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15/06/2016

La Brexit spiegata in due parole

Volete capire il significato concreto, materiale, dell’eventuale uscita dalla Ue della Gran Bretagna? Volete comprendere i motivi profondi che hanno portato al referendum del 23 giugno? Ian McEwan, il famoso(?) scrittore inglese, li elenca in forma sinteticamente perfetta sul Corriere di alcuni giorni fa. Certo, la sua è una dimostrazione involontaria: l’intervista compone una serie di lapsus che neanche Freud nei momenti migliori. Lo scrittore, cercando di spiegare le buone ragioni della permanenza inglese nell’Unione europea, offre al contrario una panoramica eccellente dei motivi per cui la Ue andrebbe abbattuta senza rimorsi. Ma lasciamo parlare il celebre (a questo punto) gaffeur: “I più anziani, i meno istruiti e la working class vogliono lasciare la Ue, i giovani e le élite restare”. Ecco definiti in una riga i campi sociali della battaglia oggi in corso tra “europeisti” e “antieuropeisti”: da una parte i lavoratori, dall’altra le élite sociali. Questa che per l’imbranato scrittore dovrebbe essere la conferma della saggezza riposta nell’appartenenza alla Ue si dimostra, al contrario, un’arma rivolta contro ogni ipotesi di europeismo. Involontariamente McEwan svela a chi conviene la Ue e chi invece rimane fregato. Ma proseguiamo: “Tutta l’élite culturale in Gran Bretagna vuole restare in Europa, e questo genera sospetti presso chi non ne fa parte. [e grazie al cazzo, ndr] Tra i miei amici, non ne conosco uno che voglia uscire dall’Europa”. McEwan, cercando malamente di aiutare le sorti della permanenza, continua al contrario ad alimentare le ragioni in favore dell’uscita, ribadendo il concetto tanto lampante quanto scontato: sono le classi privilegiate, ricche, integrate, benestanti, a voler rimanere nella Ue. Tutti gli altri, la stragrande maggioranza della popolazione, intuisce la fregatura. Anche quelli che alla fine voteranno per la permanenza lo faranno più per sottomissione ideologica che per convinzione economica o politica. Più per “paura dell’ignoto” che per soddisfazione del presente.

Fosse un onesto cittadino qualsiasi, inoltre, potremmo anche accogliere la confusione di questo messaggio come “falsa coscienza necessaria”. Trattandosi invece di un rinomato appartenente all’élite culturale europea, la truffa di questo discorso è smascherata: la Gran Bretagna non sta “uscendo dall’Europa”, ma dalla Ue. Non sta salutando il territorio continentale, il rapporto con la sua cultura, eccetera. Nel caso vincessero i favorevoli alla Brexit, la Gran Bretagna abbandonerebbe una struttura politico-economico specifica, liberista e imperialista, che esiste da pochissimi anni e che non c’entra nulla con l’Europa tanto come entità geografica quanto come entità popolare o culturale. L’inganno è d’altronde talmente palese da generare il più classico dei panegirici ideologici eurocentrici razzisti: “In potenza, l’ideale europeo è uno dei più sofisticati e civilizzati frutti del pensiero umano.[…] L’Europa comincia ad apparire come il posto più sofisticato e ragionevole nel pianeta. L’Europa potrebbe essere l’ultima speranza del pianeta Terra”. Ma quando mai. L’Europa neo-coloniale che esporta guerre ai suoi confini (Balcani, Ucraina, Medio Oriente, Sahel) e che uccide i migranti che fuggono da quelle stesse guerre rappresenta tutto tranne “l’ultima speranza del pianeta Terra”. E’ un incubo, dal quale speriamo di svegliarci il prima possibile. Certamente l’eventuale Brexit è un fenomeno tutto circoscritto alle classi dominanti, senza alcuna capacità di orientamento da parte delle sinistre o delle classi lavoratrici (“sinistre” che si affannano a convincere i propri elettori della bellezza della Ue, a proposito di distacco epocale tra rappresentanza politica e ragioni del lavoro). Nonostante ciò, potrebbe produrre una reductio economico-finanziaria della Ue da non sottovalutare. E’ un processo controverso, ma foriero di grandi possibilità.

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