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08/02/2024

Quando verrà sciolto il nodo Zelenskij-Zalužnyj?

A che punto è lo scontro tra Vladimir Zelenskij e Valerij Zalužnyj, con i contorni di Washington e Bruxelles impegnati a calmare le acque tra i due e tentare di convincere il presidente golpista a non disfarsi completamente del capo golpista dell’esercito?

La tedesca Die junge Welt scrive che la massima aspirazione di Zelenskij sarebbe quella di trovare un sostituto di Zalužnyj che dimostri – ferme restando tutte le altre caratteristiche – una fiducia incondizionata nella vittoria, elemento venuto a vacillare nel Capo di Stato Maggiore.

A detta della CNN, Zelenskij non ha ancora portato a compimento il licenziamento di Zalužnyj fondamentalmente per due ragioni: vari candidati hanno risposto picche e, soprattutto, egli teme una brusca reazione dell’esercito.

Una delle ultime “pietre d’inciampo” tra il presidente e il generale è stata l’indicazione del secondo di ritirarsi da Avdeevka (come era stato in precedenza con Artëmovsk) per evitare inutili perdite, di fronte all’avanzata russa.

Nei giorni scorsi, Le Figaro scriveva che agli obitori vicini al fronte arrivano ogni giorno dai venti ai trenta soldati e un deputato della Rada ha parlato di almeno mille perdite al giorno, tra morti e feriti.

Dunque, per cercare di appianare il dissidio, a Kiev si sono susseguiti Victoria Nuland e Joseph Borrell: gli scopi ufficiale di entrambi i “visitatori” erano ovviamente altri, ma gli osservatori sono tutti abbastanza concordi nel definire le visite come testimonianze delle preoccupazioni occidentali per i bruschi contrasti ai vertici del paese, anche tra presidente e vari sindaci ucraini, in primo luogo quello di Kiev Vitalij Klichkò.

Non si esclude nemmeno, come è accaduto altre volte dopo visite di consigliori d’oltreoceano, una redistribuzione degli incarichi governativi: già in gennaio si era parlato di insoddisfazione americana per l’attuale gabinetto e conseguente prossima sostituzione del primo ministro Denis Šmigal’ con l’ex ministra delle finanze e attuale ambasciatrice in USA Oksana Markarova.

Sta di fatto che il quadro interno ucraino non è affatto tra i più “pacifici”: il politologo Aleksej Belov ha dichiarato al Servizio analitico del Donbass di percepire nella società ucraina alcuni processi, forieri di precipitare il paese nel caos.

In ogni caso, osserva Belov, le visite di Nuland e Borrell si spiegano con la preoccupazione occidentale per la disputa tra Zelenskij e Zalužnyj e i piani presidenziali di rimuovere il generale. In questo momento, l’Occidente non ha affatto bisogno di litigi che potrebbero portare a una crisi di stato. Pertanto, stanno cercando di persuadere Zelenskij a calmarsi e mettere un freno alla situazione.

In generale, sostiene Belov, l’ideale per la Russia sarebbe che Zelenskij licenziasse Zalužnyj, rimuovesse le ultime persone ragionevoli, cominciasse a impartire ordini che getterebbero l’Ucraina nel caos, mettendosi contro i militari. Gli americani lo capiscono perfettamente e stanno facendo di tutto per evitare un simile scenario.

A parere di Belov, se appare oltremodo inverosimile una rivolta dei militari contro Zelenskij, o addirittura un colpo di stato, una vera minaccia per Kiev potrebbe invece venire dalla violazione del “contratto sociale” tra potere e società, tacitamente concluso dopo majdan; un “contratto” che rimane in vigore finché non si toccano gli interessi profondi degli ucraini e non li si manda al macello al fronte.

Ma è proprio questo, ciò di cui gli ucraini stanno prendendo coscienza, così che sta crescendo il grado di indignazione. Molti ucraini stanno chiedendo «Chi siete voi per mandarci a morte? Con quale diritto lo fate?».

Se questa tendenza si diffondesse massicciamente tra le forze armate attraverso i civili mobilitati a forza, allora sarebbe possibile di tutto. E le dimissioni di Zalužnyj, due volte più popolare di Zelenskij, tanto nell’esercito, come nella società, e forte dell’appoggio USA e UE, potrebbero porre fine alla stabilità del paese.

Secondo Igor’ Druz’, che ne parla su RenTV, l’eventuale allontanamento del capo di Stato Maggiore porterebbe pochi cambiamenti nella situazione al fronte, ma potrebbe provocarne nel quadro politico complessivo.

Ora, in varie occasioni è stato detto (lo ha fatto più di una volta anche l’ex deputato della Rada Oleg Tsarev) che Zelenskij stila in continuazione elenchi di indesiderabili e tra questi inserirebbe volentieri anche il nome del capo di Stato Maggiore. Ma è molto improbabile che da Ovest si conceda al “vassallo” ucraino la licenza di far fuori Zalužnyj; è più probabile che, come mossa di riserva, Zelenskij lo licenzi, addossandogli la responsabilità di insuccessi militari e corruzione. E se Zelenskij avrà remore a farlo arrestare, è più verosimile che ci siano invece licenziamenti e arresti tra i militari anche solo lontanamente sospettati di essere vicini a Zalužnyj. Il quale ultimo, ricorda Igor’ Druz’, viene da una famiglia di ufficiali sovietici, ha studiato in scuole sovietiche ed è cresciuto in ambienti in cui, per dire, la lingua ucraina era considerata un semplice dialetto campagnolo, anche se la formazione militare vera e propria l’ha poi ricevuta in epoca post-sovietica, ma avendo quali istruttori ufficiali del calibro dell’attuale Capo di Stato Maggiore russo Valerij Gerasimov. Ciò che tuttavia non gli ha poi impedito di riciclarsi sui “binari” ukronazisti, come è accaduto con altri ex ufficiali sovietici in Ucraina.

In ogni caso, Zalužnyj è considerato ancora troppo prezioso per i piani anti-russi. Ricordiamo, di passaggio, che già nel 2012 l’americana Forbes aveva pubblicato un servizio lusinghiero sull’allora sconosciuto Zalužnyj e nel 2022 la rivista Time lo classificava tra le 100 persone più influenti al mondo: si trattava, osserva Druz’, di un’aperta spinta accordata a una persona che, al momento, era appena stato nominato capo di Stato Maggiore: quello di Time era un servizio che non rifletteva la reale importanza del generale, quanto era teso a formarne l’immagine.

Ma, tutto sommato, anche se Zalužnyj avesse tutte le chances di prendere il posto di Zelenskij, ciò porterebbe a pochi cambiamenti, come è stato per la sostituzione di Petro Porošenko con Zelenskij nel 2019. Il cambio di quelli che non sono altro, di fatto, che portavoce del regime d’occupazione americano-britannico a Kiev, conclude Druz’, provocherebbe pochi mutamenti, anche se «Zaluzhny, quale “sovrano”, pur con un potere molto limitato, sarebbe una persona dotata di maggiore buon senso, e dunque più pericoloso per noi».

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