Da mesi, almeno un anno abbondante, un assurdo filone della narrazione dominante
sulla natura della crisi descrive questa come il risultato di una
prolungata deflazione. Dovrebbe essere allora accolto con sommo gaudio e
come concreta prospettiva d’uscita dalla crisi medesima l’ennesimo
incremento della bolletta dell’acqua, il rialzo generalizzato delle
contravvenzioni stradali, il perenne rincaro delle autostrade puntuale
ogni primo gennaio, l’aumento del costo dei quotidiani, del bollo auto,
degli alcolici, delle sigarette, eccetera: insomma l’aumento generale
del costo della vita a questo punto dovrebbe portare a dire che la
crisi ha le ore contate. Peccato solo non aver aumentato le accise sulla
benzina, a quel punto avremmo ripreso a correre come una tigre asiatica
d’antan. Ovviamente tutto questo è falso, crisi e aumento del costo
della vita sono direttamente collegate (e poi, sia detto di passaggio,
l’Italia e l’Europa non sono in deflazione ma semmai in regime di bassa
inflazione). E’ nei paesi poveri che la vita costa di più per i propri
lavoratori, i prodotti non immediatamente necessari inarrivabili e il
prezzo medio di quelli primari più alto della media dei paesi ricchi in
rapporto agli stipendi.
In qualche modo però crisi e inflazione
sono collegate. In periodo di crescita economica stabile, l’aumento
tendenziale dei salari medi porta con sé un conseguente aumento dei
prezzi, senza che questi si traducano in un aumento del carovita. Non
a caso il compito primario dei centri liberisti in periodi di crescita è
sempre stato quello di mantenere basso il livello d’inflazione, perché
questo significava mantenere bassi i salari.
C’è inflazione e inflazione allora.
Quella determinata dai salari è la dinamica virtuosa; quella subita
dalle popolazioni, cioè l’aumento del costo della vita, la dinamica
viziosa e perversa. Oggi l’Unione Europea sta perseguendo la seconda
strada. Un inflazione accresciuta meccanicamente porta ad un (ovvio)
peggioramento delle condizioni di vita dei lavoratori, perché un aumento
dell’inflazione senza aumento dei salari produce solo più povertà
relativa. Discutere allora di inflazione e deflazione senza tenere a
mente che queste sono variabili dipendenti del livello medio dei salari
fa parte di una perversione ideologica figlia della visione dominante
della crisi.
Oggi siamo immersi in uno scenario
segnato dall’arretramento dei livelli salariali generali. Non solo è
evidente nei fatti e nei dati statistici, ma è per di più teorizzato da
economisti e parolai mainstream. Solo la moderazione salariale può
riportare l’Italia a competere nel mercato globale, ci dicono i vari
sòla ospitati sui quotidiani. Se questa è l’impostazione ideologica di
fondo, come dovrebbe realizzarsi quella “sana” inflazione, se non
aumentando il costo della vita? Ma questo aumento non produce inflazione
“benefica”, quanto aggrava lo stato dell’arte della nostra situazione
economica, come paese in generale e dei lavoratori in particolare.
Il dibattito sull’inflazione va allora
rigettato in toto, senza concedere nulla alle retoriche economiche
ammantate di rispettabilità (le esemplifichiamo riportando questo ridicolo grafico
apparso su Panorama, in cui in nessuna parte del circuito economico
schematizzato rientrano i lavoratori e i loro stipendi). In Italia e in
Europa non serve più inflazione, e anzi in periodo di arretramento
salariale è solo benefico uno stallo dei prezzi che lavora in
controtendenza all’impoverimento costante. E’ meglio un basso prezzo del
petrolio* che uno alle stelle, così come sono meglio bollette basse a
quelle alte. Sono ovvietà, che possono stupire in tempi di pensiero
unico. E’ solo l’aumento tendenziale degli stipendi che può far
ripartire quell’inflazione necessaria a stabilizzare la crescita
economica. Senza rialzo degli stipendi, l’inflazione è solo
trasferimento di denaro dalle tasche dei lavoratori a quelle del
capitale privato. Un processo perfettamente in linea con l’ideologia
liberista.
* Quello del petrolio e delle materie prime in generale è un discorso che meriterebbe un'oggettivazione diversa.
Nessun commento:
Posta un commento