di Michele Giorgio – Il Manifesto
Il vero leader di
Hamas in questo momento è Mohammed Deif, il capo delle «Brigate
Ezzedin al Qassam», braccio armato del movimento islamico,
impegnate nello scontro militare più duro e prolungato avuto con le
forze armate israeliane dalla loro formazione nel 1992. I mezzi
d’informazione hanno sottovalutato l’importanza del messaggi di
Deif che martedì sera hanno diffuso la radio e la televisione di
Hamas. Non si è messo in relazione diretta quel messaggio con il caos
di annunci e smentite registrato qualche ora prima al Cairo, quando
nel pomeriggio è stata riferita la disponibilità di tutte le
fazioni palestinesi, Hamas incluso, a fermare le ostilità, seguita
da una secca smentita.
A bloccare il via libera alla tregua umanitaria di 24
ore, da estendere fino a 72 ore, è stato l’intervento di Mohammed Deif
che, a sera, ha addirittura scelto di apparire pubblicamente
(cosa rarissima) per ribadire che Hamas non accetterà «nessun
cessate-il-fuoco senza la fine dell’aggressione (militare israeliana) e
senza l’eliminazione dell’assedio», vale a dire del blocco
della Striscia di Gaza da parte di Israele e dell’Egitto. Parole che
hanno messo a tacere il leader politico di Hamas Khaled Meshaal e il
suo vice Musa Abu Marzouq.
Ormai è evidente che in Hamas ha preso il sopravvento l’ala militare. Meshaal
e Abu Marzouq, ci spiega una nostra fonte di Gaza che ha chiesto
l’anonimato, sono favorevoli a una via d’uscita alla crisi da
concordare con le altre forze palestinesi, a cominciare da Fatah di
Abu Mazen. «I due – ci dice la fonte – sono convinti che
Hamas non riuscirà ad ottenere ciò che ha chiesto ad inizio dello
scontro armato con Israele, a cominciare dall’apertura totale dei
valichi, e che l’emergenza umanitaria (provocata dall’attacco di
terra israeliano,ndr) se continuerà ad aggravarsi non potrà che
ritorcersi contro Hamas». Meshaal – ha aggiunto la fonte –
«ritiene che la situazione si sia comunque mossa e che l’avvio di una
trattativa rappresenti comunque un riconoscimento del movimento
islamico che, pertanto, potrà uscire dall’isolamento
politico in cui è stato tenuto nell’ultimo anno. In questo quadro,
pensa Meshaal, la riconciliazione nazionale palestinese va
rilanciata e non abbandonata».
Risultati, ipotetici, che non sono neppure presi in
considerazione dall’ala militare che nelle tre settimane di
scontro con Israele ha conquistato ulteriori posizioni in Hamas e
messo nell’angolo Meshaal e Abu Marzouq, a vantaggio dei dirigenti
di Gaza, a cominciare dall’ex premier Ismail Haniyeh e dall’ex
ministro degli esteri Mahmud Zahar, che ora sta realizzando la sua
vendetta politica dopo essere stato messo ai margini due anni fa dai
leader in esilio.
Mohammed Deif, 54 anni, sfuggito nel settembre 2002 ad un
«omicidio mirato» da parte di Israele che lo ha lasciato disabile
fisicamente, ha ripreso il pieno controllo del braccio armato di
Hamas dopo l’uccisione di Ahmed Jaabari nel novembre 2012
(all’inizio dell’offensiva aerea «Colonna di Difesa»). È stato uno dei
teorici, assieme a Nidal Farhat e Adnan al-Ghul, del programma
missilistico che ha dotato Hamas di razzi, prodotti localmente o
giunti a Gaza attraverso i tunnel con l’Egitto, che nelle ultime tre
settimane hanno raggiunto città israeliane distanti anche 200 km
dalla Striscia. Razzi che si sono dimostrati un’arma di forte
pressione psicologica sulla popolazione di Israele e che unita
alle azioni di commando attuate dalle unità speciali di «Ezzedin al
Qassam», in cui sono rimasti uccisi numerosi soldati israeliani,
hanno fatto crescere il prestigio dell’ala armata del movimento a
danno della dirigenza politica.
Deif e gli altri comandanti militari affermano che «Hamas sta
vincendo» e che le sofferenze della popolazione di Gaza sono un
prezzo da pagare per la vittoria finale, anche se a conti fatti il
movimento islamico sino ad oggi non ha ottenuto la realizzazione
di neanche una delle sue richieste. Dall’altro lato c’è Israele che
punta proprio sui bombardamenti sempre più indiscriminati,
sull’emergenza umanitaria e le sofferenze di oltre 200mila
sfollati per costringere Hamas ad accettare un cessate il fuoco
incondizionato. Una tenaglia che schiaccia la popolazione civile palestinese.
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento