La decisione della Cassazione di non chiudere il sipario sulla strage di piazza della Loggia ma anzi di annullare due assoluzioni mostra che “dopo 40 anni i fatti vengono storicamente accertati” – ha dichiarato Manlio Milani presidente dell'Associazione delle Vittime che nella strage del 1974 ha perso la moglie – “La Cassazione è andata ben oltre le nostre richieste, annullando anche l’assoluzione di Maurizio Tramonte. Questo certifica che nella strage ci sono stati i depistaggi e, a nostro modo di vedere, è importante perché la Cassazione ha voluto dire che Tramonte non aveva solo un ruolo di informatore ma il suo ruolo era ben più pregnante”. La Corte di Cassazione denuncia anche come siano state sottovalutate le dichiarazioni del collaboratore Carlo Digilio (deceduto e teste chiave dell'inchiesta del giudice Salvini sulla Strage di Piazza Fontana, NdR) e “liquidata troppo frettolosamente la ritrattazione di Tramonte”.
E' importante sottolineare che con questa decisione la Cassazione ha annullato anche la sentenza della Corte d’assise d’appello di Brescia nella parte in cui condannava le vittime, costituitesi parti civili, al pagamento delle spese processuali in ragione dell’assoluzione degli imputati. Il nuovo processo in appello che dovrà essere celebrato dovrà anche pronunciarsi su questo punto.
Interessanti alcuni passaggi della sentenza della Corte di Cassazione sulla strage del 18 maggio 1974 dove vengono criticate le conclusioni “assolutamente illogiche e apodittiche” raggiunge dai giudici della Corte di Assise di Appello di Brescia nel verdetto assolutorio del 14 aprile 2012, Tramonte era un soggetto troppo “intraneo” alla destra eversiva per essere un semplice informatore, che peraltro “non raccontava al maresciallo Felli tutto ciò che sapeva o aveva fatto”.
Quanto a Maggi, sono stati “sviliti” numerosi indizi, come il sostegno allo stragismo eversivo di destra del quale era un “propugnatore”. Ad esempio, sulla circostanza – “un dato di fatto importantissimo che muta notevolmente il quadro indiziario rispetto al giudizio di primo grado” – che “l’ordigno esplosivo sia stato confezionato utilizzando la gelignite di proprietà di Maggi e Digilio, conservata presso lo Scalinetto”, la Corte di Appello “non ha tratto da questa diversa ricostruzione in fatto le necessarie implicazioni sul piano probatorio”. L’”erronea applicazione della legge processuale” è – scrive il relatore Paolo Giovanni Demarchi Albengo – “un vizio ricorrente nel processo per la strage di Piazza della Loggia se si pensa che anche nel procedimento cautelare sulla misura irrogata a Tramonte, Zorzi e Maggi, la Cassazione ebbe a osservare l’esasperata opera di segmentazione del quadro complessivo” che “rifuggiva dalle regole di coerenza e completezza”.
“Ingiustificabili e superficiali” sono, per la Cassazione, le conclusioni assolutorie tratte per Maggi, nonostante la “gravità indiziaria” delle dichiarazioni di Battiston che unite ad altri elementi finiscono per fornire una “visione complessiva” di “straordinaria capacità dimostrativa” delle accuse. E ancora: la presenza di Tramonte nella piazza, poco dopo l’esplosione, è “certamente un elemento di grande rilievo, sia al fine di stabilire il suo ruolo nella vicenda, sia ai fini di valutazione di attendibilità delle dichiarazioni relative alla organizzazione ed esecuzione della strage”. Eppure non sono stati fatti approfondimenti. Comunque, sottolinea la Cassazione, il giudice del rinvio potrà anche stabilire che Tramonte era un “infiltrato non punibile” ma deve tenere conto che solo dal 2006 esiste una normativa che lo scriminerebbe mentre per gli anni Settanta non esisteva nulla del genere, anzi si era “restii” a riconoscere la “collaborazione dei soggetti privati, estranei agli organismi di polizia giudiziaria, e soprattutto in assenza di formali autorizzazioni e di rigida regolamentazione dei limiti di operatività”.
Una sentenza, quella della Corte di Cassazione, decisamente importante ma drammaticamente tardiva.
Qui di seguito la ricostruzione cronologica dei processi per la Strage di Brescia
2 giugno 1979 – I giudici della Corte d’assise di Brescia condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni Angelino Papa mentre assolvono gran parte delle 16 persone incriminate dal pm Francesco Trovato e dal giudice istruttore Domenico Vino o li condannano a pene inferiori ma per detenzione di esplosivi o per altri attentati.
18 aprile 1981 – Buzzi, personaggio in bilico tra criminalità comune e neofascismo, è strangolato dai ‘camerati’ Mario Tuti e Pierluigi Concutelli nel supercarcere di Novara. I due motivarono l’omicidio con il fatto che Buzzi fosse “pederasta” e confidente dei carabinieri, ma il sospetto è che temessero fosse intenzionato a fare dichiarazioni nell’imminente processo d’appello.
2 marzo 1982 – I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia assolvono tutti gli imputati, compreso Angelino Papa; nelle motivazioni definiranno Buzzi “un cadavere da assolvere”.
30 novembre 1984 – La Cassazione annulla la sentenza di appello e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici.
23 marzo 1984 – Il pm Michele Besson e il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi aprono la cosiddetta ‘inchiesta bis’. Imputati i neofascisti Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e Sergio Latini. La nuova pista è aperta dopo le dichiarazioni di alcuni pentiti tra cui Angelo Izzo.
20 aprile 1985 - La Corte d’assise d’appello di Venezia, davanti alla quale è celebrato il nuovo processo di secondo grado, assolve tutti gli imputati del primo processo bresciano.
23 maggio 1987 – I giudici di Brescia assolvono per insufficienza di prove Ferri, Latini e Stepanoff. Ferri e Latini sono assolti anche dall’omicidio di Buzzi che, secondo i pentiti, avrebbero fatto uccidere perche non parlasse.
25 settembre 1987 - La Cassazione conferma la sentenza di assoluzione dei giudici della Corte d’appello di Venezia e pone fine alla prima inchiesta sulla strage.
10 marzo 1989 – La Corte d’assise d’appello di Brescia assolve, questa volta con formula piena, Ferri, Stepanoff e Latini.
13 novembre 1989 - La prima sezione della Corte di Cassazione, presieduta da Corrado Carnevale, conferma e rende definitive le assoluzioni di Ferri, Stepanoff e Latini. I primi due saranno anche risarciti per la carcerazione subita.
23 maggio 1993 - Il giudice istruttore Gian Paolo Zorzi proscioglie gli ultimi imputati dell’inchiesta bis. Quello stesso anno sarebbe cominciata la terza inchiesta.
16 novembre 2010 - I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono tutti i cinque imputati, Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. L’assoluzione interviene in base all’articolo 530 comma 2 assimilabile alla vecchia insufficienza di prove. Revocata la misura cautelare nei confronti dell’ex ordinovista Delfo Zorzi che vive in Giappone.
14 aprile 2012 - La Corte d’appello di Brescia conferma la sentenza di primo grado mandando assolti i quattro imputati, Zorzi, Maggi, Tramonte e Delfino, per i quali era stato proposto ricorso dalla procura. Dai pm una dichiarazione che, dopo 38 anni, sembra una resa: “Abbiamo fatto tutto il possibile. È una vicenda che va affidata alla storia”.
20 febbraio 2014 – La vicenda approda in Cassazione, dopo il ricorso del pg di Brescia (per tutti, tranne che per Delfino). Il sostituto pg della Cassazione Vito D’Ambrosio chiede di annullare le assoluzioni disposte in secondo grado per Zorzi, Maggi e Tramonte e di celebrare nuovamente il processo. Carlo Maria Maggi, in particolare, sarebbe “l’esecutore e il mandante” della strage.
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