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L’Italia punta a diventare il più importante hub sud-europeo del gas. E per questo nella Strategia energetica nazionale sono previste garanzie per la copertura dei costi di costruzione delle infrastrutture necessarie. Le vicende del rigassifigatore al largo di Livorno non sono però incoraggianti.
UN CONTESTO INCERTO
I consumi di gas naturale continuano a diminuire, ma l’Italia si appresta a fare un primo, esemplare, passo per diventare un hub del gas o meglio il principale «hub sud-europeo»: insieme alla promozione di un mercato del gas competitivo, integrato con l’Europa e con prezzi a essa allineati, questa è infatti la seconda delle priorità individuate nella Strategia energetica nazionale (Sen), varata in extremis, addirittura dopo le elezioni, dal gabinetto Monti.
Nella Sen l’hub è ritenuto un’opportunità che l’Italia può cogliere attraverso una serie di investimenti mirati (infrastrutture strategiche). Il progetto, però, sconta diverse criticità e, soprattutto un problema di fondo: la chiamata in causa dei consumatori finali, che attraverso la bolletta del gas finanzierebbero le nuove infrastrutture.
Delle criticità ne richiamiamo solo una, la maggiore, che invero riguarda l’intera Sen, della quale è a dir poco dubbio il valore giuridico – e non è un caso che il Parlamento, né dell’attuale né della scorsa legislatura, si sia potuto esprimere sulla Sen. (1) Ciò mina irrimediabilmente ogni concreta applicazione della Strategia che risulta caratterizzata da un elevatissimo, e intrinseco, rischio regolatorio perché una regola vale tanto più quanto è certa e duratura nel tempo. Davvero troppo ottimistico, infatti, ipotizzare che sui numerosi atti che dovrebbero essere posti in essere affinché la Sen non resti lettera morta, non ci siano ricorsi ai tribunali amministrativi (e non solo), specie nei casi in cui si prevede la realizzazione di nuove infrastrutture.
L’INEVITABILE INCENTIVO
Tra le infrastrutture, nella Sen assumono un ruolo principe i terminali di rigassificazione di Gnl. Tanto da prevedere iter autorizzativi accelerati e la concessione di un fattore di garanzia, che assicuri una copertura dei costi di investimento, anche qualora l’impianto non venga utilizzato. (2)
La scelta delle infrastrutture strategiche verrebbe effettuata attraverso procedure a evidenza pubblica, secondo criteri trasparenti e non discriminatori di costo-beneficio, relativamente alla capacità (intera o parziale) di rigassificazione, offerta a terzi in regime regolato. Un procedimento complicato che, viste anche le implicazioni che comporterebbe per il sistema tariffario su cui verrebbe a gravare, sarà certamente preparato con cura.
Tuttavia, una infrastruttura strategica, sebbene ante litteram, parrebbe già esserci: l’avveniristico terminale di rigassificazione al largo di Livorno, per il quale la Olt, dopo aver rinunciato all’esenzione dal diritto di accesso di terzi (la possibilità, dunque, di utilizzo esclusivo del terminale) vorrebbe passare al regime regolato e beneficiare di un fattore di garanzia, anche se depotenziato. Tanto prevede il documento di consultazione 237/2013/R/gas dell’Autorità per l’energia elettrica e il gas.
Il rigassificatore off shore al largo delle coste toscane entrerà in funzione tra pochi mesi. Più che di incentivo, l’accesso al regime regolato e al fattore di garanzia sembra avere tutte le caratteristiche di un aiuto, necessario perché i fondamentali del mercato sono di molto cambiati.
La stessa Aeeg nel documento di consultazione scrive: «La rinuncia all’esenzione da parte di un operatore comporta il riconoscimento del fatto che, per quel determinato terminale, l’investitore ritiene che non sussistano più le condizioni per un’allocazione a mercato della capacità, e dunque per la sostenibilità economica a mercato dell’infrastruttura stessa».
CATTEDRALI NEL MARE
Perché, dunque, intervenire con regole di grande aiuto laddove il mercato e i (denari) privati non ce la fanno? I motivi vanno ricercati sempre nel testo della Sen. Uno però può essere subito spuntato: la sicurezza delle forniture.
Non è affatto detto che i rigassificatori siano utili sul piano della sicurezza nella copertura della domanda giornaliera di gas, l’unica che in caso di freddo particolarmente intenso a fine inverno, con capacità di erogazione degli stoccaggi dimezzata, può destare qualche problema. (3) Ne abbiamo già scritto a proposito dell’emergenza gas del febbraio 2012, quando condizioni meteo eccezionalmente avverse impedirono le operazioni di scarico dalle navi metaniere cosicché l’apporto dei due rigassificatori esistenti proprio nel momento di massimo bisogno è stato minimo e sempre inferiore a quanto si è riusciti a risparmiare con le misure emergenziali. È poi evidente che questo limite vale tanto più quanto il terminale si trovi al largo: quello di Livorno sarà molto lontano, invisibile dalla costa, un indubbio merito sul piano dell’impatto paesaggistico.
Più incerta la questione relativa all’incremento della concorrenza. Un aumento della capacità di import, tanto più se contrattualizzata a breve, contribuisce ad aumentare la liquidità del mercato. Nel breve termine, però, la rinuncia all’esenzione certifica che l’infrastruttura ben difficilmente sarà in grado di far giungere gas in Italia a prezzi inferiori a quelli di mercato. Alto è quindi il rischio che resti inutilizzata, come una (nuova) cattedrale nel deserto. E troppe ne abbiamo già viste.
È dunque necessario che l’onere da pagare per i rigassificatori, anche qualora rimanessero inutilizzati, sia inferiore ai benefici ottenibili. Qui ci si avventura in un terreno piuttosto incerto (e opaco).
Nella Sen il costo di un rigassificatore da 8 miliardi di metri cubi (Gmc) viene stimato in circa un miliardo di euro, con un costo addizionale annuo per il sistema di 100-150 milioni di euro, nell’ipotesi estrema in cui l’incremento rimanesse totalmente inutilizzato. Per i benefici, il ragionamento è il seguente: «Considerato che la spesa per la sola materia prima gas è stimabile complessivamente in circa 25 miliardi di euro l’anno, anche una contenuta riduzione del prezzo del gas attribuibile all’apporto di liquidità offerto dall’infrastruttura (in particolare con riferimento alla sola componente di trasporto dall’Europa, che incide per circa 2,7 euro/MWh), rende più che giustificabile l’investimento, dato che contribuirebbe a una riduzione della bolletta gas complessiva dell’Italia fino a circa 1,5 miliardi di euro l’anno (pari al delta costo di trasporto)».
Ma in verità, non ci sono elementi certi per poter dire che ci sia un differenziale di prezzo strutturale di 2,7 €/MWh (pari al costo di arbitraggio fisico dato dal costo di trasporto) tra il gas scambiato nel Nord Europa. Negli ultimi mesi il differenziale – senza nessuna nuova infrastruttura – si è andato sempre più riducendosi fino ad annullarsi. (4)
Ci auguriamo dunque che l’aiuto al rigassificatore al largo di Livorno, che senza contare i costi per il collegamento alla rete, pare sia già costato 850 milioni a fronte di una capacita di soli 3,75 Gmc, sia solo un esperimento, una “prima” a cui non seguano repliche.
(1) Per gli appassionati di questioni giuridiche
(2) In attuazione delle disposizioni contenute nell’art. 3 del Dlgs n. 93 del 2011.
(3) Nella stagione invernale la capacità di erogazione degli stoccaggi, all’incirca pari a quella di due importanti gasdotti, diminuisce progressivamente al diminuire del gas presente nei giacimenti.
(4) Come pure chiaramente scrive la Dg Energy nel recente Rapporto europeo sui mercati del gas relativo al primo trimestre 2013.
Fonte
Giusto per snellire un po' la prosa dell'articolo francamente poco digeribile, è praticamente certificato che anche quello dei rigassificatori è l'ennesimo buco nero all'italiana (ma non solo) che ingoia risorse senza apportare alcun benefico tangibile alla collettività.
Peccato che la succitata certificazione di questo stato di cose la otterremo tra qualche anno, magari tra un decennio abbondante, quando l'OLT marcirà, mestamente ormeggiato a qualche banchina di servizio del porto di Livorno o, nella migliore delle ipotesi, vivaccheirà tentando, almeno, d'ammortizzare i costi di realizzo e manutenzione annua.
Come si dice, capitalismo di rapina!
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