di Mario Lombardo
Il consolidamento del potere da parte delle élites thailandesi dietro
al colpo di stato del maggio scorso ha fatto segnare una tappa
importante qualche giorno fa, quando la giunta militare ha nominato i
membri della nuova Assemblea Legislativa. Confermato dall’anziano
monarca, Bhumibol Adulyadej, il Parlamento non eletto è composto da 200
deputati, di cui più della metà ufficiali militari e di polizia tuttora
in servizio o in pensione.
Tra gli altri componenti
dell’assemblea scelti dal regime militare guidato dal generale Prayuth
Chan-ocha figurano alti dirigenti del business thailandese, accademici e
alcuni ex membri del precedente Senato - anch’esso in parte non
elettivo - tutti rigorosamente oppositori del deposto governo del
partito Pheu Thai dell’ex premier Yingluck Shinawatra.
La
presenza di nuovi legislatori come, ad esempio, i numeri uno di Toshiba
Thailandia, di Colgate-Palmolive Thailandia e del gigante delle
assicurazioni Liberty Insurance conferma l’appoggio del business
indigeno al golpe e l’allineamento dei loro interessi alle iniziative
della dittatura di Prayuth.
La nuova assemblea sostituisce le due
camere del Parlamento thailandese - Camera dei Rappresentanti e,
appunto, Senato - e avrà il compito di approvare leggi, un nuovo primo
ministro e un gabinetto, il tutto dietro indicazioni del cosiddetto
Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine che manterrà il completo
controllo sull’evoluzione politica nel paese.
La nuova assemblea
si riunirà per la prima volta giovedì e già il giorno successivo
dovrebbe eleggere il primo ministro, che secondo i media thailandesi
sarà lo stesso generale Prayuth. In seguito, l’assemblea legislativa
sceglierà il proprio presidente e il suo vice.
La nomina
dell’assemblea è il risultato dell’adozione sempre da parte dei militari
di una Costituzione provvisoria, annunciata il 22 luglio scorso. La
nuova carta stabilisce inoltre la formazione di un “Consiglio per le
riforme” e una commissione incaricata di scrivere una Costituzione
definitiva. I poteri assegnati alla giunta militare sono ovviamente
molto ampi e includono la possibilità di porre il veto sul contenuto
della Costituzione definitiva e di intervenire nella vita politica del
paese anche senza l’assenso del governo civile.
Una
questione centrale che verrà affrontata con nuove leggi se non
addirittura nella Costituzione sarà la messa al bando delle misure
moderatamente progressiste adottate nell’ultimo decennio dai governi di
Yingluck e del fratello, l’imprenditore miliardario in esilio Thaksin
Shinawatra, anch’egli deposto da un colpo di stato militare nel 2006.
L’attuale
regime ha già abolito il programma di acquisto di riso da parte del
governo che garantiva ai produttori - soprattutto nel nord rurale della
Thailandia, dove il clan Shinawatra ha la propria base elettorale -
prezzi più alti rispetto a quelli di mercato.
Già in vista c’è poi la fine dei sussidi pubblici che contribuiscono
ad abbassare i prezzi dei carburanti, mentre una recente rivelazione ha
ipotizzato la cancellazione anche di una delle iniziative più popolari
introdotte da Thaksin, cioè la rete di assistenza sanitaria universale
praticamente gratuita.
In seguito alla rivelazione, la giunta
militare ha negato che possa essere introdotto nell’immediato il
pagamento di una sorta di “ticket” che potrebbe arrivare fino al 50% del
costo delle prestazioni sanitarie, anche se una soluzione di questo
genere è già allo studio per il prossimo futuro.
Più in generale,
i prossimi mesi in Thailandia vedranno l’implementazione di misure di
austerity che nei mesi della crisi che ha attraversato il paese del
sud-est asiatico erano state richieste a gran voce dalla comunità degli
affari domestica e internazionale in seguito allo stallo dell’economia.
Come
è noto, per circa sette mesi l’opposizione thailandese, organizzata nel
cosiddetto Comitato Popolare per la Riforma Democratica, aveva chiesto
le dimissioni del governo con insistenti manifestazioni di protesta.
L’obiettivo era però stato raggiunto solo con l’ennesimo colpo di stato
dei militari del 22 maggio, preparato da una serie di procedimenti
legali contro il capo del governo sulla base di accuse gonfiate di
corruzione e abuso di potere.
Parallelamente, le elezioni tenute a
febbraio e vinte dal Pheu Thai di Yingluck Shinawatra sono state subito
delegittimate dai tribunali, nonostante le operazioni di voto non
fossero state completate a causa dei disordini provocati
dall’opposizione di piazza.
La giunta guidata dal generale
Prayuth, una volta preso il potere, ha poi proceduto con arresti e
restrizioni imposte ai leader del partito Pheu Thai. Purghe e censure
sono infine seguite con il pieno appoggio della monarchia e degli altri
tradizionali ambienti di potere thailandesi da tempo penalizzati
dall’ascesa del clan Shinawatra.
Nonostante
i timori, il rovesciamento dell’ordine democratico in Thailandia è
avvenuto senza eccessivi scontri o tensioni interne. Le proteste degli
anni scorsi da parte dei sostenitori di Thaksin e del suo movimento
politico (“Camicie rosse”) in risposta alle precedenti iniziative dei
militari risultano finora assenti, principalmente a causa della
decisione presa dai vertici del Fronte Unito per la Democrazia Contro la
Dittatura di non mobilitare alcuna opposizione.
Questi ultimi
avevano a lungo minacciato di marciare su Bangkok in caso di deposizione
del governo legittimo ma, con ogni probabilità per il timore che la
situazione possa sfuggire di mano, in seguito alla mobilitazione delle
classi rurali e urbane più povere, affermano ora di volere attendere
tempi migliori.
Nel frattempo, di fronte alle critiche formali
espresse dai governi occidentali, i quali hanno però sostanzialmente
appoggiato il golpe, la giunta militare continua ad agitare la
possibilità di stabilire rapporti più stretti con la Cina come arma per
ottenere una qualche legittimità sul piano internazionale.
In
questo senso va interpretata ad esempio la recente approvazione di un
progetto ferroviario ad alta velocità da oltre 20 miliardi di dollari
che in meno di un decennio dovrebbe collegare la Cina alla Thailandia.
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