Tonfo in Borsa per Unicredit dopo l'aumento di capitale e titolo altalenante anche nei giorni seguenti. Cosa succede alla banca?
"Il titolo Unicredit ha perso nel 2011 quasi il 55% del suo valore. Voglio ricordare che Unicredit, quando ha fatto la fusione con Capitalia, capitalizzava circa 100 miliardi di euro, e il titolo aveva un valore di circa 8 Euro. Unicredit ai valori del 9 gennaio 2012, capitalizzava qualcosa come 8 miliardi di Euro. Secondo noi c'è stata speculazione sul titolo, sulle opzioni e sui diritti al punto che Adusbef ha presentato esposti alle procure della Repubblica di Roma e Milano chiedendo di accertare se ci siano stati comportamenti di aggiotaggio, insider trading e turbativa dei mercati e se sia stato violato il divieto dello short selling,ossia delle vendite allo scoperto. Ho appreso che il Direttore generale Nicastro avrebbe affermato da Palermo che sui titoli di Unicredit starebbe indagando la Consob. Noi della Consob non ci fidiamo perché è la stessa Consob che ha dato a questo aumento di capitale un nullaosta penalizzante
per i diritti dei piccoli azionisti che si sono visti diluire il valore
delle loro azioni e che hanno fatto fatica a sostenere l'aumento di
capitale, a differenza dei grandi speculatori, dei grandi azionisti che
hanno fatto tutto quello che hanno voluto anche con il ricorso a
strumenti derivati di copertura. Noi ci fidiamo di più della
Magistratura che della Consob, una Consob spesso collusa con Unicredit e con gli interessi delle banche e dei banchieri.Unicredit, direbbe Beppe Grillo, è una banca tecnicamente in default, una grande banca che ha fatto una serie di iniziative,di acquisizioni sotto la guida dell'ex a.d. Profumo che veniva elogiato da una stampa di regime
afflitta da quella cupidigia di servilismo di cui parlava l'economista
Paolo Sylos Labini. Addirittura a Profumo era stato conferito l'epiteto
di Alessandro Il Grande. Abbiamo visto com'è andata a finire, si è preso una liquidazione scandalosa di 42 milioni di Euro e la banca è in una fase davvero di grande rischio. Come Adusbef
abbiamo ricevuto tantissime segnalazioni dei piccoli azionisti, dei
risparmiatori che addirittura temono per i loro depositi. Ancora una
volta è la nemesi storica di un sistema bancario e di banche che ricevono soldi dalla Bce al tasso dell'1%, qualcosa come 210 miliardi di Euro,
e invece di impiegarli per far ripartire l'economia, non fanno nulla,
li mettono nella Banca Centrale Europea allo 0,25% perché non si fidano
di loro stesse. E se le banche non si fidano di loro stesse e hanno
depositato presso la Bce qualcosa come 471,4 miliardi di Euro
alla data del 9 gennaio 2011, è davvero difficile che i consumatori e
gli utenti vessati e taglieggiati possano fidarsi delle banche e di
questi banchieri. Non io, ma il principe dei tributaristi venuto in
Senato nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulla riforma fiscale, il
prof. Victor Uckmar, ha appioppato ai banchieri l'epiteto di 'gangster'.
La situazione di Unicredit è lo specchio del paese e mentre negli Stati
Uniti d'America, i banchieri che hanno prodotto la crisi vanno in
galera, in Italia e in Grecia sono direttamente al governo e sfornano
ricette per addossarne i costi a lavoratori e pensionati."
Dunque, Unicredit è in default?
"Il termine default per Unicredit non è stato inventato da me, ma utilizzato da Fabio Fazio, il conduttore di "Che Tempo che Fa", nell'intervista sdraiata a Mario Monti domenica 8 gennaio su Raitre. "Ci sono oggi notizie su grandi gruppi bancari italiani a rischio default, fra questi UniCredit....",
esordisce Fabio Fazio a "Che Tempo che Fa" di fronte al presidente del
Consiglio Mario Monti, entrando nel vivo dei temi di finanza
internazionale che da oltre sei mesi monopolizzano l'attenzione
dell'opinione pubblica. Aggiungo che una banca che fa tre aumenti di capitale, penalizzanti per i piccoli investitori è tecnicamente in default. Voglio anche ricordare che Unicredit è la banca dei derivati avariati
che ha appioppato alle piccole e medie imprese con il ricatto del
mancato rinnovo dell'affidamento, come è dimostrato dagli atti
giudiziari riguardanti la Divania di Bari, un'impresa solida che esportava in tutto il mondo ed impiegava centinaia di persone e poi fallita."
Quale futuro prevede per Unicredit?
"Non prevedo un futuro roseo soprattutto per i lavoratori, perché quando c'è da tagliare le banche si rivalgono in primis sui dipendenti. Ci sono 5/6 mila posti di lavoro, forse anche di più, a rischio,
dunque uno scenario preoccupante che è l'esatto contrario di quello,
ottimistico, profetizzato dalla stampa di regime. Aggiungo anche che le
banche italiane hanno chiuso i rubinetti del credito,
strozzando le piccole e medie imprese ossatura dell'economia, chiedono
il rientro del fido con un preavviso di 24 ore, gettando nella
disperazione o inducendo a gesti estremi imprenditori col senso
dell'onore e stanno addirittura aumentando i costi dei servizi bancari. Voglio ricordare che tali costi, secondo la Commissione europea ed il rapporto del commissario Michel Barnier, sono di 295,66 Euro in Italia,
contro una media di 114 Euro dell'Europa a 27. Quindi i cittadini
italiani consumatori hanno versato a Unicredit e alle 'virtuose' banche
italiane un pizzo di 4,2 miliardi di Euro l'anno in
più. Ed il costo del denaro è di uno 0,50 superiore sui mutui prima
casa. Questi fanno quello che vogliono, ma la vera anomalia da
risolvere, io ho cercato di farlo in tanti modi, si chiama Banca d'Italia
che è una banca i cui principali azionisti, col 66%, sono Unicredit e
Intesa San Paolo. Dunque, è il controllore che è direttamente
controllato dal vigilato."
Fonte.
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