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10/06/2013

USA, spia e lascia spiare

di Mario Lombardo

La rivelazione del Guardian sul monitoraggio da parte dell’Agenzia per la Sicurezza Nazionale americana (NSA) delle comunicazioni telefoniche di milioni di clienti della compagnia Verizon è stata seguita da un’altra esclusiva ancora più clamorosa sull’invasività del governo e resa nota dallo stesso quotidiano britannico in collaborazione con il Washington Post.

La stessa NSA e l’FBI avrebbero cioè regolare accesso ai server centrali di nove compagnie di servizi web, dai quali hanno facoltà di acquisire direttamente informazioni personali degli utenti, come filmati, file audio, immagini, e-mail e dati relativi alle loro connessioni internet. Le nove compagnie coinvolte nel programma denominato PRISM e finora tenuto segreto sono Apple, AOL, Facebook, Google, Microsoft, PalTalk, Skype, Yahoo! e YouTube. Alcune di queste compagnie, contattate dai reporter dei due giornali, hanno smentito il loro coinvolgimento nel programma dell’NSA.

Il programma PRISM, spiega il Washington Post, trae origine da un’iniziativa segreta simile, inaugurata dall’amministrazione Bush e successivamente interrotta una volta rivelata dalla stampa americana. Successivamente, l’allora presidente repubblicano, grazie all’approvazione al Congresso di due apposite leggi (Protect America Act del 2007 e FISA Amendments Act del 2008), sarebbe riuscito a proseguire le intercettazioni di massa degli americani, in primo luogo assicurando l’impunità alle compagnie web e di telecomunicazioni coinvolte.

Il governo avrebbe poi ottenuto dallo speciale Tribunale per la Sorveglianza dell’Intelligence Straniera (FISC) il via libera al monitoraggio delle comunicazioni elettroniche di decine o forse centinaia di milioni di americani in maniera indiscriminata, senza presentare prove del coinvolgimento degli intercettati in attività illegali.

Grazie a questo processo, l’amministrazione Obama si è così trovata tra le mani uno strumento formidabile per controllare la popolazione americana, contando su un’agenzia, come la NSA, incaricata ufficialmente di svolgere attività di intelligence solo al di fuori del territorio statunitense.

Nella tarda serata di giovedì, il programma di intercettazioni e di monitoraggio delle comunicazioni elettroniche è stato alla fine confermato pubblicamente dal direttore dell’Intelligence Nazionale, nonché supervisore dell’NSA, James Clapper, costretto ad ammettere la violazione sistematica della privacy della popolazione e degli stessi principi costituzionali. Quest’ultimo, un paio di mesi fa, nel corso di un’audizione al Congresso aveva invece negato che l’NSA stava raccogliendo informazioni sui cittadini americani.

Nella sua dichiarazione, Clapper ha comunque cercato di sminuire la gravità delle rivelazioni del Guardian e del Washington Post, indicando inoltre il programma PRISM come fondamentale per la difesa del paese da minacce di natura terroristica.

Clapper ha sottolineato anche la presunta legalità di PRISM, poiché basato sulla legislazione fin qui approvata dal Congresso, nonché condotto sotto l’attento controllo del Dipartimento di Giustizia e vincolato al parere del Tribunale per la Sorveglianza, il quale peraltro non fa che assecondare, con delibere tenute nascoste all’opinione pubblica, ogni richiesta di intercettazione sottoposta dalle varie agenzie governative.

La dichiarazione ufficiale del numero uno dell’Intelligence USA si è chiusa con una velata minaccia ai responsabili delle rivelazioni e ai media che le hanno pubblicate, dal momento che, a detta di Clapper, “discutere pubblicamente programmi simili può avere un impatto sul comportamento dei nostri avversari e rendere per noi più difficile riuscire a comprendere le loro intenzioni”.

In precedenza, altri commenti ufficiali alle rivelazioni avevano cercato di rassicurare gli americani sull’inoffensività di simili misure, finendo però soltanto per confermare la totale assenza di scrupoli democratici all’interno della classe politica degli Stati Uniti. Il leader di maggioranza al Senato, Harry Reid, ha ad esempio lanciato un appello alla calma, assicurando che il programma non rappresenta “nulla di nuovo”, poiché, come se ciò rappresentasse un motivo di conforto, è stato avviato dietro le spalle degli americani già più di sette anni fa.

A conoscenza del programma PRISM come i loro colleghi, i senatori Dianne Feinstein (democratica) e Saxby Chambliss (repubblicano), rispettivamente presidente e vice-presidente della commissione per i Servizi Segreti del Senato, hanno invece organizzato in tutta fretta una conferenza stampa per calmare gli animi, garantendo che quelli raccolti dall’NSA sono solo “metadati” sulle comunicazioni elettroniche e che perciò non includono il contenuto delle comunicazioni stesse o i nomi delle persone sorvegliate. I due senatori hanno anch’essi riaffermato il loro parere circa la piena legalità del programma, del quale il Congresso era stato debitamente informato.

Gli stessi punti sono stati riaffermati infine venerdì dallo stesso presidente Obama, il quale in una dichiarazione dalla California piena di menzogne ha affermato che gli americani non possono sperare di “avere il 100 per cento della sicurezza e il 100 per cento della privacy senza inconvenienti”. L’inquilino della Casa Bianca ha poi aggiunto che, se i cittadini “non hanno fiducia non solo del governo ma nemmeno del Congresso e dei giudici federali… allora siamo di fronte a problemi seri”.

Involontariamente, Obama è così andato al cuore del problema, dal momento che gli americani si trovano ormai di fronte ad un potere esecutivo, legislativo e giudiziario interamente responsabili del progressivo smantellamento dei principi fondamentali dello stato di diritto negli Stati Uniti.

Le reazioni delle élite politiche statunitensi alle più recenti rivelazioni indicano in ogni caso un’evidente inquietudine per lo smascheramento dei metodi profondamente anti-democratici utilizzati dai governi succedutisi a Washington in oltre un decennio, responsabili della creazione di un apparato per la sicurezza nazionale degno di uno stato di polizia.

Tutto ciò viene puntualmente giustificato con la necessità di proteggere il paese dalla minaccia del terrorismo, nonostante quasi tutti gli attentati portati a termine o sventati in questi anni abbiano visto come protagonisti individui da tempo noti alle autorità e con i quali esse avevano spesso intrattenuto rapporti a dir poco ambigui.

Nell’impossibilità di dimostrare che i metodi di controllo della popolazione, come quello appena rivelato da Guardian e Washington Post, rispettino la legalità democratica, la classe dirigente americana chiede in sostanza ai cittadini di porre in maniera incondizionata la loro fiducia in un governo che conduce segretamente i propri affari, assicurando il rispetto formale di un sistema legale oggetto di continue manipolazioni per piegarlo alle necessità della “guerra al terrore”.

La gravità delle rivelazioni di questi giorni, tuttavia, comincia a fare emergere più di una voce critica anche all’interno dell’establishment politico e tra i media ufficiali, preoccupati per le possibili reazioni che potrebbe causare nel paese il discredito crescente di un governo che ha abbandonato da tempo ogni impegno per la difesa dei diritti democratici.

Non solo alcuni membri del Congresso hanno espresso critiche all’eccessiva segretezza delle pratiche “anti-terrorismo”, ma, ad esempio, lo stesso New York Times - fermo sostenitore del presidente democratico - nella giornata di venerdì ha pubblicato un editoriale insolitamente duro nei confronti dell’amministrazione Obama, accusata di “avere ormai perso ogni credibilità”, sia pure limitatamente alla questione dell’abuso del potere di intercettare i cittadini americani.

Una serie di fatti, notizie e rivelazioni negli ultimi mesi ha d’altra parte portato alla luce l’espansione incontrollata dell’apparato della sicurezza negli Stati Uniti. Nelle prime settimane dell’anno, ad esempio, era apparso su alcuni organi di stampa un parere del Dipartimento della Giustizia che esponeva le più che discutibili fondamenta legali su cui si baserebbe l’autorità assegnata al presidente di decidere l’assassinio extra-giudiziario di chiunque sia sospettato di legami con il terrorismo internazionale, cittadini americani compresi.

L’attentato alla maratona di Boston nel mese di aprile ha poi fornito la possibilità al governo di mettere in atto una sorta di esercitazione in vista di una futura rivolta popolare, assediando la città e limitando seriamente i diritti e le possibilità di movimento dei cittadini per catturare o eliminare i presunti responsabili delle esplosioni. Più recentemente, poi, l’amministrazione Obama è finita sotto accusa per avere disposto segretamente l’intercettazione delle comunicazioni telefoniche di alcuni giornalisti di Associated Press e FoxNews nell’ambito di un’indagine su fughe di notizie dall’interno del governo.

Un’evoluzione estremamente preoccupante quella indicata da tutti questi fatti e che si accompagna all’apertura, avvenuta proprio questa settimana, del processo davanti ad una corte marziale di Bradley Manning, simbolo della lotta contro un governo sempre più repressivo e impenetrabile che intende punire severamente chiunque provi a smascherare i propri crimini ed eccessi sul fronte domestico e in ogni angolo del pianeta.

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