A tre giorni dall’approvazione della delibera della giunta di Torino che avvia il percorso per riconoscere l’immobile di corso Regina Margherita 47, occupato da Askatasuna, come «bene comune», mentre monta un’accesa polemica politica, arriva la notifica di 12 misure cautelari per altrettanti attivisti dello «spezzone sociale» (per la maggior parte militanti del centro sociale), relativamente agli scontri con le forze dell’ordine avvenuti durante il corteo del primo maggio 2022.
La richiesta dei pm Davide Pretti ed Enzo Bucarelli risale al 13 febbraio di un anno fa, la firma della gip Roberta Cosentini è arrivata il 31 gennaio, un giorno dopo la delibera, riducendo però l’entità delle misure cautelari: per due degli indagati la Procura chiedeva il carcere, per tre i domiciliari, per altri 15 misure minori.
Ora, l’ordinanza dispone tre obblighi di dimora nel comune di domicilio, di cui per due con presentazione quotidiana alla polizia giudiziaria, quattro divieti di dimora a Torino, cinque obblighi di presentazione quotidiana in commissariato.
Askatasuna parla esplicitamente di «giustizia a orologeria»: «Ci sembrano quanto mai sospette le tempistiche di questa operazione, più mediatica che repressiva».
Il centro sociale mette in sequenza le date e aggiunge: «A parte il solito abuso dello strumento cautelare, sembra proprio strano che un’ordinanza, rimasta nel cassetto per un anno, venga firmata proprio il giorno dopo che viene deliberato l’inizio al percorso che vedrebbe Askatasuna diventare bene comune». Infine, il centro sociale coglie «l’occasione per ribadire che il primo maggio è di tutti e tutte».
L’inchiesta riguarda gli incidenti avvenuti in occasione del corteo della festa dei lavoratori di due anni fa, i reati contestati a vario titolo sono resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. L’indagine si sofferma in particolare sui momenti di tensione in via Roma quando le forze dell’ordine impedirono l’entrata dello «spezzone sociale» in piazza San Carlo, durante i comizi dei sindacati confederali.
Nell’ordinanza la gip si trova, però, in disaccordo con la procura rispetto alla posizione dei «leader del centro sociale», che – sostiene dopo aver esaminato le carte – non avrebbero partecipato agli scontri e avrebbero cercato il dialogo con la polizia.
Ieri, il centrodestra con consiglieri e parlamentari si è raccolto in presidio sotto Palazzo Civico per chiedere il ritiro della delibera: «È uno schiaffo ai cittadini».
Contro la decisione della giunta di centrosinistra anche i sindacati di polizia Sap, Siulp e Fnp: «Askatasuna invece di essere sgomberata sarà legalizzata. Vorrà dire che in futuro per ogni sassolino che ci sarà lanciato addosso, o per ogni vetrina frantumata, faremo partire azioni legali considerando il sindaco e il comune responsabili civilmente».
Fa eco il sottosegretario agli Interni Molteni (Lega): «Legittimare, legalizzare o peggio ancora premiare chi in questi anni si è macchiato di atti di violenza e aggressioni e intimidazioni nei confronti delle forze di polizia è inaccettabile».
L’assessore regionale Maurizio Marrone (FdI) attacca l’amministrazione comunale: «L’operazione di polizia odierna contro Askatasuna ha calato la maschera alla legalizzazione preparata dal sindaco Lo Russo».
Invita, invece, a slegare il percorso di coprogettazione relativo allo stabile di corso Regina 47 dalle azioni della magistratura il sindaco di Torino Stefano Lo Russo: «È mio costume non commentare le azioni condotte dalla magistratura o il tempismo di queste azioni, non ho gli elementi per potermi esprimere. Il nostro è un percorso che, come è scritto anche nelle carte che invito tutti a leggere prima di commentare soprattutto chi sta strumentalizzando un po’ questa questione per ragioni politiche, prescinde dalle azioni di contrasto messe in campo dalla magistratura. E ribadisco la ferma condanna di qualunque atto violento e l’esigenza di perseguire chi ha commesso reati».
Giovedì il sindaco aveva spiegato che «in questi mesi di preparazione la città ha informato passo passo il prefetto, il questore e la procura».
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