La questione del Tav, che ha visto migliaia di persone manifestare in 50
città oltre che in valle, travalica la Val di Susa e il legittimo
interesse dei suoi abitanti a non veder sconciato il proprio territorio,
l'ambientalismo, l'amianto, le compensazioni, le economie o le
diseconomie che, a seconda dei punti di vista, il traforo comporterebbe.
I No-Tav (fatta la tara dei vandali), come ha capito benissimo il
ministro Corrado Clini, “sono contrari allo Sviluppo, la loro è una
battaglia ideologica”. Ma non meno ideologica è la posizione di chi
(fatta anche qui la tara sulle speculazioni e le mazzette) sostiene che
il Tav è necessario alla crescita e allo
Sviluppo.
“Il Progresso non ha partorito l'uomo migliore, una società migliore e comincia a essere una minaccia per il genere umano”.
Chi l'ha detto? Un valligiano, un “Aska”, un anarco-insurrezionalista?
Lo ha detto Papa Ratzinger quando era ancora cardinale. Probabilmente
Ratzinger si riferiva soprattutto alla decadenza etica (anche se
l'ultima parte della frase adombra la catastrofe ambientale) che a noi
qui non interessa perché siamo persuasi che dal punto di vista morale
l'uomo non è mai cambiato.
La conoscenza infatti è cumulativa, il senso etico no. Io ne so
sicuramente di più di mio
padre e di mio nonno, ma non sono necessariamente migliore, dal punto di
vista etico, di mio padre o di mio nonno. Quello che per me conta è il
rapporto fra lo Sviluppo e la qualità della vita.
Perché, oltre al traforo della Val di Susa, dobbiamo costruire altre 300 fra grandi e piccole opere?
“Perché la nostra Penisola–come si è espresso Monti –non si distacchi lentamente dall'Europa”.
Insomma, per rimanere competitivi. Ma lo stesso devono fare, se
vogliono sopravvivere, non solo gli altri Paesi europei ma tutti quelli
che sono entrati nel
modello di sviluppo occidentale.
La “Ricchezza delle Nazioni”, inzuppate di infrastrutture, aumenta, ma
ciò passa sul massacro delle popolazioni che, oltre a veder sconciato il
proprio ambiente, devono lavorare di più, guadagnare di meno e in
larghi strati impoverirsi. Facciamo solo un piccolo esempio. Fino a 50
anni
fa, in Italia, in famiglia lavorava uno solo e bastava, ora devono farlo
tutti e due e spesso non è sufficiente. Tutte queste geremiadi sulle
donne che non hanno lavoro sono in funzione del sistema, non delle
donne. Molte che non lo hanno certo lo vorrebbero, ma forse molte di più
che preferirebbero farne a meno, per stare accanto ai figli, sono
costrette a trovarselo. Per uscire da questa fourchette ci vorrebbe un
accordo mondiale per abbassare i livelli della competizione invece di
alzarne continuamente l'asticella.
Ma questo le leadership non lo capiscono o fanno finta di non capirlo.
Noi non abbiamo bisogno di andare sempre più veloci, ma di vivere
meglio. E su questo piano l'attuale modello di sviluppo, nato con la
Rivoluzione industriale, ha fatto degli sfracelli.
Diamo alcuni, semplici, dati. Nel 1650, in Europa, i suicidi erano il
2,6 per 100mila abitanti. Nel
1850, un secolo dopo il “take off” industriale, erano il 6,9
(triplicati), oggi sono il 20 per 100 mila
abitanti (decuplicati). E naturalmente il suicidio è solo la punta
dell'iceberg di un disagio esistenziale infinitamente più diffuso e
tanto più lo è proprio nei Paesi di maggiore “benessere ”.
L'alcolismo di massa nasce con la Rivoluzione industriale.
Nevrosi e depressione sono malattie della Modernità, all'inizio
colpirono i ceti benestanti, la
borghesia (Freud insegna), oggi riguardano tutte le fasce della
popolazione. Negli Stati Uniti, Paese di punta del modello, 566
americani su mille fanno uso abituale di psicofarmaci, cioè un abitante
su due non sta bene nella propria pelle. La costante estensione dell'uso
della droga è sotto gli occhi
di tutti.
E cosa vogliono fare le leadership mondiali su di noi, cavalli già abbondantemente dopati e con la schiuma alla bocca?
Drogarci ancora di più, farci andare ancora più veloci, cementificarci
ulteriormente, costringerci a lavorare come asini al basto,
incrementando la nevrosi e la depressione per poi riempirci
di medicina tecnologica per reggere lo stress ed essere all'altezza
della competizione divenuta globale. E tutto questo, quando in buona
fede, per inseguire il Mito dello Sviluppo, per non rinunciare alla Fata
Morgana delle “sorti meravigliose e progressive” che
appartengono sia alla cultura della destra che della sinistra.
Tutto ciò ha un senso? Un senso umano, dico?
Ma verrà un giorno, vicino, in cui l'ultimo capello farà crollare il
cammello. E allora non saranno più quattro valligiani o degli anarchici
spelacchiati, ma le folle deluse, frustrate ed esasperate, di ogni
mondo, a rovesciare il tavolo, avendo compreso, alla fine, che, per
parafrasare Goethe, lo spirito faustiano, lo spirito dell'Occidente,
opera eternamente
il Bene ma realizza eternamente il Male.
Fonte.
Facciamo una vita di merda e non se ne vede la fine.
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