Si chiama “scroccare le gallerie altrui”. D’altronde, saremo comunque obbligati.
Per spezzare una lancia a favore della TAV, e contro le popolazioni valsusine, in molti citano l’esempio della galleria ferroviaria che si sta scavando in Svizzera.
Un bellissimo cantiere, i cittadini favorevoli, le gite scolastiche,
tutti d’accordo si procede con la Grande Opera. E da noi? Rivolte di
piazza. Siamo proprio contro “la modernità“.
La costruzione di AlpTransit, così si chiama il traforo ferroviario del Gottardo, dovrebbe invece suggerirci un’altra idea: l’idea alternativa alla sprecona TAV in Valsusa. Gli svizzeri, tramite referendum -da loro si usa così- hanno deciso che basta con i TIR.
Il loro Paese è ormai la direttrice Amburgo-Napoli, e ogni anno
transitano per le loro belle valli quasi un milione e mezzo di camion
(quasi il doppio che in Valsusa), la maggior parte da e per l’Italia.
Non ne possono più. Al punto di aver stabilito quanto segue: obbligo
di trasferimento delle merci su rotaia per attraversare il territorio
elvetico, nonché calo forzato del trasporto su gomma a circa 600 mila
camion l’anno nei prossimi anni.
Leggete bene: si parla di “obbligo“,
non di cortesi incoraggiamenti destinati a restare inascoltati. Se ci
piace prendere ad esempio gli svizzeri, forse dovremmo cominciare anche
noi a chiedere leggi restrittive del trasporto su gomma, invece di devastare valli e poi limitarsi a sperare che funzioni.
Non solo. Ecco cosa dice un ingegnere di AlpTransit: «Basterebbe poco, il raddoppio della linea che porta da Milano a Lugano, e potreste arrivare dal capoluogo della Lombardia a Parigi in meno di 5 ore. I soldi? Un’inezia se paragonati a quelli che servono per la Torino-Lione».
Già, un’inezia. Un’inezia e un’idea forse troppo semplice, quella di approfittare delle gallerie che scavano gli altri, limitarsi al raddoppio di una linea ferroviaria esistente, mettere una tassa
sui camion e lanciare le merci “in Europa ad alta velocità”. Esiste già
un accordo del nostro governo, peraltro, risalente al 1999 e rimasto
lettera morta. Certo, così non si arriva a Lione. Non si arriva neppure a
Limoges o a Clermont-Ferrand, peraltro. Tocca sacrificarsi. Ma forse
varrebbe la pena, scegliere la soluzione meno costosa, meno devastante e più rapida. Gli svizzeri fanno il lavoro sporco, e la mafia rimane a becco asciutto.
Magari chissà, è proprio questo l’ostacolo principale.
Fonte.
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