di Alessandra Daniele
È
un trope classico del noir: un’eterogenea banda di criminali si mette
insieme controvoglia per organizzare una rapina. Il colpo riesce
fortunosamente, ma subito dopo i complici cominciano a litigare per
spartirsi il bottino, finendo per ammazzarsi tutti a vicenda.
Una delle caratteristiche del trope è sembrare sempre un po’ una
forzatura fatta apposta per dimostrare che il crimine non paga, che
tutti i fuorilegge sono sociopatici autodistruttivi, e che possono
sfuggire alla polizia, ma non al karma.
Spesso si finisce per pensare “Ma dai, nella realtà nessuno sarebbe così testa di cazzo”.
E invece.
Renzi il cannibale punta a ingrassarsi spolpando il PD, il pentito Di
Maio rimpiange i suoi precedenti complici e continua a imitarli, il
commissariato Zingaretti sogna di rifugiarsi all’opposizione mentre a
Salvini ci pensa lo Spread, il sòla Di Battista cerca come sempre di
fare le scarpe a Di Maio.
Mes, Mef, Mise, Mose, ogni crisi è un’opportunità per sputarsi in
faccia, spararsi alle spalle, cavarsi gli occhi, buttarselo in culo.
Il governo Conte bis però non è un noir. È un horror.
La versione horror del Giorno della Marmotta.
Sembra uno degli inferni del Bardo Thodol.
Ogni giorno i complici si massacrano, si sbudellano, si fanno a pezzi. E
ogni giorno si risvegliano di nuovo al punto di partenza.
Il governo Conte bis non è nato, è stato assemblato con pezzi di cadavere. Non è mai stato vivo, quindi non può morire.
I complici possono soltanto continuare a pestarsi a vicenda, finché servirà a chi li ha assemblati.
Poi cadranno spiaccicati al suolo, come quei pezzi di carne morta che sono già da tempo.
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