di Mario Lombardo
La rivelazione del Guardian sul monitoraggio da parte
dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) delle
comunicazioni telefoniche di milioni di clienti della compagnia Verizon è
stata seguita da un’altra esclusiva ancora più clamorosa
sull’invasività del governo e resa nota dallo stesso quotidiano
britannico in collaborazione con il Washington Post.
La stessa
NSA e l’FBI avrebbero cioè regolare accesso ai server centrali di nove
compagnie di servizi web, dai quali hanno facoltà di acquisire
direttamente informazioni personali degli utenti, come filmati, file
audio, immagini, e-mail e dati relativi alle loro connessioni internet.
Le nove compagnie coinvolte nel programma denominato PRISM e finora
tenuto segreto sono Apple, AOL, Facebook, Google, Microsoft, PalTalk,
Skype, Yahoo! e YouTube. Alcune di queste compagnie, contattate dai
reporter dei due giornali, hanno smentito il loro coinvolgimento nel
programma dell’NSA.
Il programma PRISM, spiega il Washington Post,
trae origine da un’iniziativa segreta simile, inaugurata
dall’amministrazione Bush e successivamente interrotta una volta
rivelata dalla stampa americana. Successivamente, l’allora presidente
repubblicano, grazie all’approvazione al Congresso di due apposite leggi
(Protect America Act del 2007 e FISA Amendments Act del 2008), sarebbe
riuscito a proseguire le intercettazioni di massa degli americani, in
primo luogo assicurando l’impunità alle compagnie web e di
telecomunicazioni coinvolte.
Il governo avrebbe poi ottenuto
dallo speciale Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera
(FISC) il via libera al monitoraggio delle comunicazioni elettroniche
di decine o forse centinaia di milioni di americani in maniera
indiscriminata, senza presentare prove del coinvolgimento degli
intercettati in attività illegali.
Grazie a questo processo,
l’amministrazione Obama si è così trovata tra le mani uno strumento
formidabile per controllare la popolazione americana, contando su
un’agenzia, come la NSA, incaricata ufficialmente di svolgere attività
di intelligence solo al di fuori del territorio statunitense.
Nella
tarda serata di giovedì, il programma di intercettazioni e di
monitoraggio delle comunicazioni elettroniche è stato alla fine
confermato pubblicamente dal direttore dell’Intelligence Nazionale,
nonché supervisore dell’NSA, James Clapper, costretto ad ammettere la
violazione sistematica della privacy della popolazione e degli stessi
principi costituzionali. Quest’ultimo, un paio di mesi fa, nel corso di
un’audizione al Congresso aveva invece negato che l’NSA stava
raccogliendo informazioni sui cittadini americani.
Nella sua
dichiarazione, Clapper ha comunque cercato di sminuire la gravità delle
rivelazioni del Guardian e del Washington Post, indicando inoltre il
programma PRISM come fondamentale per la difesa del paese da minacce di
natura terroristica.
Clapper
ha sottolineato anche la presunta legalità di PRISM, poiché basato
sulla legislazione fin qui approvata dal Congresso, nonché condotto
sotto l’attento controllo del Dipartimento di Giustizia e vincolato al
parere del Tribunale per la Sorveglianza, il quale peraltro non fa che
assecondare, con delibere tenute nascoste all’opinione pubblica, ogni
richiesta di intercettazione sottoposta dalle varie agenzie governative.
La
dichiarazione ufficiale del numero uno dell’Intelligence USA si è
chiusa con una velata minaccia ai responsabili delle rivelazioni e ai
media che le hanno pubblicate, dal momento che, a detta di Clapper,
“discutere pubblicamente programmi simili può avere un impatto sul
comportamento dei nostri avversari e rendere per noi più difficile
riuscire a comprendere le loro intenzioni”.
In precedenza, altri
commenti ufficiali alle rivelazioni avevano cercato di rassicurare gli
americani sull’inoffensività di simili misure, finendo però soltanto per
confermare la totale assenza di scrupoli democratici all’interno della
classe politica degli Stati Uniti. Il leader di maggioranza al Senato,
Harry Reid, ha ad esempio lanciato un appello alla calma, assicurando
che il programma non rappresenta “nulla di nuovo”, poiché, come se ciò
rappresentasse un motivo di conforto, è stato avviato dietro le spalle
degli americani già più di sette anni fa.
A conoscenza del
programma PRISM come i loro colleghi, i senatori Dianne Feinstein
(democratica) e Saxby Chambliss (repubblicano), rispettivamente
presidente e vice-presidente della commissione per i Servizi Segreti del
Senato, hanno invece organizzato in tutta fretta una conferenza stampa
per calmare gli animi, garantendo che quelli raccolti dall’NSA sono solo
“metadati” sulle comunicazioni elettroniche e che perciò non includono
il contenuto delle comunicazioni stesse o i nomi delle persone
sorvegliate. I due senatori hanno anch’essi riaffermato il loro parere
circa la piena legalità del programma, del quale il Congresso era stato
debitamente informato.
Gli stessi punti sono stati riaffermati
infine venerdì dallo stesso presidente Obama, il quale in una
dichiarazione dalla California piena di menzogne ha affermato che gli
americani non possono sperare di “avere il 100 per cento della sicurezza
e il 100 per cento della privacy senza inconvenienti”. L’inquilino
della Casa Bianca ha poi aggiunto che, se i cittadini “non hanno fiducia
non solo del governo ma nemmeno del Congresso e dei giudici federali…
allora siamo di fronte a problemi seri”.
Involontariamente, Obama
è così andato al cuore del problema, dal momento che gli americani si
trovano ormai di fronte ad un potere esecutivo, legislativo e
giudiziario interamente responsabili del progressivo smantellamento dei
principi fondamentali dello stato di diritto negli Stati Uniti.
Le
reazioni delle élite politiche statunitensi alle più recenti
rivelazioni indicano in ogni caso un’evidente inquietudine per lo
smascheramento dei metodi profondamente anti-democratici utilizzati dai
governi succedutisi a Washington in oltre un decennio, responsabili
della creazione di un apparato per la sicurezza nazionale degno di uno
stato di polizia.
Tutto ciò viene puntualmente giustificato con
la necessità di proteggere il paese dalla minaccia del terrorismo,
nonostante quasi tutti gli attentati portati a termine o sventati in
questi anni abbiano visto come protagonisti individui da tempo noti alle
autorità e con i quali esse avevano spesso intrattenuto rapporti a dir
poco ambigui.
Nell’impossibilità di dimostrare che i metodi di controllo della popolazione, come quello appena rivelato da Guardian e Washington Post,
rispettino la legalità democratica, la classe dirigente americana
chiede in sostanza ai cittadini di porre in maniera incondizionata la
loro fiducia in un governo che conduce segretamente i propri affari,
assicurando il rispetto formale di un sistema legale oggetto di continue
manipolazioni per piegarlo alle necessità della “guerra al terrore”.
La
gravità delle rivelazioni di questi giorni, tuttavia, comincia a fare
emergere più di una voce critica anche all’interno dell’establishment
politico e tra i media ufficiali, preoccupati per le possibili reazioni
che potrebbe causare nel paese il discredito crescente di un governo che
ha abbandonato da tempo ogni impegno per la difesa dei diritti
democratici.
Non
solo alcuni membri del Congresso hanno espresso critiche all’eccessiva
segretezza delle pratiche “anti-terrorismo”, ma, ad esempio, lo stesso New York Times
- fermo sostenitore del presidente democratico - nella giornata di
venerdì ha pubblicato un editoriale insolitamente duro nei confronti
dell’amministrazione Obama, accusata di “avere ormai perso ogni
credibilità”, sia pure limitatamente alla questione dell’abuso del
potere di intercettare i cittadini americani.
Una serie di fatti,
notizie e rivelazioni negli ultimi mesi ha d’altra parte portato alla
luce l’espansione incontrollata dell’apparato della sicurezza negli
Stati Uniti. Nelle prime settimane dell’anno, ad esempio, era apparso su
alcuni organi di stampa un parere del Dipartimento della Giustizia che
esponeva le più che discutibili fondamenta legali su cui si baserebbe
l’autorità assegnata al presidente di decidere l’assassinio
extra-giudiziario di chiunque sia sospettato di legami con il terrorismo
internazionale, cittadini americani compresi.
L’attentato alla
maratona di Boston nel mese di aprile ha poi fornito la possibilità al
governo di mettere in atto una sorta di esercitazione in vista di una
futura rivolta popolare, assediando la città e limitando seriamente i
diritti e le possibilità di movimento dei cittadini per catturare o
eliminare i presunti responsabili delle esplosioni. Più recentemente,
poi, l’amministrazione Obama è finita sotto accusa per avere disposto
segretamente l’intercettazione delle comunicazioni telefoniche di alcuni
giornalisti di Associated Press e FoxNews nell’ambito di un’indagine su
fughe di notizie dall’interno del governo.
Un’evoluzione
estremamente preoccupante quella indicata da tutti questi fatti e che si
accompagna all’apertura, avvenuta proprio questa settimana, del
processo davanti ad una corte marziale di Bradley Manning, simbolo della
lotta contro un governo sempre più repressivo e impenetrabile che
intende punire severamente chiunque provi a smascherare i propri crimini
ed eccessi sul fronte domestico e in ogni angolo del pianeta.
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