E’ iniziata una nuova stagione di
inganni, di tipo diverso, dopo quella durata poco meno di vent’anni, in
cui fu soprattutto all’ordine del giorno la finzione dello scontro tra
destra e sinistra, tra liberismo e statalismo. Si trattò in realtà della
stagione in cui, approfittando del “crollo del muro” e soprattutto
dell’Urss (una storia ancora da scrivere perché anch’essa completamente
mistificata), venne posta in atto la liquidazione del vecchio regime
Dc-Psi (e pentapartito), cercando di dare tutto il governo in mano a
coloro che, mantenendo l’etichetta di “comunisti” (e quindi l’aggancio a
quei comparti di lavoratori salariati ancora abbastanza illusi),
avevano già condotto a conclusione la lotta del “movimento operaio”,
favorendo in particolare la sconfitta del 1980 alla Fiat (marcia dei
“quarantamila quadri”, ecc.), nel mentre portavano in primo piano quella
massa informe del “ceto medio semicolto”, vivente di parassitismo
“pubblico” grazie ai compromessi (in realtà cedimenti e cambio di
campo) degli anni ’70: “concertazione” (1975) e “compromesso storico”
(iniziato soprattutto con il governo Andreotti di sostanziale unità
nazionale nel 1976).
Chi forse non ebbe il coraggio di
denunciare apertamente quanto stava accadendo, limitandosi a tenere
sotto controllo l’evolversi degli eventi (credendo cioè di
tenerlo sotto controllo), fu rapito e poi eliminato dalla scena politica
nel 1978, con la sostanziale connivenza di settori Dc e Pci, ben consci
di quanto si stava verificando. Si verificò una svolta, tuttavia ben
mascherata, con il ben noto viaggio piciista negli Usa proprio durante
il rapimento Moro, punto di partenza di avvenimenti svoltisi in molti
anni successivi, che ebbero sbocco decisivo al momento del suddetto
crollo dell’Urss, continuando però a protrarsi fino ai giorni nostri,
fino all’attuale governo Monti, governo di svendita totale del paese
agli interessi del predominio centrale della New America (obamiana).
Subito dopo il crollo sovietico,
approfittando dell’atteggiamento pienamente servile di Eltsin, gli Usa
furono sicuri di poter perseguire una politica apertamente “imperiale”,
evidentemente convinti (come lo si fu quasi generalmente) di trovarsi
ormai in una fase storica di sostanziale monocentrismo. Una
volta attuatisi alcuni decisivi mutamenti, in particolare all’interno
della pur indebolita Russia, la politica statunitense ha subito un revirement
sufficientemente subitaneo (in termini di tempi storici), tale da avere
pesanti influssi sul nostro paese. In un primo tempo, la pantomima
della lotta tra destra (non prevista nello schema pensato da Clinton con
la complicità italiana della Confindustria agnelliana) e la sinistra
(pura accolita di rinnegati che si voleva portare al centro del nuovo
regime, utilizzando in particolare la magistratura), non creò troppi
problemi. Berlusconi non era certo pericoloso per gli Usa, qualche
“libertà di manovra” (con Putin e poi Gheddafi, ecc.) non sembrava
creare speciali problemi. Tanto più che questo squassante conflitto tra
le inesistenti “destra” e “sinistra”, in realtà solo incentrato sulla
polemica intorno ad una persona considerata il male assoluto, ha fatto
sparire dall’orizzonte ogni reale scontro di progetti politici, di
valori, ecc.
Nessuna reale differenza tra i due
schieramenti. Entrambi liberisti a parole, entrambi falsi nell’indicare
il nemico con semplici etichette: Berlusconi rappresentava l’ascesa del
fascismo per la “sinistra”, gli altri erano ancora comunisti per i
“berluscones”. Si è annientato ogni senso critico, ogni memoria storica
di processi con le loro caratteristiche ben precise; si sono creati
gruppi di presunti dirigenti politici che non sanno dirigere alcunché
data la loro totale ignoranza di che cosa dovrebbe essere realmente una
destra e una sinistra nel sistema di alternanza detta (pur solo
formalmente) democratica in un sistema capitalistico dotato di un minimo
di autonomia in sede internazionale. La falsa sinistra ha solo un po’
difeso i ceti sociali (suoi elettori), viventi del “pubblico” dopo i
fasti del “compromesso storico”, ma sempre sostenendo principi
dichiarati liberisti da applicare ad altre categorie sociali, in genere
quelle più utili e produttive per il sistema.
La destra ha tanto blaterato sulla
funzione dei lavoratori autonomi e piccolo-imprenditoriali, impegnandosi
a parole ad alleviare il peso fiscale gravante su di loro, e non
combinando in realtà nulla in questa direzione. Ha lanciato mille strali
contro l’inefficienza delle burocrazie statali, ma ha poi tentato di
infilarvi il massimo possibile di suoi adepti. Entrambi questi
schieramenti fasulli si sono dedicati al tiro al bersaglio contro gli
evasori fiscali, sbagliando grossolanamente la mira; e guai se non fosse
stato così. E via dicendo. Adesso che la stagione è cambiata, cioè è
cambiata la “musica strategica” della New America, finalmente
si è rivelata in modo palese l’indistinzione tra destra e sinistra.
Essere pro o contro Berlusconi è ormai un’operazione attardata, cui
ancora si dedicano gli stupidi fan dei due schieramenti mentre i
“maggiorenti” sono ben consci che una stagione è finita e non sanno
tuttavia come orientarsi. Per il momento, ci si dedica ancora a
scagliarsi addosso fango per corruzione, per manchevolezze di questo o
di quello, per speculazioni in vendita o acquisti di palazzi, ecc. La
politica è ormai sparita, la fanno i nuovi governanti sotto copertura di
finte esigenze tecniche, manovrando speculazioni di Borsa, sui titoli
del Debito, coadiuvati da giudizi dissennati (che tutti sanno essere
privi di fondamento) delle società di rating.
Mai si era in effetti giunti ad un
livello più basso. La popolazione di questo paese – in altri non si va
molto meglio, comunque credo che il nostro livello sia infimo – è stata
ormai per l’essenziale deprivata di qualsiasi capacità di giudizio. Ci
sono solo gli intelligentoni del ceto medio semicolto, quelli che
nemmeno più scrivono in italiano, a blaterare sulla “società
dell’informazione”, sulla capacità dei media di ingannare chiunque; per
cui chi li controlla fa ciò che vuole. Tali idiozie servivano fin quando
si credeva di poter sostener che Berlusconi, il Mostro, aveva in mano
tutti i mass media. Non appena questi parlano bene dei beniamini di tale
ceto sociale decerebrato, respinge le accuse loro dirette, racconta
balle incredibili per giustificare le più truci e assassine operazioni
degli Usa e dei loro scherani italiani, ecc., allora tutto è oro colato,
l’informazione è corretta e credibile.
2. Apartire dal 2009-10, con una
netta e irreversibile precipitazione l’anno scorso, Berlusconi –
fingendosi sempre scontento e in contrasto con le mosse dei suoi
“nemici” (fra cui faceva almeno intendere ci fosse anche Napolitano) e
sostenendo di essere da loro impedito a governare come avrebbe voluto –
ha attuato il suo “suicidio” politico. Non credo si tratti solo di
salvarsi dai processi (al momento, non sembra aver conseguito grandi
vantaggi, ma forse è ancora troppo presto per giudicare) e di mettere al
sicuro le proprie aziende. In realtà, a mio avviso, egli teme per la
sua pelle e forse pure per quella dei suoi famigliari. In ogni caso, non
deve ritirarsi subito e completamente dalla scena, allo scopo di
contribuire invece, oltre che al suo completo sfarinamento, anche a
quello del partito di gelatina messo in piedi attorno a lui. Ha
cominciato dando impostazione demenziale alla campagna elettorale per le
amministrative e per il referendum. Ha progressivamente invogliato
decine di persone ad abbandonarlo visto che ormai la nave (quella
nave) stava affondando. Adesso continua ad appoggiare un governo
illiberale, un governo delle “tasse” (che lui ha promesso invano per
vent’anni di abbassare), ha tradito tutto e tutti, sta mostrando il suo
lato più vigliacco.
Due sono le ipotesi azzardabili. O ha
promesso a Obama (quando questi gli concesse: “non caschi o caschi in
piedi”) di azzerare quanto fatto, con il permesso della Old America
bushiana, fino al 2009 (soprattutto a partire dal 2003, quando
ricevette Putin che tornava da Libia e Algeria). Oppure mira a mantenere
in piedi un partitino del 15 o anche solo 12%, con cui fare in qualche
modo da ago della bilancia (o almeno uno degli aghi). Tentativo, se
veramente questo fosse il suo intento, un po’ cervellotico; in quanto
non ha l’età di Craxi (ed è privo del naso politico di quest’ultimo).
Solo il futuro (non lontano) ci chiarirà il “mistero” di questo suo
atteggiamento apparentemente autodistruttivo. Per il momento, teniamo
presente sia l’intervista data al Financial Times sia le notizie riportate dal Corrierone
anche (soprattutto) in merito al suo cordiale colloquio riservato (ma
non troppo, visto che è stata consentita la diffusione della notizia
senza mugugni del presdelarep) con Napolitano. E’ chiaro che Berlusconi
ha senz’altro il primo premio in merito agli inganni perpetrati
dall’anno scorso ad oggi; e continuerà senz’altro così senza più
tentennamenti. In ogni caso, un’epoca (da non rimpiangere) è finita, è
alle spalle.
Altra finzione è la proposta avanzata da
qualcuno di rieleggere Napolitano a presidente della repubblica (mi sono
rassegnato a scrivere in maiuscolo il cognome perché così solitamente
si fa). Mai accaduto finora che un presidente, come negli Usa, possa
svolgere un secondo mandato. Se poi si considera che il personaggio è
del 1925, risulta evidente la follia del semplice ventilare un’ipotesi
del genere. In realtà, non credo ci sia alcun pericolo che si verifichi
un simile sconcio. Il “terrore” viene sparso solo per preparare gli
animi all’elezione di un uomo grigio e incolore tipo Prodi o, ancor
meglio, Monti; o comunque di qualcuno che garantisca la più assoluta
obbedienza allo straniero statunitense (mascherata al momento da
un’ottusa polemica antitedesca e antifrancese, ma fino a “nuovo
ordine”). Anche la torsione presidenzialistica, fatta subire da
Napolitano all’istituzione “repubblicana”, non è preparatoria di chissà
quale “sfondamento” della Costituzione. E’ semplicemente servita ad
adeguarsi alla New America obamiana e alla sua strategia, cui l’Italietta non era ancora preparata a dovere.
Vedrete che, con il nuovo (grigio)
presidente e con un qualche “governo di unità nazionale” (cioè di
svendita completa del paese), tutto rientrerà nella norma. Intanto, si
stanno preparando le basi, dopo vent’anni di ignobile pantomima pro o
contro Berlusconi, per un grande pateracchio che annulli inutili
polemiche per sfruttare l’astio tra ceti sociali al fine di meglio
imporre il volere di chi intende distruggere ogni residua autonomia
italiana e quei pochi punti di forza industriali che potevano
sostenerla. Il governo attuale, mutatis mutandis, può essere paragonato al CNT
libico, debole ma che si regge sul contrasto tra tribù. Qui abbiamo
solo clan e corporazioni, ma il problema ha somiglianze con quello.
Si è accresciuta oltre ogni limite
tollerabile la pressione fiscale e si sono compiute liberalizzazioni
demenziali, che nulla hanno a che vedere con gli insegnamenti di
liberisti di effettivo peso (non ci si richiami ad Hayek, per favore, lo
si insulterebbe). Si tratta semplicemente di modi per peggiorare la
qualità dei servizi, per indurre a disunioni e guerre intestine certe
professioni o mestieri. Dire che ci saranno vantaggi per la crescita
(lasciamo perdere lo sviluppo) fa semplicemente ridere in una fase
storica di depressione cronica che – possiamo ormai predirlo con buona
tranquillità – durerà assai a lungo pur se non riguarderà egualmente
tutti i paesi, così come fu negli ultimi decenni del XIX secolo.
Tuttavia, il centrosinistra ha valutato con favore simile scempio dovuto
alla demenza di finti economisti, autentici tromboni come solitamente
sono i “tecnici”, che non vedono a più di un cm. di distanza.
Si è però nel contempo toccato (in realtà
gravemente danneggiato) il sistema pensionistico; adesso si vuol
mettere mano all’art. 18 nel mentre un individuo, che ha mille posti
fissi (l’ultimo regalatogli da Napolitano in Senato per meglio
attrezzarlo al lavoro di “scasso”), dichiara essere una noia mortale il
posto a vita di cui, in sostanza, solo i prof. e pochi altri godono
veramente. Questo ha sollecitato gli entusiasmi del centro-destra.
Berlusconi si è in un certo senso “innamorato” di Monti, lo ha indicato
quasi come suo successore “naturale”. Dobbiamo renderci conto che quanto
avvenuto, certo con grande rapidità, è soltanto l’emersione di un
lavorio durato alcuni anni, già quando era ancora apparentemente in auge
la Old America dei “neocon”. Abbiamo più volte parlato della
nuova strategia del caos, venuta in piena evidenza con la presidenza
Obama. Poiché appare evidente la sua rielezione (se non altro per
demerito dei repubblicani, assai sbiaditi, più che per suoi specifici
meriti), tale strategia dovrebbe durare ancora per i prossimi anni.
Tuttavia, debbo ammettere di nutrire
qualche dubbio sul fatto che si possa definire “del caos”; a quanto
sembra, ciò che crea è piuttosto un pantano o forse, detto ancor meglio, le sabbie mobili,
in cui quanto più ti agiti tanto più affondi e crepi. E’ un discorso
che va fatto con calma in altra sede. Rendiamoci però conto di essere
entrati in un periodo di “disastro nazionale”, in mano ad autentici
servi della potenza statunitense, guidata da gruppi criminali che stanno
comunque demandando compiti vari a sicari, anche dotati di una certa (apparente)
autonomia. L’Italia non ne ha più alcuna, è terra di colonizzazione;
dobbiamo meglio renderci conto, attraverso un’analisi accurata, della
struttura sociale – frutto di una certa storia dalla seconda guerra
mondiale in poi – che coadiuva i nostri “dominatori”.
Tantissima carne al fuoco in quest'articolo, a tratti anche troppa considerando l'oggettiva tortuosità dell'argomento e l'altrettanto oggettiva difficoltà a dipanarlo a chiare lettere.
In ogni caso, trovo eccessivamente limitante l'aver ridotto il discorso al mero rapporto di sudditanza di capitalismo e politica italiana verso i propri omologhi statunitensi.
Per come la vedo io, la finanza non è uno strumento geopolitico degli stati, sono gli stati ad essere strumento e campo di battaglia della finanza, che non conosce più bandiera, ammesso che ne abbia mai avuta una.
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