Il Mattino, 21 settembre 2018
La parola all’economista Emiliano Brancaccio sull’iniziativa del Comune di Napoli per l’adozione di una criptovaluta nelle transazioni locali.
Intervista di Sergio Governale
“Un bitcoin napoletano? Non mi pare una buona idea”. L’economista Emiliano Brancaccio, esperto in materia di sviluppo e crisi dei regimi monetari, non è persuaso dalla proposta del sindaco di Napoli di istituire una valuta locale. Negli obiettivi di Palazzo San Giacomo il nuovo sistema di scambio dovrebbe favorire il commercio metropolitano e agevolare le transazioni tra l’amministrazione comunale e gli operatori privati della città. Al professore dell’Università del Sannio, autore di studi di politica monetaria pubblicati sulle principali riviste accademiche internazionali, chiediamo un parere tecnico sul funzionamento di questi strumenti e sui rischi che implicano.
Molti hanno giudicato l’idea di de Magistris una bizzarria. Lei che ne pensa?
In realtà non si tratta di un caso inedito. Il sistema delle criptovalute ha fatto registrare in questi anni uno sviluppo eccezionale: ad oggi si contano oltre millecinquecento valute digitali nel mondo, per un valore che al momento si aggira intorno ai 350 miliardi. Negli ultimi tempi anche vari settori dell’amministrazione pubblica, all’estero e in Italia, hanno manifestato interesse verso questo strumento. La sua diffusione, tuttavia, non garantisce il suo buon funzionamento. La mia opinione è che si tratti di un sistema piuttosto instabile. Prima di immetterlo nei circuiti finanziari pubblici bisognerebbe valutare i rischi.
Quali i pericoli principali?
Ci sono stati violentissimi sussulti nel valore del bitcoin e delle altre principali monete virtuali, con aumenti e crolli superiori al cinquanta percento in poche settimane. Nel caso di una criptovaluta partenopea, ovviamente, il volume di scambi sarebbe contenuto e le occasioni di grandi comportamenti speculativi sarebbero minori. Tuttavia il Comune dovrebbe tener conto di un fatto essenziale: accettando la moneta virtuale a pagamento dei suoi crediti può dare impulso allo sviluppo del sistema, ma non potrà governare il valore di scambio tra la criptovaluta e le altre monete, tra cui ovviamente l’euro. Quel rapporto di scambio sarà sempre fuori dal suo controllo. Questo è un punto delicato non solo per Napoli, ma per tutti i tentativi di immissione delle criptovalute nei sistemi di pagamento delle amministrazioni pubbliche.
Ma De Magistris considera l’istituzione di una moneta napoletana anche come un guanto di sfida, per rimarcare l’autonomia politica della città e del Sud dalle logiche del governo e dell’Europa. Una battaglia persa?
Il baricentro politico del governo nazionale è sbilanciato a vantaggio degli interessi prevalenti nel settentrione, così come l’asse politico dell’Unione europea è tutto a favore dei paesi del Nord. Che sia tempo di organizzare una nuova politica meridionalista, anche attraverso forme inedite di lotta, mi pare del tutto condivisibile. Ma l’autonomismo locale, specialmente in campo monetario, non è una soluzione.
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