Ci sono guerre di cui si parla, e guerre di cui è meglio non parlare. Perché non conviene parlarne, magari, o perché non interessa a nessuno. Per quel che riguarda lo Yemen, sono vari i motivi per cui non si parla della tragedia che dal 2015 è costata la vita a circa ventimila persone. Il fatto che una delle parti in causa sia l’Arabia Saudita, ad esempio, è un buon motivo per non mettere al centro dell’attenzione mediatica questa guerra. I sauditi sono nostri ottimi partner commerciali, sono uno dei principali referenti dell’Occidente in Medio Oriente. Hanno il petrolio.
Per cui la stampa italiana non parla di Yemen. Però in Yemen si combatte una guerra civile sanguinosa da oltre tre anni: da una parte le milizie filogovernative fedeli ad Abd Rabbuh Mansur Hadi, sostenute dai sauditi, da altri paesi arabi, dalla Turchia, da Usa ed Europa. Dall’altra le forze ribelli Houti, fedeli all’ex presidente Ali Abdullah Saleh, sostenute da Iran ed Hezbollah.
Si continua a combattere nonostante i tentativi diplomatici, e a pagare il prezzo più alto sono i civili.
Secondo le Nazioni Unite sono 24 milioni le persone che hanno bisogno di assistenza umanitaria in Yemen. Circa l’80% della popolazione. Dieci milioni sono sulla soglia della carestia. Oltre 3 milioni gli sfollati. In questo momento 75 mila famiglie sono in piena emergenza inverno, e rischiano di non superarlo. Senza riparo, sena cibo, senza medicine. Sedici milioni di individui non hanno accesso all’acqua potabile, mentre il 60% della popolazione soffre di malnutrizione.
Decine di migliaia di civili bombardati, nonostante i cessate il fuoco. Al Quaeda sopratutto, ma anche Daesh presenti ed attivi all’interno del conflitto.
Eppure non se ne parla. Cosa deve accadere in Yemen perché nel mondo, in occidente in particolare, si parli dello Yemen?
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