Il “decreto sicurezza” è stato firmato da Sergio Mattarella, a conferma che il “custode della Costituzione” non custodisce più granché. Il testo finale presenta così tanti profili di incostituzionalità che il presidente si è sentito obbligato ad accompagnare la firma con una letterina indirizzata all’altro fantasma istituzionale di questa fase: Giuseppe Conte, figurativamente presidente del consiglio.
In quelle poche righe è contenuta una raccomandazione che appare formalmente priva di senso: “Avverto l’obbligo di sottolineare che, in materia, come affermato nella Relazione di accompagnamento al decreto, restano “fermi gli obblighi costituzionali e internazionali dello Stato”, pur se non espressamente richiamati nel testo normativo, e, in particolare, quanto direttamente disposto dall’art. 10 della Costituzione e quanto discende dagli impegni internazionali assunti dall’Italia”.
Delle due, l’una: o il decreto non rispetta quegli “obblighi costituzionali” – e allora il presidente della Repubblica avrebbe dovuto rimandare indietro il testo perché venisse emendato – oppure, a suo giudizio, è pienamente costituzionale e dunque questa precisazione è inutile.
La cultura gesuitico-democristiana è però zeppa di formule contorte per affermare una cosa negandola: dunque, possiamo concludere che quel decreto non rispetta la Costituzione, ma il presidente non se l’è sentita di aprire e affrontare uno scontro istituzionale con il governo.
Nelle stesse ore, però, aveva incontrato “con grande riserbo” Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea, sceso da Francoforte per illustrare le preoccupazioni della Troika sulla tenuta dei conti italiani nel caso di varo della legge di stabilità nella forma attualmente in discussione. Casualmente, al termine di quel colloquio, il governo ha rivisto le stime del deficit atteso nei prossimi tre anni: dal 2,4% stabile (dal 2019 al 2021), a un decalage progressivo (dal 2,4 all’1,8%). Qualcosa insomma di più “rassicurante” per i mercati e i loro terminali sovra-istituzionali.
Se dobbiamo seguire invece la logica delle dichiarazioni, ne consegue che il governo grillin-leghista è molto “sensibile” alle pressioni di Bruxelles, e assolutamente sordo ai richiami costituzionali. E che il Colle, sapendolo bene, ha deciso di essere più “persuasivo” in materia economica e più “flessibile” sui temi dell’ordine pubblico, anche se in palese contrasto con la Carta. C’è coerenza, in fondo: l’Unione Europea si preoccupa di garantire la libertà di business, e se ne fotte altamente di quella delle persone.
Ricordiamo infatti che il “decreto sicurezza” presentato da Salvini replica un’operazione già fatta dal predecessore Marco Minniti (in teoria un “democratico doc”): unire i provvedimenti contro gli immigrati con quelli contro la normale conflittualità sociale. In questo modo si cavalca la “popolarità” del pugno duro contro “i negri”, facendo passare norme che puntano a inchiodare in primo luogo gli attivisti di qualsiasi colore o cittadinanza.
Il contenuto del decreto non lascia del resto spazio a interpretazioni minimizzanti.
Sugli immigrati cala una mannaia giuridica apertamente in violazione della legislazione internazionale e dunque anche della Costituzione. Vengono infatti abrogati i permessi di soggiorno per motivi umanitari, che vengono sostituiti da più vaghi (e facilmente revocabili) “permessi speciali temporanei”. Viene raddoppiata la durata della permanenza (da 90 a 180 giorni) nei Centri per i rimpatri, in pratica delle prigioni di transito; viene prevista la possibilità di trattenere gli stranieri da espellere anche in strutture della polizia (commissariati, ecc) se non ci dovesse essere abbastanza posto nei Cpr. E la cronaca degli ultimi anni ha spiegato a tutti che certi luoghi sono altamente pericolosi anche per i cittadini italiani di pelle bianca (da Stefano Cucchi a Serena Mollicone, passando per altre decine di casi), figuriamoci dunque per stranieri in attesa di espulsione...
Anche i giuristi del Comitato difesa della Costituzione sottolineano questo punto: «In questo contesto è inaccettabile la possibilità di trattenere le persone da rimpatriare in strutture idonee e nella disponibilità dell’autorità di pubblica sicurezza. In questo modo viene creato un circuito carcerario (le prigioni del Ministero dell’Interno) al di fuori dell’ordinamento nel quale non sarà possibile monitorare il rispetto dei diritti umani fondamentali».
In pratica, la protezione internazionale resta in vigore soltanto per i “minori non accompagnati”, che potranno perciò accedere ai progetti di integrazione ed inclusione sociale previsti dal sistema Sprar.
I “richiedenti asilo” verranno invece detenuti nei centri ad essi dedicati (i Cara). L’articolo 13 del dl prevede inoltre che i richiedenti asilo non si possano iscrivere all’anagrafe e non possano quindi accedere alla residenza. Ne conseguirà, naturalmente, un aumento dei migranti che “bighellonano per le strade”, quindi un aumento dell’“insicurezza percepita” e dunque una risposta poliziesca ancora più dura e “legittimata” dalla “paura” creata ad arte.
Particolarmente grave è la violazione della Carta prevista per accelerare le espulsioni: la sospensione della procedura d’asilo ed il rimpatrio del richiedente asilo scatta infatti dopo una condanna in primo grado, ma è – secondo i costituzionalisti – «palesemente contraria alla presunzione di non colpevolezza (art. 27 Cost.) ed al principio che la difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento (art. 24 Cost.)».
Ma è sul piano interno – per gli “itagliani” – che il decreto riserva le peggiori sorprese. A cominciare da un uso del “daspo” come mezzo ordinario di repressione della protesta politica o sociale. Nella stessa direzione anche l’autorizzazione ad acquistare Taser per armare i vigili urbani in tutti i comuni con più di 100.000 abitanti.
Non manca neanche un illuminante punto di contatto tra lavoratori autoctoni e immigrati (a riprova del fatto che siamo tutti parte dello stesso “blocco sociale”), che è stato notato persino da un giornale “grillino” come Il Fatto: “Il picchettaggio stradale diventerà un crimine, punibile con la reclusione da 1 a 6 anni. Non solo: in caso di condanna di un cittadino extracomunitario, costui potrà essere anche espulso dal Paese. È quanto prevede l’articolo 25 del decreto Salvini, appena varato dal governo”. Una norma che sembra scritta dalle imprese della logistica, visto che in questo settore gli operai extracomunitari sono oltre il 16%.
Ma non solo per loro, visto che il reato di blocco stradale (articolo 25), esteso contro chiunque “ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata”, con automatico innalzamento delle pene verso chi entra «arbitrariamente in terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto».
Garantire il profitto, anche di personaggi strani, è invece la preoccupazione fissa anche di questo governo. Va certamente in questa direzione la decisione di mettere in vendita i patrimoni sequestrati alle mafie... a chiunque. L’articolo 38, infatti, prevede l’“ampliamento della platea dei possibili acquirenti, ora circoscritti a determinati enti pubblici, associazioni di categoria e fondazioni bancarie”. Viene invece prevista la possibilità di aggiudicazione, semplicemente, al miglior offerente: la mafia e i palazzinari non mancheranno di ringraziare...
E’ veramente un “governo del cambiamento”...
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