di Michele Giorgio – il Manifesto
«C’è una possibilità»
che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump incontri il capo di
stato iraniano Hassan Rohani nel prossimo futuro. Ad affermarlo, con
tono preoccupato, è stato ieri Benyamin Netanyahu, schierato contro
qualsiasi apertura all’Iran. In particolare da parte degli Usa, che nel
2018, anche per le pressioni di Israele, sono usciti dall’accordo
internazionale sul programma nucleare iraniano (Jcpoa) e hanno varato
pesanti sanzioni contro Tehran. Ma ora, dopo le iniziative del
presidente francese Macron, non si esclude più un incontro tra Trump e
Rohani – forse a margine della prossima riunione annuale delle Nazioni
Unite – e la Casa Bianca ha pubblicamente mostrato interesse per questa
possibilità. Uno sviluppo inatteso che fa infuriare il premier
israeliano, timoroso che Trump possa ripetere con l’Iran quanto ha fatto
con la Corea del Nord, all’inizio minacciata di guerra e poi coinvolta
in un dialogo difficile e a singhiozzo ma concreto.
Il programma nucleare iraniano – che Israele ritiene finalizzato ad
assemblare ordigni atomici – è solo uno degli elementi di un quadro
molto complesso. Un ipotetico inizio di relazioni più positive tra Trump
e l’Iran – che al momento appare improbabile – significherebbe una
sorta di riconoscimento statunitense del peso di Tehran nella regione
mediorientale, simile a quello fatto nel 2015 dall’ex presidente Barack
Obama con la firma del Jcpoa. Riconoscimento che finirebbe per minare il
controllo strategico esclusivo sulla regione di Israele, che in segreto
possiede armi nucleari.
Ieri Netanyahu ha affermato che non è sua intenzione dire a Trump
«chi può incontrare e quando». Ma non è così. Il primo ministro
israeliano è impegnato a scoraggiare la Casa Bianca e altri paesi dal
fare aperture alla leadership iraniana. Ha ricordato più volte nelle
ultime ore che Rohani ha annunciato che il suo paese da oggi comincerà a
produrre centrifughe avanzate per l’arricchimento dell’uranio, in
risposta alle sanzioni americane. Non sorprende che il premier
israeliano abbia scelto di lanciare il suo allarme da Londra dopo
l’incontro avuto con il primo ministro britannico e amico Boris Johnson.
I due concordano sulla necessità di contenere il «comportamento
destabilizzante» dell’Iran. Ieri a Londra era previsto anche un
colloquio tra Netanyahu e il segretario alla difesa Usa Mark Esper.
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