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05/08/2014

La Thailandia dei militari

di Mario Lombardo

Il consolidamento del potere da parte delle élites thailandesi dietro al colpo di stato del maggio scorso ha fatto segnare una tappa importante qualche giorno fa, quando la giunta militare ha nominato i membri della nuova Assemblea Legislativa. Confermato dall’anziano monarca, Bhumibol Adulyadej, il Parlamento non eletto è composto da 200 deputati, di cui più della metà ufficiali militari e di polizia tuttora in servizio o in pensione.

Tra gli altri componenti dell’assemblea scelti dal regime militare guidato dal generale Prayuth Chan-ocha figurano alti dirigenti del business thailandese, accademici e alcuni ex membri del precedente Senato - anch’esso in parte non elettivo - tutti rigorosamente oppositori del deposto governo del partito Pheu Thai dell’ex premier Yingluck Shinawatra.

La presenza di nuovi legislatori come, ad esempio, i numeri uno di Toshiba Thailandia, di Colgate-Palmolive Thailandia e del gigante delle assicurazioni Liberty Insurance conferma l’appoggio del business indigeno al golpe e l’allineamento dei loro interessi alle iniziative della dittatura di Prayuth.

La nuova assemblea sostituisce le due camere del Parlamento thailandese - Camera dei Rappresentanti e, appunto, Senato - e avrà il compito di approvare leggi, un nuovo primo ministro e un gabinetto, il tutto dietro indicazioni del cosiddetto Consiglio Nazionale per la Pace e l’Ordine che manterrà il completo controllo sull’evoluzione politica nel paese.

La nuova assemblea si riunirà per la prima volta giovedì e già il giorno successivo dovrebbe eleggere il primo ministro, che secondo i media thailandesi sarà lo stesso generale Prayuth. In seguito, l’assemblea legislativa sceglierà il proprio presidente e il suo vice.

La nomina dell’assemblea è il risultato dell’adozione sempre da parte dei militari di una Costituzione provvisoria, annunciata il 22 luglio scorso. La nuova carta stabilisce inoltre la formazione di un “Consiglio per le riforme” e una commissione incaricata di scrivere una Costituzione definitiva. I poteri assegnati alla giunta militare sono ovviamente molto ampi e includono la possibilità di porre il veto sul contenuto della Costituzione definitiva e di intervenire nella vita politica del paese anche senza l’assenso del governo civile.

Una questione centrale che verrà affrontata con nuove leggi se non addirittura nella Costituzione sarà la messa al bando delle misure moderatamente progressiste adottate nell’ultimo decennio dai governi di Yingluck e del fratello, l’imprenditore miliardario in esilio Thaksin Shinawatra, anch’egli deposto da un colpo di stato militare nel 2006.

L’attuale regime ha già abolito il programma di acquisto di riso da parte del governo che garantiva ai produttori - soprattutto nel nord rurale della Thailandia, dove il clan Shinawatra ha la propria base elettorale - prezzi più alti rispetto a quelli di mercato.
Già in vista c’è poi la fine dei sussidi pubblici che contribuiscono ad abbassare i prezzi dei carburanti, mentre una recente rivelazione ha ipotizzato la cancellazione anche di una delle iniziative più popolari introdotte da Thaksin, cioè la rete di assistenza sanitaria universale praticamente gratuita.

In seguito alla rivelazione, la giunta militare ha negato che possa essere introdotto nell’immediato il pagamento di una sorta di “ticket” che potrebbe arrivare fino al 50% del costo delle prestazioni sanitarie, anche se una soluzione di questo genere è già allo studio per il prossimo futuro.

Più in generale, i prossimi mesi in Thailandia vedranno l’implementazione di misure di austerity che nei mesi della crisi che ha attraversato il paese del sud-est asiatico erano state richieste a gran voce dalla comunità degli affari domestica e internazionale in seguito allo stallo dell’economia.

Come è noto, per circa sette mesi l’opposizione thailandese, organizzata nel cosiddetto Comitato Popolare per la Riforma Democratica, aveva chiesto le dimissioni del governo con insistenti manifestazioni di protesta. L’obiettivo era però stato raggiunto solo con l’ennesimo colpo di stato dei militari del 22 maggio, preparato da una serie di procedimenti legali contro il capo del governo sulla base di accuse gonfiate di corruzione e abuso di potere.

Parallelamente, le elezioni tenute a febbraio e vinte dal Pheu Thai di Yingluck Shinawatra sono state subito delegittimate dai tribunali, nonostante le operazioni di voto non fossero state completate a causa dei disordini provocati dall’opposizione di piazza.

La giunta guidata dal generale Prayuth, una volta preso il potere, ha poi proceduto con arresti e restrizioni imposte ai leader del partito Pheu Thai. Purghe e censure sono infine seguite con il pieno appoggio della monarchia e degli altri tradizionali ambienti di potere thailandesi da tempo penalizzati dall’ascesa del clan Shinawatra.

Nonostante i timori, il rovesciamento dell’ordine democratico in Thailandia è avvenuto senza eccessivi scontri o tensioni interne. Le proteste degli anni scorsi da parte dei sostenitori di Thaksin e del suo movimento politico (“Camicie rosse”) in risposta alle precedenti iniziative dei militari risultano finora assenti, principalmente a causa della decisione presa dai vertici del Fronte Unito per la Democrazia Contro la Dittatura di non mobilitare alcuna opposizione.

Questi ultimi avevano a lungo minacciato di marciare su Bangkok in caso di deposizione del governo legittimo ma, con ogni probabilità per il timore che la situazione possa sfuggire di mano, in seguito alla mobilitazione delle classi rurali e urbane più povere, affermano ora di volere attendere tempi migliori.

Nel frattempo, di fronte alle critiche formali espresse dai governi occidentali, i quali hanno però sostanzialmente appoggiato il golpe, la giunta militare continua ad agitare la possibilità di stabilire rapporti più stretti con la Cina come arma per ottenere una qualche legittimità sul piano internazionale.

In questo senso va interpretata ad esempio la recente approvazione di un progetto ferroviario ad alta velocità da oltre 20 miliardi di dollari che in meno di un decennio dovrebbe collegare la Cina alla Thailandia.

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