02/06/2019
Honduras - Nuova ondata di scioperi in
Il 31 maggio, in Honduras, si è svolto l’ennesimo grande sciopero generale contro il neoliberismo e contro l’ondata di privatizzazioni (ad es. della sanità) messa in atto dal governo del presidente Juan Orlando Hernández del PNH (Partido Nacional Honduregno) che ha assunto il suo secondo mandato il 27 gennaio del 2018. Aeroporto bloccato e manifestazioni enormi.
Nelle piazze di tutto il paese si grida “Fuera JOH!”, ovvero, contro il presidente figlio del golpe che destituì il legittimo presidente honduregno Manuel Zelaya, 10 anni fa. A guidare le proteste l’opposizione formata dai sindacati, dal partito LIBRE (Libertad y Refundación) e dal partito PINU-SD ( Partido Innovación y Unidad Social Demócrata).
Negli anni successivi al golpe, la feroce repressione ed un tasso di omicidi altissimo ha causato la fuga di decine di migliaia di rifugiati negli Stati Uniti. Ironia della sorte, come Segretario di stato, Hillary Clinton per prima respinse la concessione di asilo politico e sostenne la loro deportazione. Dopo il colpo di stato, sottolinea lo storico Dana Frank, “una serie di amministrazioni corrotte ha preso il controllo criminale dell’Honduras e del governo”. La violenza legata al traffico di droga è peggiorata mentre governo e polizia sono sempre più corrotti.
La criminalità organizzata, i trafficanti di droga e la polizia ora si spartiscono il Paese. Secondo osservatori internazionali indipendenti l’Honduras è il paese più pericoloso del mondo per gli attivisti ambientali.
Recentemente diversi leader sociali e difensori dei diritti umani di Cauca, tra cui Francia Marquez Mina, vincitrice del Premio Goldman nel 2018 (considerato il “Nobel per l’ambiente”) sono scampate per miracolo ad un attacco armato da parte di forze paramilitari nella zona rurale di Santander de Quilichao, a nord di Cauca.
L’Honduras è da anni uno dei più violenti paesi del pianeta. Alcune delle sue città come Tegucigalpa e San Pedro Sula, sono tra i luoghi che registrano il più alto numero di omicidi in tutto il mondo. Non sorprende quindi che il paese abbia un sistema giudiziario inefficace e forze di sicurezza corrotte, sfruttate da tempo da queste élite, che consentono a grandi gruppi criminali che trafficano droga, a livello internazionale, come i Cachiros, di operare impunemente.
I membri di questa associazione a delinquere reinvestono i proventi delle loro aziende farmaceutiche illecite in attività lecite al fine di ottenere una loro legittimità pubblica. Oltre ai Cachiros, in Honduras sono presenti i Mara Salvatrucha (MS-13) e i Barrio 18. Ci sono anche altre organizzazioni criminali esterne al paese, che fanno grandi affari come i cartelli messicani di Sinaloa, e dei Los Caballeros Templarios, e il cartello colombiano della Valle del Cauca.
Il riconoscimento da parte dell’amministrazione Trump, nel dicembre 2017, della rielezione del presidente Juan Orlando Hernández – dopo un processo elettorale caratterizzato da profonde irregolarità, frodi e violenze – è in continuità con la politica dell’amministrazione Obama e Bush. Dal canto loro, gli Stati Uniti hanno sempre continuato a dare supporto tecnico-logistico e sostegno finanziario alle forze di sicurezza dell’Honduras nel corso di tutto il decennio successivo al golpe del 2009. La politica dell’amministrazione Trump, in un Paese che viene considerato come il “cortile di casa” di Washington, non è affatto cambiata.
Un golpe, quello di 10 anni fa, voluto e organizzato da Hillary Clinton e in generale dall’amministrazione di Barack Obama che portò all’arresto di Zelaya da parte dei militari. Il colpo di stato di quell’anno e la successiva crisi in cui è sprofondato il Paese, più di ogni altro evento, spiegano l’enorme aumento della migrazione honduregna verso il confine sud degli Stati Uniti, di cui si è parlato tanto recentemente sui grandi mezzi di comunicazione e contro cui Donald Trump ha alzato un muro.
Dopo il golpe militare gli omicidi di candidati politici dell’opposizione, sono aumentati a dismisura mentre la violenza e l’insicurezza sono state esacerbate da un collasso istituzionale generalizzato. In Honduras la mancanza di separazione dei poteri tra la CSJ (Corte Suprema de Justicia de Honduras) il Congresso e l’esecutivo, è stata denunciata dalle opposizioni e dal movimento CADH (Citizen Action against Dictatorship of Honduras). Il potere è infatti concentrato nel CDNS (Consejo Nacional de Defensa y Seguridad) presieduto dallo stesso Hernández.
Degli scioperi e delle grandi proteste di questi ultimi mesi in Honduras contro questo stato di cose e contro “il narcodittatore Hernandéz “, sui nostri media, ovviamente, non troverete nulla di nulla: non è il Venezuela.
Fonte
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