Harlan Elrich insegna matematica in una media superiore californiana. È assurto agli onori della cronaca nazionale
perché, assieme ad altri nove colleghi e con l’appoggio del Center for
Individual Rights (un’associazione di destra finanziata da alcune
fondazioni conservatrici), ha denunciato il sindacato degli insegnanti
perché lo obbliga a versare una quota di iscrizione anche se non ne
condivide la linea politica. Il caso è
finito davanti alla Corte Suprema che si presume prenderà una decisione
entro la prossima estate. Decisione che, secondo gli esperti in materia,
sarà quasi certamente a favore di Elrich e contro il sindacato, e sarà
quindi destinata ad avere pesanti conseguenze sul potere contrattuale di
tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche negli Stati Uniti.
Sul piano formale le posizioni che si fronteggiano sono, da un lato,
la tesi di Elrich e soci, secondo cui l’obbligo di versare la quota di
iscrizione viola il Primo Emendamento perché, nella misura in cui il
sindacato non si limita a contrattare il salario ma prende posizione su
temi politici generali (per esempio appoggiando questo o quel candidato
durante le campagne elettorali), limita la libertà di espressione e di
pensiero di quella parte degli iscritti che non ne condivide le scelte;
dall’altro lato, il sindacato obietta: 1) che a chi condivide il punto
di vista di Elrich viene rimborsata quella parte della quota di
iscrizione che serve a finanziare l’attività di lobbying politica; 2)
che se il versamento della quota diventasse volontario, si offrirebbe a
una parte dei lavoratori l’opportunità di usufruire delle conquiste
sindacali (aumenti salariali e altro) a sbafo, sfruttando cioè chi versa
la quota che permette al sindacato di svolgere la sua funzione.
Sul piano sostanziale la questione è più tosta. La posta in gioco,
come ha sottolineato un ex dirigente della confederazione AFL-CIO, è
infatti la sopravvivenza stessa del sindacato, tanto più che, dopo
decenni di aggressioni da parte delle imprese e dei governatori di
destra che hanno falcidiato le rappresentanze del settore privato, i
sindacati dei dipendenti pubblici rappresentano ormai la maggioranza
degli iscritti. Del resto, come ci insegna la storia recente dei
sindacati italiani, il punto è politico-culturale, prima ancora che
economico-organizzativo. Le repressioni di Marchionne e soci in azienda,
i continui attacchi legislativi da parte dei governi (vedi il Jobs
Act), le tambureggianti campagne dei media che presentano i sindacati
come una reliquia del passato che ostacola la crescita economica, mirano
a creare: prima un clima d’opinione sfavorevole all’attività sindacale
(e anche qui, come negli Stati Uniti, il bersaglio grosso sono
soprattutto i sindacati dei dipendenti pubblici), poi una mutazione
antropologica che faccia sì che le nuove generazioni non concepiscano
nemmeno più la possibilità di coalizzarsi per tutelare i propri
interessi.
Seguiranno (l’obiettivo è già stato formulato chiaramente da
associazioni industriali e da molti politici di destra e di “sinistra”)
l’abolizione dei contratti nazionali, il passaggio alla contrattazione
aziendale, infine a quella individuale, perché la maggioranza comincerà a
ragionare come il signor Elrich: “non ho bisogno del sindacato, posso
negoziare per conto mio, perché sono un bravo insegnante e tutti mi
rispettano”. È l’etica neoliberista che ci vuole tutti imprenditori di
noi stessi, un’etica che anche chi pensa che i nuovi soggetti della
rappresentanza del lavoro debbano essere free lance e lavoratori
autonomi finisce per avallare, nell’illusione di poter costruire nuove
coalizioni che sostituiscano le vecchie sigle nel ruolo di interlocutori
privilegiati di padroni e politica. Purtroppo, fatti fuori i vecchi
sindacati, anche loro si accorgeranno di contare poco o nulla.
Aggiungo due link: il primo a un successivo articolo del NYT sullo stesso argomento; il secondo si riferisce a una proposta di legge dei Conservatori per tagliare i fondi alle Trade Union (e quindi ai Laburisti che le Union finanziano).
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento