La mobilitazione dei sindacati e delle organizzazioni giovanili francesi contro la Loi Travail non si ferma, ma il governo socialista di Parigi sembra intenzionato ad andare avanti sulla sua strada senza alcuna mediazione.
Martedì mentre decine di manifestazioni si tenevano in tutta la Francia contro la legge che precarizza e flessibilizza il mercato del lavoro, rende i licenziamenti più facili e concede priorità ai contratti aziendali rispetto a quelli di categoria, il Senato approvava una versione della Loi El Khomri ancora più pesante di quella discussa ed approvata nei mesi scorsi dall’Assemblea Nazionale grazie al ricorso all’articolo 49.3 della Costituzione che di fatto permette di bypassare il voto dei deputati. Una versione che cancella di fatto le 35 ore settimanali, riduce anche gli spazi di agibilità sindacale all’interno delle piccole e medie imprese e fissa un tetto ai risarcimenti ai lavoratori licenziati in maniera arbitraria.
Martedì, nell’ennesima giornata di mobilitazione indetta da Cgt, Force Ouvriere, Sud e molte altre sigle, più di 200 mila persone hanno partecipato a più di 130 manifestazioni indette in altrettante città. Una partecipazione simile a quella registrata il 23 giugno scorso, nonostante i quattro mesi di ‘barricate’ contro il governo.
L’undicesima giornata di mobilitazione realizzata da quando è iniziato il maggiore conflitto sociale e sindacale che abbia mai interessato il paese negli ultimi anni, si è svolta in un clima di determinazione ma anche di relativa calma. Il governo ha schierato come al solito un numero enorme di agenti di polizia, in particolare a Parigi, dove sono stati mobilitati circa 2500 poliziotti in tenuta antisommossa, coadiuvati da barriere alte alcuni metri posizionate ai lati del corteo al quale hanno partecipato circa 55 mila persone dalla Bastiglia fino a Place d’Italie. Alla fine della giornata si sono contati 27 fermati mentre a un centinaio di attivisti schedati nei mesi scorsi le Prefetture hanno proibito di partecipare alla mobilitazione. Non si sono verificati scontri di grande entità se non di fronte alla Bourse du Travail dove una manifestazione improvvisata è stata attaccata dagli agenti.
Il premier socialista ha accettato di ricevere, separatamente, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e la Medef (l’associazione padronale) dichiarando però di non avere alcuna intenzione di aprire un negoziato vero e proprio sul testo legislativo.
Se appare quindi chiaro che il governo Valls non ha alcuna intenzione di aprire una trattativa sui punti fondamentali del provvedimento – anche perché pressato dalla Confindustria locale e dall’establishment dell’Unione Europea – il via libera del Senato ad una versione ancora più estrema della Loi Travail, che di fatto cancella anche quelle modifiche che erano state il frutto della mediazione con il sindacato moderato Cfdt, non ha fatto altro che esasperare gli animi all’interno del vasto e composito fronte sindacale, sociale e politico che vi si oppone.
Al Senato è accaduto tra l’altro qualcosa di paradossale, visto che a votare un testo ancora più favorevole alle imprese è stata la destra (che alla Camera alta ha la maggioranza) con 185 voti a favore e 156 contrari, mentre la maggior parte dei socialisti hanno votato contro. E’ evidente che i partiti di destra se da una parte attaccano il governo socialista accusandolo di provvedimenti antipopolari e di non essere in grado di gestire la situazione, sperando che lo scontento popolare li premi alle prossime elezioni, dall’altra sostengono dall’opposizione il provvedimento scritto dalla giovane ministra del Lavoro. Di fatto il governo Valls si è messo in un ‘cul de sac’ dal quale sarà difficile uscire.
La sfida ora per le organizzazioni di classe è resistere e rilanciare in vista del 20 luglio, giorno in cui la legge dovrebbe approdare all’Assemblea Nazionale per il voto finale. I sindacati hanno già indetto una nuova giornata di mobilitazione in tutta la Francia per il 5 luglio, quando la Loi Travail approderà all’esame dell’Assemblea Nazionale. Intanto ieri i sindacati hanno consegnato al primo ministro Manuel Valls circa 750 mila firme raccolte sui posti di lavoro contro la Loi El Khomri.
Cgt e Fo – anche se alcune correnti interne più radicali non sono d’accordo – non chiedono più il ritiro totale del provvedimento ma quanto meno l’introduzione di cambiamenti significativi a partire dal famigerato articolo 2, quello che permette la deroga generalizzata ai contratti nazionali a favore dei contratti aziendali.
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