Domenica siamo chiamati ad esprimerci su cinque referendum. Il primo dato indigesto è che avrebbero dovuto essere sette ma i due referendum popolari (cioè con la raccolta di firme) sono stati bocciati e solo i cinque richiesti da nove consigli regionali (di centro-destra) sono stati dichiarati ammissibili.
Scippati e bocciati dunque i referendum su materie sulle quali il Parlamento fa ostracismo (eutanasia e legalizzazione della cannabis), sono stati ammessi solo quelli in materia di giustizia. Alcuni di essi pongono questioni rilevanti, altri del tutto strumentali agli interessi della destra.
Verremo dunque chiamati ad esprimerci sulla limitazione della carcerazione preventiva e la separazione delle carriere dei magistrati (questioni importanti) ma anche sulle valutazioni sui magistrati, la modalità delle candidature per il Csm e l’abrogazione della Legge Severino sulla candidabilità dei condannati in primo grado alle cariche pubbliche (tre questioni molto più strumentali).
In condizioni normali si dovrebbe poter votare due SI e tre NO. Avremmo voluto votare anche su eutanasia e legalizzazione della cannabis ma è stato impedito dalla Corte Costituzionale che ha bocciato i due quesiti.
Ma viviamo in un paese in cui i “manettari” imperversano e le carceri scoppiano mentre i “garantisti” di scopo hanno troppi scheletri nell’armadio. Difficile quindi poter agire in modo mirato e ponderato.
Quando vediamo argomentare i promotori dei referendum sulla giustizia che sostengono il SI, si capisce immediatamente la loro strumentalità e la prevalenza dei loro interessi particolari rispetto a quelli generali.
Quando vediamo argomentare i sostenitori del NO, sentiamo diffondersi l’idea di uno Stato-caserma in cui la magistratura debba disporre di un potere assoluto ed in cui la gente debba finire o restare in carcere con grande disinvoltura in nome della “legalità”.
Vediamo anche che nella sinistra c’è una divisione profonda tra settori che hanno vissuto e pagato di persona il clima da “Stato penale” e settori che vedono come prevalente lo sbarrare la strada alle strumentalizzazioni della destra sulla giustizia. I primi voterebbero si, i secondi voterebbero no.
Una vittoria del SI, al di là delle migliori intenzioni, sarebbe una vittoria della destra. L’affermazione del NO vedrebbe esultare tutti i “manettari” , gli eredi del “partito della fermezza” e i cultori dello Stato penale.
È evidente che in questa contraddizione ci si suiciderebbe con le nostre stesse mani, ragione per cui è meglio far saltare il banco e sottrarsi a questa trappola.
Siccome “il meglio è nemico del bene”, l’obiettivo più sensato è quindi quello di disertare le urne, non far raggiungere il quorum e far fallire questi referendum.
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