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21/08/2014

Trucchiamo i conti per tornare belli


A breve, su decisione dell'Unione Europea, sarà possibile conteggiare anche le attività criminali ai fini del calcolo del Pil.

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E’ come quando riadattiamo i vestiti perché siamo dimagriti. Ritorneranno a calzarci a pennello. E’ cosi stanno facendo con i parametri che si utilizzano per misurare la ricchezza di un paese. Il PIL per esempio. E’ in continuo calo, e non solo in Italia, a dimostrazione che la crisi non è di tipo strutturale di un singolo paese, ma è a livello sistemico per tutti i paesi. I parametri che misuravano il PIL definiti come SEC 1995 erano ante crisi apparente e continuavano a dire che si andava sempre peggio. Troppo insufficiente per poter contrastare il debito e quindi il suo rapporto rischiava di scendere sotto i parametri invalicabili fissati. Nel nuovo ricalcolo del PIL entreranno anche le attività illegali, criminali, furti, rapine, riciclaggio, spaccio di droga, prostituzione, vendita di armi illegali, e via di questo passo.

Come saranno calcolate queste attività visto che per definizione sono illegali e quindi si presuppone fuori dal controllo statale? Ma naturalmente attraverso le statistiche e le valutazioni da parte di istituti di statistica governativi, sorvegliati da autorità della UE. Nessun dato oggettivo, empirico, verificabile, ma solo supposizioni, valutazioni ad capocchiam o meglio lasciate alla discrezionalità di chi guida la macchina che, per quanto entro ambiti scientifici, sono pur sempre lasciate ad una dose di aleatorietà.

Che fine farà la lotta alla criminalità? Quale vantaggio ne ricaverà l’economia di un paese dal frenare, combattere, ostacolare queste attività criminali che portano, secondo i calcoli, benessere e ricchezza al paese? E come saranno considerati i vari Riina, Spatò, grandi boss della malavita? Ancora criminali nemici della società o capitani dell’industria, cavalieri del lavoro? Fermare un capoclan e quindi fermare, seppur temporaneamente, le attività ad esso legate porterà inevitabilmente ad un calo del PIL, e quindi a manovre economiche e fiscali per il recupero. Sarà quindi considerato un bene o un male combattere dette attività?

Saranno considerati investimenti anche le spese militari, l’industria della guerra. In questo l’Italia era già campione, visto che da qualche anno a questa parte le spese militari erano a carico non del bilancio del Ministero della Difesa (ormai della Guerra; su questa voce erano rimaste solo le spese per stipendi e manutenzione sulle infrastrutture), ma su quello dello Sviluppo, cosi da essere considerati non spese, ma investimenti.

Potrà mai avere speranza di successo (se mai ne ha mai avuta), la lotta contro gli acquisti di armi sofisticate come gli F35, o le fregate appena commissionate a Finmeccanica, se queste spese sono considerati investimenti e quindi non annoverabili come deficit, ma come spese produttive?

Se le regole quindi non ci vanno più bene, allora le cambiamo. Che male c’è? L’importante e che non si facciano raffronti fra il primo ed il dopo.

Che non vengano a dire che stiamo meglio oggi rispetto a ieri perché il PIL è cresciuto. Ma questo meglio è veramente un bene, stiamo meglio e viviamo meglio se il PIL è cresciuto alla luce di questi nuovi parametri di misurazione dello stesso?

Da parte di molti viene considerato un male che la politica sia sottomessa e condizionata all’economia e molti spiegano che deve essere la Politica ad utilizzare l’economia come strumento per lo sviluppo della società e l’amministrazione del Bene Comune. Per la felicità dei suoi cittadini.

Alla luce di questi fatti, possiamo dire che si stia invertendo la tendenza in atto? Possiamo affermare che la Politica e la misurazione della felicità di un Paese siano misurabili con il PIL (se mai lo sia stato vecchia e nuova versione)?

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