Quando si scrivono, come noi, articoli che spiegano alcuni dei meccanismi che si celano dietro le rivolte filoccidentali in giro per il mondo, il rischio di essere accusati di complottismo e di essere tacciati di filorussi, filocinesi, filosiriani, filoserbi, filolibici o filochenesofatevoi è sempre molto alto.
Per la maggior parte dei fruitori dell’informazione, a maggior ragione quelli con una mentalità più o meno progressista, il mondo si divide in buoni – l’occidente in generale con i suoi valori di libertà e democrazia – e cattivi. E quindi se i buoni intervengono contro i cattivi non c’è che da rallegrarsene, anche se a volte se ne possono criticare le esagerazioni – guerre, invasioni, occupazioni militari, colpi di stato. In certi ambienti provare a spiegare, dati, nomi e documenti alla mano, che da tempo gli Stati Uniti e recentemente anche l’Unione Europea hanno investito sugli apparati che lavorano alla destabilizzazione dei paesi nemici e competitori, sembra proprio fiato – e inchiostro – sprecato. Ma affermare che gli “Stati forti” provano a distruggere o a impossessarsi degli “stati deboli” attraverso l’utilizzo di immensi apparati di propaganda, logistici, militari e di intelligence che danno lavoro a decine di migliaia di funzionari e spioni coscienti e di attivisti e militanti a volte coscienti a volte no, con lo stanziamento di miliardi di dollari/euro e l’interessamento di consistenti pezzi dei rispettivi apparati statali, non vuol dire essere complottisti. Vuol dire semplicemente andare più a fondo della schematica e semplicistica versione ufficiale degli eventi fornita dagli ideologi e dai propagandisti al servizio delle ‘rivoluzioni colorate’.
Basta che qualche migliaio di persone scendano in piazza, opportunamente imbeccate dal meccanismo/apparato internazionale di cui sopra, ed ecco che scatta l'autoidentificazione con il "popolo" che protesta contro il "regime". In discussione non sono la spontaneità delle proteste e neanche la loro genuinità e fondatezza, ma tutto ciò che chi ha strumenti in grado di operare efficacemente costruisce attorno ad eventi che altrimenti, spesso, rimarrebbero circoscritti e senza particolari conseguenze.
Eppure, in tempi di competizione globale e di scontro tra poli imperialisti, che all’opera ci sia un’enorme, possente macchina del fango e della disinformazione appare più che evidente, soprattutto per quanto riguarda gli Stati Uniti. Su dove sono e come funzionano gli analoghi apparati di manipolazione e disinformazione al servizio della strategia europea di allargamento e di egemonia al sud e all’est ci sono ancora parecchi buchi, anche se il ruolo svolto dalla tedesca Fondazione Adenauer nella creazione del partito di destra ucraino Udar la dice lunga sull’attivismo europeo in quello che sta per diventare il proprio cortile di casa, Russia permettendo. Di seguito un interessante articolo di Simone Pieranni su come funziona questo tipo di intervento delle grandi potenze. Per chi non si accontenta degli slogan e delle interpretazioni superficiali, c’è materia sul quale ragionare...
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Ucraina: i finanziatori della rivolta «on demand»
Simone Pieranni, 31.3.2014 (Il Manifesto)
Ucraina. Organizzazioni vicine a Cia e Pentagono hanno investito su media e ong protagoniste della «narrazione» dei fatti di Majdan
Alcuni eventi, come quelli accaduti in Ucraina, sono il frutto di molteplici fattori. Istinto, violenza, abilità diplomatica, ma anche aiuti, sostegni e la capacità di guidare l’opinione pubblica a determinate reazioni. A Kiev, potremmo sostenere di aver assistito ad una rivolta che ha visto la manovalanza di piazza dei neonazisti di «Settore Destro» e «Svoboda», una classe politica locale filo americana e Fmi (nonché oligarchi, contro altri oligarchi) giocarsi le proprie carte nella nuova situazione politica creata e determinata dalla piazza e un valente gruppo di comunicatori, messo a disposizione da fondazioni, finanziatori privati e Congresso Usa, capace di guidare la «narrazione» degli eventi e addirittura di «prepararli» a livello mediatico.
Molti di questi sostegni, in Ucraina, sono in gestazione da lungo tempo. E sono, appunto, finanziati: dagli Stati uniti, da tycoon, da ambasciate. A colpire è il miscuglio di fondazioni privati, di miliardari che in altre situazioni, come vedremo, guidano le battaglie per la libertà di espressione e istituti che gli esperti americani hanno identificato fin da subito come apparati dell’intelligence, la Cia. Interessi, obiettivi politici e un’agenda ben determinata: non significa ritenere che gli eventi ucraini siano avvenuti solo grazie a questi fattori, ma l’utilizzo delle contemporanee forme di comunicazione da parte dell’intelligence, non è certo storia di oggi e non si può dire non abbia un suo peso.
L’«AGENZIA» AL LAVORO
Come racconta il premio Pulitzer Mark Mazzetti nel suo ultimo libro, Killing Machine (Feltrinelli, 15 euro), la Cia negli States è un ragno capace di usare tutti i suoi artigli, mischiandosi abilmente ad ogni tipo di iniziativa. Ed è anche determinata a ottenere obiettivi, nonostante le guerre interne. Se nel suo libro Mazzetti raccoglie tutti gli ultimi «ordini di uccidere» dell’«Agenzia» dopo l’11 settembre, in un capitolo analizza una tecnica più fine di manipolazione, ovvero quella mediatica.
Nel 2005 un agente della Cia aveva infatti raccolto il consenso della dirigenza a seguito dell’utilizzo di una piccola società di sviluppo software della Repubblica ceca, che realizzava video diffusi in streaming via cellulare (tendenzialmente di filmini porno). Una cosa cui oggi siamo abituati, non nel 2005. Questa tecnologia venne messa a disposizione della Cia per creare contenuti multimediali in quei paesi in cui serviva una visione «positiva» degli Stati Uniti. Puntarono, grazie a musica e videogiochi, ai paesi musulmani.
E a Kiev? Cominciamo da un ex analista Cia. «Ora, la domanda è: chi ha provocato l’agitazione generale? Abbiamo prove indelebili, sulla base di una conversazione telefonica intercettata. E chi sta parlando? L’assistente del segretario di Stato per gli affari europei, Victoria Nuland. Parla con il nostro ambasciatore a Kiev. E cosa dice? Dice: «Yats, Yats, Yatsenyuk, è lui il ragazzo che ha esperienza economica, l’esperienza di governo, è lui il nostro uomo». Ora, indovinate un po’: poche settimane dopo Yatsenyuk è diventato il primo ministro ad interim dell’Ucraina. Non sto dicendo che il National Endowment for Democracy sia completamente responsabile, ma sicuro è stato un catalizzatore. E quando hai 65 progetti in Ucraina finanziati con 100 milioni di dollari se fossi un russo, direi, “Sembra che stiano cercando di fare con l’Ucraina quello che hanno fatto per il resto dell’Europa orientale”, cioè allargare la Nato a est, in funzione anti russa».
A parlare è Ray McGovern (su democracynow.com), ex analista Cia per 27 anni. McGovern fa un rapido riferimento anche alla National Endowment for Democracy (Ned), braccio economico della Cia attraverso i finanziamenti alle ong locali, cui arriveremo a breve.
L’INTERESSE USA PER L’UCRAINA
Cosa intendeva dire McGovern? Che gli Stati Uniti hanno da tempo un grande interesse per l’Ucraina, realizzato attraverso il finanziamento di fondazioni privati e organismi dipendenti dal Pentagono, in favore di organizzazioni non governative e apparati mediatici ucraini; non si tratta dell’unica causa della rivolta, ma di sicuro potrebbe apparire una scusa perfetta per Putin e la sua azione in Crimea. Quando la telefonata tra Nuland e l’ambasciatore americano a Kiev diventa nota, scopriamo la figura di Nuland, moglie di un noto neocon. L’intercettazione fu registrata soprattutto per le parole anti Europa di Nuland. In realtà la persona interessante nella conversazione è l’ambasciatore Usa a Kiev: Geoffrey Pyatt.
È lui uno dei principali artefici del finanziamento americano ai media di Majdan. Nell’agosto del 2013 autorizza un versamento economico alla Hromadske.tv che ha coperto per intero le proteste «pro Europa». Molti dei giornalisti della stazione tv hanno esperienza con i media americani: il direttore Roman Skrypin, ha lavorato con le «americane» Radio Free Europe e di Ukrainska Pravda, fondata da americani. Skrypin ha anche ottenuto fondi da Soros, contribuendo a fare nascere Channel 5 la tv della rivoluzione arancione e della protesta di Majdan. Hromadske tv è stata supportata anche dall’ambasciata olandese.
L’UOMO DEL FONDO MONETARIO
L’ambasciatore Pyatt ha trovato molto del lavoro già fatto. E per spiegarlo serve mettere a fuoco un personaggio chiave dell’Ucraina contemporanea. Si tratta di un uomo che ha fondato una ong, capace di raccogliere quasi un centinaio delle ong anti Yanukovich del paese, e che secondo il Financial Times, nel dicembre 2013, «sta giocando un ruolo decisivo nelle proteste». Si tratta di Oleh Rybachuk, esponente di punta della cricca neoliberista ucraina, descritto come il favorito del Dipartimento di stato, dei neocon di Washington, della Ue e della Nato».
Rybachuk dunque è un uomo Nato, vicino a Washington: nel governo uscito dalla rivoluzione arancione è vice primo ministro di Yuschenko e guida un’ondata di privatizzazioni nonché le relazioni tra Ucraina, Ue e Nato.
Poi arriva Yanukovich e per Rybachuk arrivano momenti grami, viene anche messo sotto inchiesta per «lavaggio di denaro sporco». Perché? Perché, avrebbe ricevuto oltre 500mila dollari per la sua ong, di cui il 54% proviene dalla Pact Inc., fondata all’Agenzia per lo sviluppo internazionale degli Usa; il 36% proviene dalla Omidyar Foundation, fondata da Pierre Omidyar e la moglie. Altri donatori erano la International Renaissance Fundation (di Soros) e la National Endowment for Democracy, fondata in larga parte dal Congresso americano. Ma chi sono Omydiar e la National Endowment for Democracy?
IL FONDATORE DI EBAY E LA NED
Partiamo dal primo, Omidyar. È il tycoon – già fondatore dell’impero Ebay — che ha finanziato The Intercept, il sito di investigazione di Glenn Greenwald, colui che ha gestito e pubblicato per primo le rilevazioni del Datagate del «whistlebowler» Snowden. Un’ambiguità di Omidyar, che da un lato finanzia inchieste contro la Casa Bianca, dall’altra supporta gruppi vicini a Pentagono e Cia. Omidyar infatti non ha finanziato solo la New Citizen. Perché Rybachuk ha fondato la più grande delle sue ong, che ha avuto un ruolo primario nella gestione mediatica e organizzativa di Majdan, nonché nella preparazione di quella campagna anti Yanukovich, fomentata proprio da alcuni suoi progetti (come un sito per misurare l’onestà dei politici o la ong Chesno, che significa proprio «onestà» e capace di raccogliere 800mila dollari da varie fondazioni create dal Congresso Usa, di cui oltre 600mila dalla Pact; i documenti che rivelano i finanziatori sono a questo indirizzo internet.
La nuova creazione di Ryabachuk è la Center Ua per la quale sono piovuti altri soldi. Nel 2013, il sito internet foreignassistance.gov mostra come organizzazioni americane abbiano pagato la Pact Inc., alla voce «Ucraina» per 7 milioni di dollari, per progetti di «democrazia, diritti umani e governance. Sui siti delle sue organizzazioni, fino al 2012, è semplice: basta andare sul sito e scaricarsi il bilancio.
Tra i sostenitori anche la National Endowment for Democracy, ovvero un’organizzazione che costituisce una sorta di braccio charity della Cia ed è presente in tutti i finanziamenti ai «media di Majdan». Cos’è? Come ha spiegato il magazine Salon, a proposito dell’espulsione di una ong americana dall’Egitto «nel tempo la Cia ha sempre finanziato segretamente, e talvolta le ha proprio create, organizzazioni non governative private per fare propaganda e per fornire copertura per operazioni segrete in tutto il mondo». Qualcosa però a un certo punto non funziona: l’apparato cominciò a sfaldarsi alla fine del 1960, minato da una crescente opposizione alla guerra del Vietnam. «Un magazine, Ramparts, e altri mezzi di comunicazione denunciarono l’utilizzo della Cia di fondazioni private, tra cui la Fondazione Ford». Per gestire al meglio questo tipo di missione, venne riempito un vuoto amministrativo. E ci pensò la presidenza Reagan, con una maggioranza bipartisan: nel 1983 creò il National Endowment for Democracy (Ned). Ancora vivo e attivo, anche in Ucraina.
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