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08/02/2012

Una stagione d'inganni

E’ iniziata una nuova stagione di inganni, di tipo diverso, dopo quella durata poco meno di vent’anni, in cui fu soprattutto all’ordine del giorno la finzione dello scontro tra destra e sinistra, tra liberismo e statalismo. Si trattò in realtà della stagione in cui, approfittando del “crollo del muro” e soprattutto dell’Urss (una storia ancora da scrivere perché anch’essa completamente mistificata), venne posta in atto la liquidazione del vecchio regime Dc-Psi (e pentapartito), cercando di dare tutto il governo in mano a coloro che, mantenendo l’etichetta di “comunisti” (e quindi l’aggancio a quei comparti di lavoratori salariati ancora abbastanza illusi), avevano già condotto a conclusione la lotta del “movimento operaio”, favorendo in particolare la sconfitta del 1980 alla Fiat (marcia dei “quarantamila quadri”, ecc.), nel mentre portavano in primo piano quella massa informe del “ceto medio semicolto”, vivente di parassitismo “pubblico” grazie ai compromessi (in  realtà cedimenti e cambio di campo) degli anni ’70: “concertazione” (1975) e “compromesso storico” (iniziato soprattutto con il governo Andreotti di sostanziale unità nazionale nel 1976).
Chi forse non ebbe il coraggio di denunciare apertamente quanto stava accadendo, limitandosi a tenere sotto controllo l’evolversi degli eventi (credendo cioè di tenerlo sotto controllo), fu rapito e poi eliminato dalla scena politica nel 1978, con la sostanziale connivenza di settori Dc e Pci, ben consci di quanto si stava verificando. Si verificò una svolta, tuttavia ben mascherata, con il ben noto viaggio piciista negli Usa proprio durante il rapimento Moro, punto di partenza di avvenimenti svoltisi in molti anni successivi, che ebbero sbocco decisivo al momento del suddetto crollo dell’Urss, continuando però a protrarsi fino ai giorni nostri, fino all’attuale governo Monti, governo di svendita totale del paese agli interessi del predominio centrale della New America (obamiana).
Subito dopo il crollo sovietico, approfittando dell’atteggiamento pienamente servile di Eltsin, gli Usa furono sicuri di poter perseguire una politica apertamente “imperiale”, evidentemente convinti (come lo si fu quasi generalmente) di trovarsi ormai in una fase storica di sostanziale monocentrismo. Una volta attuatisi alcuni decisivi mutamenti, in particolare all’interno della pur indebolita Russia, la politica statunitense ha subito un revirement sufficientemente subitaneo (in termini di tempi storici), tale da avere pesanti influssi sul nostro paese. In un primo tempo, la pantomima della lotta tra destra (non prevista nello schema pensato da Clinton con la complicità italiana della Confindustria agnelliana) e la sinistra (pura accolita di rinnegati che si voleva portare al centro del nuovo regime, utilizzando in particolare la magistratura), non creò troppi problemi. Berlusconi non era certo pericoloso per gli Usa, qualche “libertà di manovra” (con Putin e poi Gheddafi, ecc.) non sembrava creare speciali problemi. Tanto più che questo squassante conflitto tra le inesistenti “destra” e “sinistra”, in realtà solo incentrato sulla polemica intorno ad una persona considerata il male assoluto, ha fatto sparire dall’orizzonte ogni reale scontro di progetti politici, di valori, ecc.
Nessuna reale differenza tra i due schieramenti. Entrambi liberisti a parole, entrambi falsi nell’indicare il nemico con semplici etichette: Berlusconi rappresentava l’ascesa del fascismo per la “sinistra”, gli altri erano ancora comunisti per i “berluscones”. Si è annientato ogni senso critico, ogni memoria storica di processi con le loro caratteristiche ben precise; si sono creati gruppi di presunti dirigenti politici che non sanno dirigere alcunché data la loro totale ignoranza di che cosa dovrebbe essere realmente una destra e una sinistra nel sistema di alternanza detta (pur solo formalmente) democratica in un sistema capitalistico dotato di un minimo di autonomia in sede internazionale. La falsa sinistra ha solo un po’ difeso i ceti sociali (suoi elettori), viventi del “pubblico” dopo i fasti del “compromesso storico”, ma sempre sostenendo principi dichiarati liberisti da applicare ad altre categorie sociali, in genere quelle più utili e produttive per il sistema.
La destra ha tanto blaterato sulla funzione dei lavoratori autonomi e piccolo-imprenditoriali, impegnandosi a parole ad alleviare il peso fiscale gravante su di loro, e non combinando in realtà nulla in questa direzione. Ha lanciato mille strali contro l’inefficienza delle burocrazie statali, ma ha poi tentato di infilarvi il massimo possibile di suoi adepti. Entrambi questi schieramenti fasulli si sono dedicati al tiro al bersaglio contro gli evasori fiscali, sbagliando grossolanamente la mira; e guai se non fosse stato così. E via dicendo. Adesso che la stagione è cambiata, cioè è cambiata la “musica strategica” della New America, finalmente si è rivelata in modo palese l’indistinzione tra destra e sinistra. Essere pro o contro Berlusconi è ormai un’operazione attardata, cui ancora si dedicano gli stupidi fan dei due schieramenti mentre i “maggiorenti” sono ben consci che una stagione è finita e non sanno tuttavia come orientarsi. Per il momento, ci si dedica ancora a scagliarsi addosso fango per corruzione, per manchevolezze di questo o di quello, per speculazioni in vendita o acquisti di palazzi, ecc. La politica è ormai sparita, la fanno i nuovi governanti sotto copertura di finte esigenze tecniche, manovrando speculazioni di Borsa, sui titoli del Debito, coadiuvati da giudizi dissennati (che tutti sanno essere privi di fondamento) delle società di rating.
Mai si era in effetti giunti ad un livello più basso. La popolazione di questo paese – in altri non si va molto meglio, comunque credo che il nostro livello sia infimo – è stata ormai per l’essenziale deprivata di qualsiasi capacità di giudizio. Ci sono solo gli intelligentoni del ceto medio semicolto, quelli che nemmeno più scrivono in italiano, a blaterare sulla “società dell’informazione”, sulla capacità dei media di ingannare chiunque; per cui chi li controlla fa ciò che vuole. Tali idiozie servivano fin quando si credeva di poter sostener che Berlusconi, il Mostro, aveva in mano tutti i mass media. Non appena questi parlano bene dei beniamini di tale ceto sociale decerebrato, respinge le accuse loro dirette, racconta balle incredibili per giustificare le più truci e assassine operazioni degli Usa e dei loro scherani italiani, ecc., allora tutto è oro colato, l’informazione è corretta e credibile.
2. Apartire dal 2009-10, con una netta e irreversibile precipitazione l’anno scorso, Berlusconi – fingendosi sempre scontento e in contrasto con le mosse dei suoi “nemici” (fra cui faceva almeno intendere ci fosse anche Napolitano) e sostenendo di essere da loro impedito a governare come avrebbe voluto – ha attuato il suo “suicidio” politico. Non credo si tratti solo di salvarsi dai processi (al momento, non sembra aver conseguito grandi vantaggi, ma forse è ancora troppo presto per giudicare) e di mettere al sicuro le proprie aziende. In realtà, a mio avviso, egli teme per la sua pelle e forse pure per quella dei suoi famigliari. In ogni caso, non deve ritirarsi subito e completamente dalla scena, allo scopo di contribuire invece, oltre che al suo completo sfarinamento, anche a quello del partito di gelatina messo in piedi attorno a lui. Ha cominciato dando impostazione demenziale alla campagna elettorale per le amministrative e per il referendum. Ha progressivamente invogliato decine di persone ad abbandonarlo visto che ormai la nave (quella nave) stava affondando. Adesso continua ad appoggiare un governo illiberale, un governo delle “tasse” (che lui ha promesso invano per vent’anni di abbassare), ha tradito tutto e tutti, sta mostrando il suo lato più vigliacco.
Due sono le ipotesi azzardabili. O ha promesso a Obama (quando questi gli concesse: “non caschi o caschi in piedi”) di azzerare quanto fatto, con il permesso della Old America bushiana, fino al 2009 (soprattutto a partire dal 2003, quando ricevette Putin che tornava da Libia e Algeria). Oppure mira a mantenere in piedi un partitino del 15 o anche solo 12%, con cui fare in qualche modo da ago della bilancia (o almeno uno degli aghi). Tentativo, se veramente questo fosse il suo intento, un po’ cervellotico; in quanto non ha l’età di Craxi (ed è privo del naso politico di quest’ultimo). Solo il futuro (non lontano) ci chiarirà il “mistero” di questo suo atteggiamento apparentemente autodistruttivo. Per il momento, teniamo presente sia l’intervista data al Financial Times sia le notizie riportate dal Corrierone anche (soprattutto) in merito al suo cordiale colloquio riservato (ma non troppo, visto che è stata consentita la diffusione della notizia senza mugugni del presdelarep) con Napolitano. E’ chiaro che Berlusconi ha senz’altro il primo premio in merito agli inganni perpetrati dall’anno scorso ad oggi; e continuerà senz’altro così senza più tentennamenti. In ogni caso, un’epoca (da non rimpiangere) è finita, è alle spalle.
Altra finzione è la proposta avanzata da qualcuno di rieleggere Napolitano a presidente della repubblica (mi sono rassegnato a scrivere in maiuscolo il cognome perché così solitamente si fa). Mai accaduto finora che un presidente, come negli Usa, possa svolgere un secondo mandato. Se poi si considera che il personaggio è del 1925, risulta evidente la follia del semplice ventilare un’ipotesi del genere. In realtà, non credo ci sia alcun pericolo che si verifichi un simile sconcio. Il “terrore” viene sparso solo per preparare gli animi all’elezione di un uomo grigio e incolore tipo Prodi o, ancor meglio, Monti; o comunque di qualcuno che garantisca la più assoluta obbedienza allo straniero statunitense (mascherata al momento da un’ottusa polemica antitedesca e antifrancese, ma fino a “nuovo ordine”). Anche la torsione presidenzialistica, fatta subire da Napolitano all’istituzione “repubblicana”, non è preparatoria di chissà quale “sfondamento” della Costituzione. E’ semplicemente servita ad adeguarsi alla New America obamiana e alla sua strategia, cui l’Italietta non era ancora preparata a dovere.
Vedrete che, con il nuovo (grigio) presidente e con un qualche “governo di unità nazionale” (cioè di svendita completa del paese), tutto rientrerà nella norma. Intanto, si stanno preparando le basi, dopo vent’anni di ignobile pantomima pro o contro Berlusconi, per un grande pateracchio che annulli inutili polemiche per sfruttare l’astio tra ceti sociali al fine di meglio imporre il volere di chi intende distruggere ogni residua autonomia italiana e quei pochi punti di forza industriali che potevano sostenerla. Il governo attuale, mutatis mutandis, può essere paragonato al CNT libico, debole ma che si regge sul contrasto tra tribù. Qui abbiamo solo clan e corporazioni, ma il problema ha somiglianze con quello.
Si è accresciuta oltre ogni limite tollerabile la pressione fiscale e si sono compiute liberalizzazioni demenziali, che nulla hanno a che vedere con gli insegnamenti di liberisti di effettivo peso (non ci si richiami ad Hayek, per favore, lo si insulterebbe). Si tratta semplicemente di modi per peggiorare la qualità dei servizi, per indurre a disunioni e guerre intestine certe professioni o mestieri. Dire che ci saranno vantaggi per la crescita (lasciamo perdere lo sviluppo) fa semplicemente ridere in una fase storica di depressione cronica che – possiamo ormai predirlo con buona tranquillità – durerà assai a lungo pur se non riguarderà egualmente tutti i paesi, così come fu negli ultimi decenni del XIX secolo. Tuttavia, il centrosinistra ha valutato con favore simile scempio dovuto alla demenza di finti economisti, autentici tromboni come solitamente sono i “tecnici”, che non vedono a più di un cm. di distanza.
Si è però nel contempo toccato (in realtà gravemente danneggiato) il sistema pensionistico; adesso si vuol mettere mano all’art. 18 nel mentre un individuo, che ha mille posti fissi (l’ultimo regalatogli da Napolitano in Senato per meglio attrezzarlo al lavoro di “scasso”), dichiara essere una noia mortale il posto a vita di cui, in sostanza, solo i prof. e pochi altri godono veramente. Questo ha sollecitato gli entusiasmi del centro-destra. Berlusconi si è in un certo senso “innamorato” di Monti, lo ha indicato quasi come suo successore “naturale”. Dobbiamo renderci conto che quanto avvenuto, certo con grande rapidità, è soltanto l’emersione di un lavorio durato alcuni anni, già quando era ancora apparentemente in auge la Old America dei “neocon”. Abbiamo più volte parlato della nuova strategia del caos, venuta in piena evidenza con la presidenza Obama. Poiché appare evidente la sua rielezione (se non altro per demerito dei repubblicani, assai sbiaditi, più che per suoi specifici meriti), tale strategia dovrebbe durare ancora per i prossimi anni.
Tuttavia, debbo ammettere di nutrire qualche dubbio sul fatto che si possa definire “del caos”; a quanto sembra, ciò che crea è piuttosto un pantano o forse, detto ancor meglio, le sabbie mobili, in cui quanto più ti agiti tanto più affondi e crepi. E’ un discorso che va fatto con calma in altra sede. Rendiamoci però conto di essere entrati in un periodo di “disastro nazionale”, in mano ad autentici servi della potenza statunitense, guidata da gruppi criminali che stanno comunque demandando compiti vari a sicari, anche dotati di una certa (apparente) autonomia. L’Italia non ne ha più alcuna, è terra di colonizzazione; dobbiamo meglio renderci conto, attraverso un’analisi accurata, della struttura sociale – frutto di una certa storia dalla seconda guerra mondiale in poi – che coadiuva i nostri “dominatori”.


Tantissima carne al fuoco in quest'articolo, a tratti anche troppa considerando l'oggettiva tortuosità dell'argomento e l'altrettanto oggettiva difficoltà a dipanarlo a chiare lettere.
In ogni caso, trovo eccessivamente limitante l'aver ridotto il discorso al mero rapporto di sudditanza di capitalismo e politica italiana verso i propri omologhi statunitensi.
Per come la vedo io, la finanza non è uno strumento geopolitico degli stati, sono gli stati ad essere strumento e campo di battaglia della finanza, che non conosce più bandiera, ammesso che ne abbia mai avuta una.

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