attraverso la registrazione video e audio dei colloqui con i familiari e la censura della corrispondenza in entrata e in uscita.

Se è vero che, negli ultimi anni di detenzione, Porcelli non ha mai subito censure durante i colloqui con i familiari, lo stesso non si può dire per il diritto all’informazione e alla cultura. Il 41 bis impone il divieto per il detenuto di leggere i giornali della sua regione di appartenenza e, purtroppo, anche la censura della corrispondenza e dei mezzi di integrazione culturale, come tv, radio, libri e giornali.

Per quanto riguarda quest’ultimi, l’addetto alla censura deve verificare il contenuto degli articoli di giornale presenti nei quotidiani mensili o settimanali e, se ritiene che la lettura sia “sconveniente” per il detenuto, sottoporla alla valutazione del Magistrato di Sorveglianza competente.

Secondo il reclamo, nonostante la logica e la chiara giurisprudenza in merito, il Ministro non avrebbe compiuto lo sforzo richiesto in relazione ai parametri previsti dal 41 bis e ha prorogato la misura nei confronti di Porcelli.

Tuttavia, l’analisi puntuale dei parametri normativi pertinenti porta a insistere per la revoca di tale provvedimento. Il tempo trascorso sotto il regime di 41 bis, nel caso specifico, è solo uno degli elementi su cui si basa la richiesta di revoca.

La motivazione fornita per la proroga del regime detentivo speciale, secondo i legali di Porcelli, sarebbe illegittima e meriterebbe una severa censura, specialmente alla luce della recentissima giurisprudenza di legittimità.

Tale giurisprudenza ha sottolineato che ogni provvedimento di proroga deve contenere una motivazione specifica e autonoma sulla persistenza del pericolo per l’ordine e la sicurezza, senza utilizzare formule stereotipate che giustifichino automatismi inammissibili o basarsi su giudizi presuntivi.

Secondo il reclamo, il decreto impugnato non ha indicato alcun elemento recente che possa dimostrare l’attualità dei collegamenti del detenuto con l’organizzazione criminale, né la sua capacità di mantenere legami associativi all’interno dell’ambiente carcerario.

Pertanto, alla luce dei principi derivanti dalle norme di diritto, dalla giurisprudenza e dall’interpretazione dottrinale, per gli avvocati si deve concludere che il decreto ministeriale oggetto del reclamo è illegittimo e deve essere disapplicato poiché è stato emesso in violazione di legge, mancando i presupposti per la sua applicazione.

È essenziale sottolineare che il regime del 41 bis è una misura eccezionale che richiede una rigorosa valutazione della pericolosità del detenuto e una giustificazione chiara e motivata per la violazione delle normali garanzie costituzionali e penitenziarie. Non può essere utilizzato in maniera arbitraria o come strumento punitivo senza una valida base giuridica.

La difesa di Porcelli ha cercato di dimostrare che non esistono elementi concreti che giustifichino la sua permanenza sotto questo regime restrittivo. La mancanza di contatti con l’ambiente criminale e l’assenza di nuove emergenze investigative ne testimonierebbero la situazione attuale. Pertanto, la richiesta di revoca del regime del 41 bis per Porcelli si basa su elementi importanti.

E ancora una volta, si riaccende il focus su un regime speciale approvato sull’onda emotiva delle stragi, soprattutto dopo quella di Via D’Amelio. Misura nata in un contesto emergenziale, quando la mafia di Riina aveva deciso di fare una guerra allo Stato. L’ha persa, tutti gli stragisti sono stati arrestati. Sono passati più di 30 anni, la mafia ha scelto da tempo la “sommersione”. Ma il 41 bis rimane intatto. Usato anche come strumento preventivo nel caso di Porcelli.

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