Ore calde nel Regno Unito, a sole due settimane dalla dead line che separa (forse letteralmente) i sudditi di sua maestà la regina Elisabetta da una uscita senza accordo con l’Unione Europea.
Sono ore calde perché in questi giorni voci ottimistiche, ma non solo, si sono rincorse su un possibile accordo che permetterebbe al premier britannico Boris Johnson di raggiungere in extremis un’intesa sul “backstop” tra l’Irlanda e l’Irlanda del nord, il quale gli permetterebbe di presentarsi a Bruxelles con i compiti a casa fatti.
Nella notte i negoziati tra i gruppi britannici e dell’Unione incaricati sono andati avanti fino a tarda ora per la preparazione di un testo di accordo legale da presentare al vertice in Belgio che si terrà nelle giornate di domani e venerdì.
Il negoziato ha registrato un’accelerazione a inizio settimana quando sia Londra che Bruxelles hanno fatto un passo di reciproco avvicinamento sull’ormai famosa questione del “backstop”, la frontiera tra le due parti dell’Irlanda su cui si gioca la partita, sia in chiave politica che economica.
Londra avrebbe infatti concesso che il Nord si allinei alle norme doganali europee, mentre Bruxelles accetterebbe che il controllo rimanga britannico, quindi sostanzialmente affidato a un paese “terzo”.
Il Dup, il Partito unionista democratico protestante nordirlandese, stamane ha smentito le voci secondo cui Westminster avrebbe promesso “billions” all’amministrazione per accettare l’accordo, mentre Bloomberg rivela che è proprio Belfast ad avere più perplessità rispetto al piano, per come prospettato, nonostante il controllo doganale dovrebbe essere piazzato nell’Ulster ma lontano dal confine vero e proprio.
Come rivela il Guardian, che nel frattempo ha attivato una pagina di aggiornamenti live come prima notizia sul proprio sito, la giornata è intensissima di appuntamenti, su cui pesa l’ultimatum posto dal capo negoziatore UE Michael Barnier per la consegna della bozza di accordo legale per stasera entro mezzanotte, da girare ai 27 paesi membri prima e al Consiglio poi in vista della prossima due giorni.
E mentre il Taoiseach (primo ministro in gaelico) irlandese, Leo Varadkar, si dice ottimista sui progressi effettuati, in Scozia invece il primo ministro Sturgeon da Aberdeen ha rilanciato la possibilità di un nuovo referendum in caso di Brexit guidata dal populista in stile-Trump Johnson, sola possibilità per il paese di rimanere eventualmente nello spazio politico-economico europeo.
Insomma, se la paura di un’uscita hard sembra questa volta aver messo in movimento una serie di proposte in grado riavvicinare le parti, la situazione pare ancora affrontare una serie di grattacapi non di secondo livello. L’indipendenza commerciale britannica, gli alleati unionisti in terra irlandese, nonché quelli scozzesi sull’isola, l’integrità del mercato unico europeo, ecc. sono nodi su cui ormai da due anni si scontrano i team dei negoziatori.
Steve Barclay, capo-negoziatore inglese, ieri ha comunque affermato che un’intesa è «ancora altamente possibile», nonostante i tempi siano oramai strettissimi. L’ultima parola, come nei migliori film horror, sarà forse raggiunta solo a ridosso della notte del risveglio dei morti.
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