La
Libia sembra diventata quella «nuova Somalia», in preda alle milizie
islamiche che profetizzava Gheddafi, linciato solo nell’ottobre
scorso, poche settimane prima della fine della guerra aerea della Nato
fatta «per proteggere i civili»…
In
un certo senso sì, proprio una nuova Somalia. Per 42 anni Gheddafi
era riuscito, più con le cattive che con le buone, a tenere insieme il
Paese e a guidarlo in mezzo a burrasche non da poco. Morto lui sembra
che tutto vada nel disastro. Perché le milizie non mollano le armi, il
governo provvisorio fa di tutto per raccoglierle ma non ce la fa.
Siamo arrivati addirittura al pronunciamento da Bengasi per dividere
il paese, fatto non in maniera provvisoria, perché a capo di questo
fantomatico governo c’è addirittura Ahmed Al Senussi, pronipote di re
Idris. Quindi non è solo una divisione amministrativa ma soprattutto
politica. Al Senussi è un personaggio poco noto perché sono passati
tanti anni dal colpo di stato con cui Gheddafi depose re Idris, è
stato per molti anni nelle galere del raìs per avere tentato un golpe
contro di lui nel 1970, poi è stato liberato negli anni Ottanta. Ma
certo rappresenta almeno la memoria della monarchia libica. Non
dimentichiamo che in Cirenaica la rivolta l’hanno fatta con la
bandiera dei Senussi, della monarchia. Lì è scoppiata la vera
resistenza che ha dato filo da torcere agli italiani e alla fine,
quando gli inglesi hanno deciso di consegnare la Libia a un
personaggio di rilievo, l’hanno messa nelle mani di Al Senussi, re
Idris, nato e vissuto a Tobruq. Inoltre la Senussia oltre ad essere
stata una organizzazione politica è anche una confraternita religiosa
con più di cento anni di vita.
Che cos’è la Cirenaica quanto a interessi petroliferi della Libia?
Diciamo
che i porti più importanti sono proprio in Cirenaica che presenta il
più alto numero di giacimenti e di raffinerie, a Ras Lanuf con 220mila
barili al giorno, a Marsa el Brega e a Tobruq. Certo ce ne sono anche
in Tripolitania e nella Sirte, molti pozzi sono anche in mare, ma la
parte principale di queste «oasi del petrolio» sono proprio in
Cirenaica. Ricca, non dimentichiamolo, anche di acqua. Il grande
progetto di Gheddafi, il famoso River, il fiume sotterraneo – che anche
gli insorti chiesero alla Nato di non bombardare – scorre da Kufra
fino al mare, prosegue lungo tutta la costa e risale da Tripoli verso
Gadames. È costato circa 30 miliardi di dollari e non si sa quanto
durerà quest’acqua. È una enorme bolla sotterranea dalla quale attingono
tutte le aree vicine, così gigantesco che è stata costruita una
fabbrica per allestire manufatti adatti alla canalizzazione. È il
rubinetto della Cirenaica e della Libia. Chi lo controlla controlla il
Paese. Quindi non ci sono solo gli introiti petroliferi ma questo
«rubinetto» di una fonte come l’acqua decisiva quanto se non più del
petrolio. Un’acqua che ha creato una fertilità che da tempo ha dato
quasi l’autonomia alimentare alla Libia, trasformando il litorale
nell’orto che produce per i sei milioni di abitanti.
Quale
«paese arabo» potrebbe esserci «dietro» questo pronunciamento della
Cirenaica? Shalgam, l’autorevole ambasciatore all’Onu della Libia,
prima con Gheddafi e poi passato agli insorti, ripete che non vuole
«una Libia controllata dal Qatar»…
Indubbiamente
il Qatar è interessato. C’era un inserto straordinario di Le Monde la
scorsa settimana tutto dedicato ai nuovi interessi strategici della
petromonarchia del Qatar, sul Medio Oriente, in Africa e nel mondo
intero dove ha comprato terre ovunque. Il Qatar punta ad avere riserve
di petrodollari enormi. E non dimentichiamo che fra le milizie che
combattevano contro Gheddafi c’erano alcune centinaia – migliaia per
altre fonti – di militari del Qatar. E hanno anche capacità
d’intelligence e di forniture di armi.
L’unico
accordo possibile in Libia è sull’Islam, che finirà nella nuova
Costituzione. Per il resto, le milizie spadroneggiano in armi e cresce
il ruolo degli integralisti islamici con il capo militare di Tripoli
Belhadj…
Peggio. Il
rapporto dell’Onu conferma le denunce di Amnesty International, le
stragi contro i vinti, le carcerazioni arbitrarie, con quasi 8.000
detenuti, la pratica diffusa della tortura contro i civili lealisti. Mi
chiedo come in questo enorme disordine si potrà arrivare alle
elezioni di giugno, così vicine. E si aprono problemi per l’Italia che
sta cercando nuovi scambi industriali e di recuperare investimenti e
ruolo. Dopo le mega-promesse di Gheddafi, nulla sarà più facile. E poi
c’è la questione della famosa litoranea che dovevamo costruire in 25
anni: adesso i nuovi dirigenti della Libia chiedono che venga fatta in
cinque anni e con un esborso enorme di finanziamenti.
Nessun commento:
Posta un commento