Come avrà notato chi legge questo blog, il mio giudizio su Monti è
tutt’altro che positivo, ma rileggendo i pezzi mi sono accorto che
prevale un tono ironico che rischia di generare fraintendimenti. Ed
allora mi sembra opportuno precisare alcune cose: Mario “il Grigio” non è
affatto un avversario da prendere sotto gamba o una macchietta come il
suo predecessore. Anzi, è un avversario da prendere molto sul serio.
Innanzitutto togliamo di mezzo un equivoco: questo non è un governo
“tecnico di transizione”. In primo luogo questo è un governo pienamente
politico e non solo perchè i governi tecnici non esistono, ma esistono
sempre e solo governi politici; ma soprattutto perchè questo è un
governo politico di alto profilo, molto più dei precedenti sia di centro
destra che di centro sinistra.
Parlando di “alto profilo” non
intendo dire che condivido la sua progettualità (tutt’altro) ma che
questo non è il solito governo del tirare a campare, con poche e ben
confuse idee come è stato per i governi di Berlusconi, Prodi, D’Alema e
Amato. Questo è un governo che ha un progetto di ampio respiro che sta
attuando senza perdere tempo. E, dunque, qualcosa che va molto al di là
dell’anno e qualcosa che dovrebbe durare, sino alle prossime elezioni
(ma siamo poi sicuri che fra un anno voteremo? In Grecia le elezioni
sono state rinviate a non si capisce quando e nessuno ha fatto un
fiato).
Monti (della cui intelligenza avevamo dubitato e tutt’ora non siamo
certi) o chi per lui, sta traghettando l’Italia dalla seconda alla terza
repubblica:
- ha abolito la “concertazione” (che certo non rimpiangiamo)
sostituendola con finte consultazioni cui fa seguito una prassi ultra
decisionista
- con l’abrogazione dell’art. 18 vuol conseguire un risultato di
immagine che ponga le basi di un diverso sistema di relazioni
industriali
- attraverso i suoi alleati di centro (ma anche quelli che ha nel Pdl e
nel sempre più inutile Pd) sta discretamente lavorando alla riforma
delle istituzioni e del sistema elettorale
- con la politica fiscale e le “liberalizzazioni” sta frantumando quel
che resta del ceto medio, per approdare ad un modello sociale pienamente
dicotomico: una vasta ed indistinta massa popolare da un lato ed un
ristrettissimo gruppo di ultra ricchi dall’altro.
Ma soprattutto sta compiendo una doppia manovra: sul piano
internazionale sta perfezionando la cessione di quote di sovranità al
direttorio europeo (più che altro, tedesco), quel che rende sempre meno
rilevante il Parlamento ed assegna al Governo un ruolo essenzialmente di
cerniera fra l’apparato amministrativo nazionale ed il direttorio
europeo.
Sul piano interno sta tacitamente provocando la scomposizione delle
attuali forze politiche riaggregandone pezzi in una nuova formazione di
cui si scorgono a mala pena i contorni, se non il dato che sarà una
forza di centro che allea il partito della finanza laica con quello
della finanza cattolica.
Berlusconi ormai è liquidato definitivamente e, per la prima volta, dice
la verità, quando dice che non si ricandiderà: non glielo
permetterebbero quegli stessi che, con due poderose sberle borsistiche
al titolo Mediaset, lo hanno indotto a dimettersi senza fare troppe
storie. Ormai il Pdl ha rotto con la Lega, si appresta a perdere l’ala
più impresentabilmente fascista di Larussa e quella dei tecnocrati
“socialisti” (Tremonti, Brunetta, Sacconi). Ormai l’approdo sembra
essere la fusione del vecchio troncone forzitaliota con l’Udc di Casini
nel Partito Popolare Europeo (una sorta di Dc). Non è detto che le cose
vadano così: il partito di centro potrebbe avere una più accentuata
caratteristica imprenditorial-finanziario-massonica con l’arrivo di
imprenditori quali Cordero di Montezemolo, Della Valle ed altri, magari
potrebbe risucchiare qualcosa dal Pd e prendere del Pdl solo lo
strettamente necessario. Questo per evitare sia un peso eccessivo dei
cattolici (l’idea è piuttosto quella di una prevalenza “Laica”) sia per
evitare una presenza troppo ingombrante del Cavaliere nel nuovo partito.
Come che vada, assisteremo ad una ristrutturazione del sistema politico.
Per quanto attiene all’aspetto istituzionale, non tutto sarà fatto in
questo anno: una parte del programma, inevitabilmente, slitterà in
avanti nella (forse) nuova legislatura.
Il punto è che siamo ad un momento di svolta non solo in Italia: la
crisi inizia a produrre i suoi effetti politici e seleziona un ceto di
governo diverso dal passato.
Berlusconi (come i suoi consimili Ross Perrot, Timinsky, Pujol, Taipi,
Collor del Mello, Fujimori) fu l’espressione di un capitalismo rampante
di prima generazione, ed in forte odore di denaro sporco. Fu il prodotto
dell’incrocio fra neo-populismo e neo liberismo, utile, nella fase di
liquidazione del “compromesso socialdemocratico”, a raccogliere il
consenso dei lavoratori autonomi (commercianti, artigiani, piccoli
imprenditori ecc.) sotto la bandiera della protesta antifiscale.
Oggi la crisi rende impossibile quella politica di fisco allegro che
colpiva i redditi da lavoro dipendente per risparmiare gli autonomi. Ora
anche gli autonomi devono dare il sangue per salvare la grande rendita
finanziaria di cui i Monti ed i Papademos sono l’espressione coerente.
Berlusconi era indecente, lo sappiamo, ma in fondo era un pagliaccio
interessato solo agli affaruzzi suoi. Monti non è questo, è molto di
più: è il vero avversario di classe da combattere. Molto più duro,
pericoloso ed autoritario del precedente.
C’è chi ha paragonato Monti a Bruning (il cancelliere tedesco che
precedette Hitler) chi a Facta (immediato predecessore di Mussolini). A
noi ricorda molto da vicino un altro professore di economia finanziaria :
António de Oliveira Salazar.
Fonte.
L'ho già scritto che il fascismo è tornato di moda?
Nessun commento:
Posta un commento