Scompare con Alemanno il centrodestra romano: corrotto, clientelare e
nepotista. Un astensionismo spaventoso manda alle urne soltanto chi
aveva un interesse diretto nell'eleggere uno o l'altro. E quelli che
vivono col "naso turato" ogni turno elettorale.
A Roma, come facilmente prevedibile, Marino prevale largamente
sul peggior sindaco che Roma ricordi. Pochissimi votanti (poco più del
40%; il 48,5 in tutta Italia), al chirurgo del Pd va il 64% di questo
poverissimo bottino. All'ex "sindaco con la celtica" il 36%, ovvero sì e
no il 15 degli aventi diritto. Quanto aveva storicamente l'ex Movimento
Sociale; non un voto in più.
Risultati simili in tutti gli altri
capoluoghi di provincia in cui si nominavano sindaci con il
ballottaggio. Persino a Siena, dove lo scandalo MontePaschi ha fatto
eleggere un dipendente della banca come sindaco. Così non ci saranno più
problemi di trasmissione tra l'istituto e il primo cittadino...
A
Brescia, teatro della più corale e popolare delle contestazioni a
Berlusconi, passa il centrista Del Bono. Pare proprio che il Cavaliere
abbia perso il "tocco magico".
Il vuoto che si è aperto tra
rappresentanza politica classica ("votate per me che vi prometto tante
cose, poi farò quel che voglio o quel che posso") diventa una voragine.
Che ovviamente l'improvvisazione grillina non poteva riempire e che ora
sta minando alle basi il M5S.
Certo, un movimento con tutt'altre
caratteristiche - radicato nei conflitti sociali e orientato a un
cambiamento radicale del modo di produzione - avrebbe in questa crisi
moltissime carte da giocare. Sul terreno politico, non su quello
elettorale: chi si candida, in questa situazione, è morto in partenza.
E non saranno quindi i vecchi tromboncini della sinistra radicale a potersi credibilmente proporre per questo compito.
Un primo giudizio politico si può comunque dare.
Il
Pdl perde tutte le grandi città e sembra soffrire più del Pd la
mancanza di una lotta a sangue sul piano elettorale. L'impossibilità di
vincere, a destra, cancella anche la partecipazione ("se non ci guadagno
niente, che voto a fare?"). Mentre nell'area ex Pd il "voto utile"
("voto contro qualcuno, non per i miei interessi come settore sociale")
resta ancora in piedi; logoro, indebolito, passatista, ma ancora
sufficiente a garantire uno "zoccoletto" elettorale. Che, se nessun
altro vota, può addirittura esser sufficiente a vincere.
Questo
risultato, comunque, dovrebbe convincere il Cavaliere a lasciare in
piedi il governo Letta almeno fin quando il vento non dovesse cambiare a
suo favore. Bisognerà vedere come reagirà la sua "base" - i cacciatori
di subappalti e prebende, consulenze e favoritismi - a un periodo di
digiuno anche prolungato. E alla "tosatura" reddituale che le politiche
della Bce impongono anche per questi settori sociali.
In altri
termini, il "blocco sociale" berlusconian-leghista sembra a un passo
dalla dissoluzione. Determinati interessi, insomma, non hanno più
legittimità economica né politica; né quindi una "sogno" in grado di
tenerlo insieme.
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