Oggi decimo anniversario del Giorno del Ricordo, dedicato alla memoria delle foibe e dell'esodo giuliano dalmata. Può aiutarci a inquadrare storicamente quella vicenda?
"Io non sono molto d'accordo in generale con gli anniversari, perché la
memoria dovrebbe essere coltivata sempre, 365 giorni l'anno. La memoria è come un film in bianco e nero,
a volte viene archiviato nei cassetti della storia, a volte anche negli
archivi o negli armadi della vergogna. Certe altre volte ritorna e
lascia delle tracce. Ciò che è accaduto tra il 1943 e il 1945
nel nostro Paese va inserito in un preciso contesto storico: l'Italia
era occupata dalle truppe naziste, nel Nord regnava sovrana la repubblica sociale di Salò
guidata da Benito Mussolini, destituito dai suo gerarchi nel Gran
Consiglio del Fascismo il 25 luglio 1943 e poi liberato dai tedeschi.
Dopo l'8 settembre, cioè dopo l'armistizio da parte del generale Badoglio che, già il 25 luglio del '43, aveva preso in mano l'esercito e l'intero Stato italiano, gran parte del disciolto esercito nazionale prese parte alla Resistenza, cioè alla lotta di liberazione contro il nazifascismo. E' accaduto anche che pezzi della Resistenza vicina al regime di Tito nella ex Jugoslavia si macchiarono di orribili stragi, uccidendo oppositori di ogni tipo lanciati dentro le cosiddette foibe, i crepacci nella terra istriana. Quello che noi ricordiamo oggi è una piccola parte di quello che è avvenuto tra l'8 Settembre e il 25 Aprile del 1945."
Un sondaggio
rivela che solo il 43% degli Italiani conosce le foibe, e solo il 22%
sa cosa sia l'esodo giuliano dalmata. C'è stato un tentativo di
rimozione storica? Quella tragedia è diventata oggetto di scontro
politico?
"In Italia c'è sempre stato un tentativo di rimozione storica. Dal 1994,
anno in cui c'è stato il primo governo Berlusconi sino ad oggi, è andato avanti un processo di revisionismo. Ci sono stati giornalisti e scrittori come Giampaolo Pansa che ci hanno raccontato come tra il 1945 al 1947 ci siano stati decine di migliaia di omicidi da parte di partigiani, senza tuttavia raccontare quello che era avvenuto prima, le stragi di Marzabotto, di Sant'Anna di Stazzema, e ancora prima la ritirata dolorosa, umiliante dell'esercito italiano inviato in Russia e in decine di altri luoghi nel mondo a combattere guerre assurde e sbagliate. E, prima ancora, la distruzione totale di ogni forma di opposizione nel nostro Paese.
Il revisionismo è un dato storico mondiale, non solo italiano. Se le
foibe vengono raccontate come episodio a parte non hanno alcun senso dal
punto di vista storico, se invece le inquadriamo all'interno di un
contesto più ampio, dell'occupazione tedesca, dell'accentuazione della violenza, di crimini di ogni tipo, di vendette personali e politiche, questo può avere un senso dal punto di vista storico."
Cosa ci rimane oggi di quella tragedia?
"Per molti anni, per motivi politici e anche interni, si è preferito non parlare dei fatti avvenuti in quegli anni nelle zone al confine con la ex Jugoslavia
dove i cosiddetti titini, i partigiani vicini a Tito, si sono macchiati
di crimini efferati. Ma anche loro appartenevano a un gruppo ben più
ampio di persone che avevano deciso di lottare contro l'occupazione
nazifascista e che hanno scambiato i carnefici con le vittime. Oggi sul piano storico resta una memoria, che però deve essere una memoria viva, non legata all' anniversario, che va trasferita alle giovani generazioni
che nulla sanno delle vicende che stiamo raccontando perché nulla è
scritto nei loro libri di testo. Annullare la memoria del passato
significa non comprendere il presente. Ciò che è accaduto nei campi di
sterminio di Auschwitz e di Dachau, e ciò che è accaduto ai confini tra
l'Italia e la ex Jugoslavia in quelle che vengono chiamate foibe è un crimine che si è poi perpetrato in altre parti del mondo in anni di cosiddetta pace. Torture, stragi, omicidi di oppositori politici sono avvenuti anche in tempi non lontani dai nostri. Non dimenticare resta una sorta di dovere culturale, politico, e di grande impegno civile."
Fonte.
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