Poco più di 36 ore. E’ il tempo trascorso dall’applauditissimo intervento di Sandro Plano, presidente della Comunità montana della Val di Susa
(e volto istituzionale della protesta No Tav), dal palco della Fiom
allestito in piazza San Giovanni a Roma e l’intervista del segretario
generale della Cgil Susanna Camusso in edicola oggi con il Corriere della Sera
nella quale dichiara che il principale sindacato italiano è favorevole
alla linea ferroviaria ad alta velocità Torino-Lione. “La nostra
posizione favorevole alla Tav l’abbiamo espressa già nel congresso”,
sottolinea Camusso al quotidiano di Via Solferino. E ancora: “Nessuna
forma di iniziativa legittima può prevaricare la vita degli altri e
sconfinare nella violenza. Penso che la Cgil debba avere un giudizio netto”.
Un giudizio netto che però la Cgil, almeno nella sua componente
numericamente più importante, e cioè quella delle tute blu della Fiom, ha espresso a chiare lettere venerdì mattina in piazza San Giovanni a Roma. Quando decine di migliaia di persone accalcate davanti al palco, dopo il corteo che è sfilato per le vie della Capitale,
hanno scandito con una voce sola il grido di battaglia della Val di
Susa: “A sarà dura!”, prima del lungo applauso dedicato a Plano e a chi
si oppone alla costruzione del tunnel.
Ma di fronte alle parole del numero uno della Cgil ,il segretario generale dei metalmeccanici Maurizio Landini non si scompone: “Non è una novità. E’ vero che il sindacato nel suo congresso ha aperto al Tav, ma è altrettanto vero che la Fiom ha un punto di vista diverso. Abbiamo ribadito il nostro No alla Torino-Lione e
alle grandi opere”. Il numero uno delle tute blu preferisce
sottolineare un altro passaggio dell’intervista della Camusso, quello in
cui si sottolinea che “è impensabile fare per anni i lavori con la
valle contro”. Per Landini è proprio quello il punto: “Non si può
iniziare a scavare contro il parere di chi vive in quel territorio. A
tale riguardo il problema non è né della Fiom né della Cgil, ma del
governo che ha dichiarato di voler utilizzare il cosiddetto metodo francese (La consultazione preventiva delle popolazioni che vivono nei territori nei quali si vuole costruire una grande opera, ndr).
Perché non inizia con la Val di Susa? Non mi sembra che da quelle parti
si sia avviata una discussione preventiva su costi e benefici
dell’opera”.
E mentre l’intervento della Camusso incassa i parere favorevole del governatore piemontese, il leghista Roberto Cota (“Entra nel merito dei problemi, la Regione ha bisogno di lavoro e investimenti”), i senatori della corrente ambientalista del Pd (lo stesso partito che aveva ritirato la sua adesione al corteo di venerdì per l’ospitalità data ai No Tav) Francesco Ferrante e Roberto Della Seta
lo bollano come “archeologico”. In una nota congiunta, i due ecodem
accusano che “sostenere, come fa Susanna Camusso, che una grande opera
va realizzata non perché serve come infrastruttura, ma perché porta
lavoro significa attestarsi su una posizione archeologica”.
La scusa occupazionale ai due senatori non basta. Secondo loro, il Sì al
Tav deve essere subordinato al fatto se il tunnel riuscirà a rendere
più moderno e sostenibile il trasporto delle merci. Anche Landini è su
questa posizione. “E’ ovvio che un sindacato veda di buon occhio una
nuova industria capace di portare lavoro – dice il
segretario della Fiom – Ma nel caso specifico del Tav c’è da farsi una
domanda: qual’è il modello di sviluppo che c’è dietro alla galleria?
Insostenibile. Sia dal punto di vista ambientale che da quello sociale”.
E le 14 ragioni per dire sì all’opera, pubblicate qualche giorno fa dal governo, non sembrano essere sufficienti per far cambiare posizione alle tute blu e tantomeno ai valsusini.
Non solo Tav. Dopo le polemiche di ieri sull’imminente riforma del lavoro, con il segretario Cisl Raffaele Bonanni che ha accusato la Cgil di “istigare alla tensione sociale”,
Susanna Camusso ribadisce la sua posizione: ”Ho l’impressione che
qualcuno abbia già messo in conto un nostro sciopero generale: una
fiammata e via. Ma non può essere così, si aprirà una fase non breve di
lotta. L’esecutivo Monti ha scelto di avere il piglio di chi vuole fare
riforme strutturali ha usato termini ambiziosi come ‘cambiare la
mentalità degli italianì. Ma poi questa intenzione si è tradotta nella
continuità di politiche che penalizzano il lavoro. E mancano ancora 4
miliardi per avviare gradualmente la riforma”. Poi l’invito, ancora una
volta, a mettere da parte l’ipotesi di cancellare l’articolo 18.
Fonte.
La Camusso è una vergogna nazionale al pari di Napolitano o Monti.
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