L’Eurogruppo rimanda la Grecia a mercoledì 15 febbraio con un
supplemento di compiti da fare. L’accordo raggiunto da Lucas Papademos
con i partiti nazionali non è stato sufficiente. Il “salvataggio” della
Grecia assume contorni farseschi, con gli ultimatum che si succedono, in
una serie infinita, da mesi. L’ultimo: il parlamento greco deve votare
un ulteriore risparmio di 325 milioni di euro nell’ambito del piano
di austerità da 3,2 miliardi. Entro domenica.
Jean-Claude Junker,
presidente dell’Eurogruppo, ha giudicato insufficienti gli elementi sul
tavolo per poter decidere l’erogazione del pacchetto di 130 miliardi
euro destinati ad Atene e nella conferenza stampa notturna si è fatto
portavoce della delusione dei ministri dell’Eurogruppo: “Non possiamo
vivere in un sistema in cui le promesse vengono fatte e ripetute e le misure di attuazione sono di volta in volta troppo
deboli”. Allo stesso tempo, Junker, pare convinto che dei nuovi elementi
– altri sacrifici – possano arrivare sul tavolo entro pochi giorni.
Il
ministro delle Finanze greco Evangelos Venizelos, fortemente criticato
dai suoi colleghi europei, ha parlato di scelte strategiche da prendere
ad orsa: “Se vediamo il nostro futuro e la salvezza del paese
all’interno dell’Europa, dobbiamo fare ciò che ci viene richiesto. Se il
nostro popolo preferisce un’altra direzione politica che ci porta fuori
dall’Europa, dobbiamo dirlo chiaramente a noi stessi e ai nostri
compatrioti”. Per il momento, il popolo greco ha deciso di fermarsi per
48 ore, con uno sciopero generale che coinvolge il settore pubblico e
quello privato.
Da Atene, Margherita Dean commenta: “Quello
dell’Eurogruppo è stato uno schiaffo alla Grecia che, oggi, si trova in
piazza nell’ambito dello sciopero di 48 ore indetto ieri contro le
misure che il Parlamento è chiamato a votare domenica. Una votazione che
si prospetta drammatica, dopo la riunione a Bruxelles di ieri, nella
quale il primo ministro si è visto rispedito al mittente il tormentato
accordo con la famigerata troika.
Tuttavia, oltre la grande politica
e trattative impossibili, c’è una società impaurita, per molti aspetti
addirittura terrorizzata e i giorni fino a mercoledì si prospettano come
un’ordalia. Se si fa i giornalisti si sente sempre più spesso,
quest’ultima settimana, una domanda d’angoscia: “Ma allora, torneremo
alla dracma?”.
Stante questo, la prova della piazza di oggi, è
senz’altro fondamentale, perché, quale che sia la decisione del
Parlamento, il governo greco ha, oggi più che mai, bisogno assoluto
almeno del silenzio passivo dei greci”.
Fonte.
Il dato fondamentale che sì ricava dalla situazione greca è l'inconsistenza dell'impianto su cui sì basa la crisi, non solo ellenica, ma mondiale.
La politica internazionale discute e legifera d'economia e finanza utilizzando costantemente il tono dell'emergenza, tuttavia quando l'estorsione di ricchezza ai danni delle popolazioni incespica sull'onda del terrore di queste ultime che si trasforma in dissenso, si presentano puntualmente le dichiarazioni stile Junker, a dimostrazione che il catastrofismo in merito alla bancarotta è un mero spauracchio da agitare davanti alle masse, incapaci di rendersi conto che le bancarotte degli stati sovrani fanno probabilmente più paura ai loro creditori (banche e fondi speculativi in testa).
Se le popolazioni fossero meno ignoranti, disponessero di maggiore coscienza sociale e avessero più visibilità della situazione e degli sbocchi pratici che presenta, la crisi non la vedremmo nemmeno col binocolo, perché nei fatti, non esiste.
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