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15/10/2019

Ecco gli errori commessi con Erdogan e le conseguenze

Adesso che centinaia di jihadisti scappano dalla carceri curde si teme ovviamente una rinascita dell’Isis: Erdogan piazzerà i jihadisti nella “fascia di sicurezza” del Rojava preso ai curdi e si prepara a diventare il capo di un nuovo mini-Califfato alla sua maniera. Basterebbe questo per giustificare un intervento militare internazionale che comunque verrebbe (ma probabilmente non verrà) dopo una catena di errori esiziali. Vediamoli.

Il primo è stato un colossale errore di valutazione: ritenere Erdogan affidabile e diventare suoi complici già nel 2011 nell’invio dei jihadisti in Siria per abbattere Assad. Questa è stata la politica del segretario di stato Hillary Clinton che paghiamo ancora adesso. Quando in Siria nel 2015 è intervenuta la Russia Erdogan ha capito la guerra contro Damasco era persa e che gli occidentali non avrebbero mai sbalzato dal potere il regime. Con la comparsa dell’Isis gli americani – nell’ambito di una coalizione di cui fanno parte Gran Bretagna Francia, Italia e diversi altri Paesi – si sono alleati con i curdi siriani, ovvero con quelli ritenuti da Ankara i peggiori nemici. A questo punto Erdogan ha negoziato con russi e iraniani, ha acquistato le batterie dei missili da Putin ed è virtualmente uscito dalla Nato. Considerarlo ancora un alleato come si fa in Occidente è un puro esercizio retorico: ha minacciato i Paesi Nato ed europei con ondate di profughi, per i quali riceve miliardi di euro dall’Unione, ha umiliato gli Usa bombardando i loro alleati curdi, ha calpestato il diritto internazionale.

Il secondo errore è stato in questi anni accettare l’arroganza di Erdogan senza mai intervenire con decisione. La lista è lunga ma comincia con le manifestazioni di Piazza Taksim del 2013 e con la pesante repressione di ogni protesta. Poi nel 2015 invece di trovare un accordo con i curdi della Turchia, dopo avere perso la maggioranza assoluta alle elezioni, li ha bombardati e raso al suolo intere città come Cizre: nessuno ha detto una parola. Allo stesso tempo invece di fare la guerra al Califfato sosteneva i jihadisti sia contro Assad ma soprattutto contro i curdi temendo che ai suoi confini si formasse uno stato curdo. E anche qui nessuno ha detto niente.

Dopo il fallito colpo di stato del 15 luglio del 2016 in Turchia si è abbattuta un’altra spaventosa repressione e sono stati incarcerati indiscriminatamente decine di migliaia di persone, fino ad arrestare giornalisti, scrittori e a mettere in carcere la dirigenza del partito Hdp filo-curdo, quello che per altro ha consentito con i suoi voti all’opposizione del partito repubblicano Chp di battere il partito islamista Akp di Erdogan alle municipali in cui ha perso il sindaco di Istanbul e Ankara. E anche sulla repressione dei curdi dell’Hdp qui sono stati tutti zitti per non irritare la Turchia.

Il terzo errore ha portato al massacro dei curdi. Come potevano essere aiutati? Sarebbe bastato che Usa ed europei della coalizione anti-Isis avessero dotato i curdi di armi per la contraerea: gli avrebbero lasciato almeno la possibilità di difendersi dai raid turchi. Non solo i curdi sono stati abbandonati politicamente e militarmente ma gli Stati Uniti li hanno esposti come bersagli, civili compresi.

Se non sarà posto rimedio fermando in ogni modo Erdogan ci saranno due conseguenze. La prima è che Erdogan continuerà a ricattare l’Occidente e fare quello che gli pare, dopo avere disarticolato anche la Nato, sulla carta la più potente alleanza militare del mondo. La seconda è che gli Usa e gli europei perderanno ogni credibilità nel Mediterraneo e in Medio Oriente, al punto che per chiunque diventerà più facile colpire i loro interessi nel campo della sicurezza, delle migrazioni, dell’economia. Il resto sono tutte chiacchiere da bar sport.

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