17/10/2019
Catalunya tra le marce popolari e l’esplosione della rabbia
La terza giornata di mobilitazione contro la sentenza di condanna dei leader catalani responsabili del referendum del primo ottobre è iniziata di buon mattino, quando 5 marce sono partite da Berga, Vic, Girona, Tarragona e Tàrrega in direzione Barcelona. Le marce sono state indette dalla ANC e Òmnium, ma anche i CDR hanno invitato la popolazione a parteciparvi. E l’iniziativa si è rivelata un successo, con migliaia di manifestanti che hanno risposto all’appello in un giorno lavorativo e hanno seguito il primo tratto del percorso previsto.
Nel corso della giornata i CDR hanno chiesto invano spiegazioni al Presidente della Generalitat riguardo all’operato della polizia catalana, distintasi nella repressione delle proteste fianco a fianco con le forze dell’ordine dello stato spagnolo. Anche la richiesta della CUP, che aveva reclamato un differente modello per la sicurezza, è stata completamente ignorata.
Il governo di Barcelona sembra aver accettato il ricatto del PSOE e aver abbandonato qualsiasi tentativo di gestione dell’ordine pubblico sgradita alle forze dell’ordine statali, nell’intenzione di scongiurare così un nuovo commissariamento della Generalitat e la propria destituzione. Davanti a questa capitolazione, la rabbia dei manifestanti è esplosa nella notte soprattutto a Barcelona.
Qui i Mossos hanno disperso in serata una nutrita concentrazione davanti al ministero dell’interno catalano. I manifestanti però sono rimasti sul posto, riorganizzando le proprie fila dopo le cariche e incendiando diversi cassonetti per formare una rudimentale barricata all’incrocio tra il carrer Napols con la Gran Via.
I giovani hanno lanciato bottiglie e pietre mentre i Mossos d’Esquadra e la Policia Nacional hanno sparato proiettili di gomma e poliuretano finché le “forze dell’ordine” si sono trovate improvvisamente sopraffatte e sono state costrette a retrocedere, abbandonando la piazza in mezzo alle grida che reclamavano “libertà per i prigionieri politici” e “fuori le forze d’occupazione”.
A due anni dal referendum del primo ottobre e dalla detenzione dei leader catalani, l’egemonia della ANC e di Òmnium sulla piazza indipendentista non è più scontata e ieri è esplosa la rabbia a lungo covata. Il presidente catalano Torra non ha trovato di meglio che parlare di provocatori e di infiltrati in una dichiarazione, rilasciata in tv intorno alla mezzanotte, che contribuisce all’opera di criminalizzazione dei settori più radicali dell’indipendentismo.
Dal canto loro i CDR hanno affermato che “la rabbia nelle piazze è il risultato di un governo che si nega a rispettare il mandato popolare del primo ottobre e che ci reprime con tutta la violenza di cui è capace”.
Al termine della concentrazione di Tarragona, i Mossos hanno effettuato alcuni caroselli con i furgoni blindati e hanno investito due persone: uno dei due feriti si trova in ospedale con un trauma cranico per il quale non è ancora stata sciolta la prognosi. Tafferugli e scontri si sono verificati nella notte anche a Lleida, Manresa e Girona.
È stata inoltre confermata la notizia di un giovane aggredito dalla Policia Nacional, lunedì, all’aeroporto di Barcelona: la vittima ha subito un pestaggio in seguito al quale i medici gli hanno dovuto praticare l’asportazione di un testicolo.
Ieri si è anche svolta a Madrid una manifestazione di solidarietà con i prigionieri politici catalani che si è tenuta alla Puerta del Sol. L’iniziativa è stata minacciata dalla presenza di un gruppo di estrema destra che ha cercato di irrompere nella piazza e che è stato tenuto a distanza dalla polizia.
Per oggi si prevede che le marce popolari si avvicinino ulteriormente alla capitale catalana, mentre sono in programma manifestazioni degli studenti in varie città e si prepara lo sciopero generale di venerdì.
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