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02/07/2016

Visioni Militant(i): Lui è tornato, di David Wnendt

“Fare in modo che non succeda mai più” è stato il mantra etico della sinistra istituzionale borghese dal dopoguerra ad oggi. Ma davvero la democrazia liberale ha fatto in modo di ostacolare con qualunque mezzo il proliferare di idee xenofobe, razziste e reazionarie? Veramente le politiche messe in atto dal ‘45 ad oggi hanno scongiurato un tale pericolo lottando per appianare le differenze interne alla società? Questo sembra essere il quesito che viene posto durante il film, quando un improbabile ritorno di Hitler mette a dura prova la società della Germania attuale. Creduto da tutti un attore, Hitler gira il paese tedesco insieme a un giornalista in cerca di un servizio accattivante: tutti credono di poter giocare sulla follia di un uomo che appare in tutto e per tutto simile al Fuhrer, ma sarà proprio Hitler a prendersi gioco di tutta la società. Attraverso uno spazio in un programma comico chiamato “Fuori controllo”, riesce a permeare un’opinione pubblica che, prendendolo più o meno sul serio (senza mai condannarlo), finisce per legittimare le sue idee. Queste fanno breccia nel cuore di chi lo ascolta: tra una risata e l’altra, molti finiscono per trovarsi tutto sommato d’accordo. Toccando le corde più nere del cuore di chi incontra dimostra che sentimenti e idee ritenuti sconfitti storicamente da decenni di “democrazia” e “libertà” non lo sono affatto e sono molto più attuali e diffusi di quanto piaccia pensare.

Seguendo il solco aperto da un film come l’Onda, questo si interroga sulle modalità e sulle dinamiche sociali che potrebbero portare all’ascesa di un sistema dittatoriale nazi-fascista nel nostro mondo di tutti i giorni. Quella che potrebbe essere una semplice commedia pone lo spettatore di fronte a una serie di paradossi che lo costringono ad interrogarsi se effettivamente il mondo reagirebbe diversamente da un “forse non troppo lontano” 1933. Il film riesce a rappresentare le contraddizioni della società dove il liberismo nel campo dei media invece di scongiurare la disinformazione la crea, rendendo possibile sostenere qualunque idea, anche la più razzista e disgustosa, secondo il tanto sbandierato principio volteriano del “morire pur di farla esprimere”. La libertà tanto decantata in una democrazia liberale basata su un sistema di sopraffazione e sulla diseguaglianza, di fatto, finisce per sdoganare, sotto più o meno mentite spoglie, proprio quel tipo violenza che tanto sbandiera di combattere: il nazi-fascismo. Ogni minimo spazio, per quanto possa sembrare pressoché nullo, finisce per essere utile allo scopo.

In “lui è tornato” Hitler parla e fomenta l’odio razziale e la xenofobia in diretta nazionale, ma l’unica cosa che mette in difficoltà la sua ascesa da “fenomeno televisivo” è l’aver fatto del male ad un cucciolo, segno di come oggi fenomeni sociali come l’animalismo si riducano a feticci borghesi in cui a confronto le persone valgono meno di zero. Ad esempio, per parlare dell’ipocrisia di taluni feticci, fece molto più scalpore quando tifosi del Feyenord scalfirono la fontana della Barcaccia a piazza di Spagna, che quando quelli dello Sparta Praga pisciarono su un mendicante. “Lui è tornato” dipinge i paradossi della società, contraddizioni che non se ne sono mai andate: rappresenta in modo ironico un Hitler che, nonostante tutto, non rimane nello spazio di comico in cui lo si vorrebbe confinato, ma anzi dimostra come, dopo anni di retorica e memoria storica intrise di pacificazione sociale, le idee reazionarie trovino un ruolo nient’affatto secondario nelle nostre società.

Le ultime scene sono tutt’altro che banali e scontate, e la fine non delude in termini di costruzione cinematografica, considerando che il film riprende anche interessanti tecniche stilistiche che sembrano mediate sulla scia del meta-teatro di Brecht: tramite efficienti trucchi narrativi lo spettatore diventa un protagonista del film per poi ritrovarsi sputato fuori davanti a uno schermo. E arriva a porsi un’annosa domanda... E se Hitler tornasse? Cosa farei? Ma il pericolo è veramente un Hitler o la società stessa che produce il terreno fertile e necessario perché un qualunque folle vestito da SS possa trovare seguito predicando odio razziale e xenofobo?

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