E’ sempre più urgente una operazione verità in questo paese. La lettura delle misure contenute nella bozza della legge di stabilità ci consegna l’immagine dell’ennesima manovra costruita e disegnata a misura di impresa.
Il testo approdato al Senato, per quanto concerne i capitoli principali, è sostanzialmente quello circolato in questi giorni e l’introduzione di qualche bonus qua e là non ne cambia la natura.
Restano i rilievi rappresentati con la consueta letterina dalle istituzioni europee, le quali, hanno già agitato lo spauracchio della deviazione sui conti. Insomma, è vero che in vista delle elezioni si può un po’ allentare la corda, ma che sia sempre chiaro chi ha in mano le redini del gioco.
Ciò che balza agli occhi è, da un lato, le tante misure indirizzate nei confronti delle aziende o delle banche e, dall’altro, tutto ciò che manca e sarebbe necessario per far fronte alle vere emergenze sociali: un piano serio che aggredisca davvero la dilagante disoccupazione soprattutto giovanile, l’abrogazione della legge Fornero che condanna intere generazioni ad un lavoro senza fine, o del Job act o della buona scuola, forieri di lavoro sottopagato iper sfruttato e/o gratuito.
Prima di entrare nel dettaglio delle misure, è opportuno segnalare la tecnica utilizzata nella redazione del testo.
E così nel titolo “Riduzione pressione fiscale” vi sono gli incentivi naturalmente solo per le imprese, nel titolo “Incentivo strutturale all’occupazione giovanile” vi sono gli sgravi sempre per le imprese e nel titolo “Disposizioni per il contrasto all’evasione” vi sono misure che complicano l’attività di contrasto all’evasione..
Soldi a pioggia per le imprese.
Per i datori di lavoro privato viene introdotto uno sgravio del 50% per i primi tre anni di contratto a tutele crescenti con un tetto annuo di 3.000 euro, per l’assunzione di giovani under 35. Da gennaio 2019 lo sgravio sarà limitato all’inserimento di giovani under 29. Sul piatto 350 milioni il primo anno fino a salire a due miliardi a regime. Lo sgravio vale solo per coloro che non siano stati occupati a tempo indeterminato, e nelle previsioni del governo, dovrebbe garantire fino a 980 mila assunzioni in tre anni.
Il bonus sale al 100% se si assumono giovani apprendisti entro sei mesi dall’acquisizione del titolo professionale o per quelli in alternanza scuola lavoro a determinate condizioni
Queste sarebbero le misure di contrasto alla disoccupazione giovanile.
La filosofia è sempre la stessa: in ossequio a quel dogma liberista per cui solo le imprese possono rilanciare l’economia e l’occupazione, tutte le risorse pubbliche devono essere indirizzate nei loro confronti nella vana speranza che queste si decidano ad assumere
Poco importa se i fatti dimostrano la totale inefficacia occupazionale di tali misure, poco importa se chiunque può intendere che le imprese assumono soltanto se prevedono un incremento della domanda dei loro prodotti che, in piena crisi e recessione, è ipotesi alquanto bizzarra.
Ciò che conta è ciò che viene raccontato e una bugia ripetuta ossessivamente, diventa una indiscutibile verità.
Sempre per le imprese, riconfermate e prorogate con qualche ritocco, due misure, già presenti nella legge di stabilità 2017 che consentiranno alle aziende di continuare a conseguire un vantaggio di imposta non trascurabile: il superammortamento per l’acquisto di macchine utensili tradizionali (che passa dal 140 al 130%) e l’iperammortamento al 250% per l’acquisto di beni legati alla digitalizzazione della produzione (la c.d. industria 4.0)
Per completare il quadro occorre ricordare, inoltre, che la manovra del 2017 aveva introdotto una riduzione di ben 3,5 punti percentuali dell’aliquota IRES (imposta sul reddito delle società) passata dal 27,5% al 24%: un regalo che ha significato 4 miliardi di risparmio per le aziende, sottratte naturalmente alle casse pubbliche.
Si ripete spesso che la pressione fiscale nel nostro paese è troppo alta, ma quando si interviene è sempre e solo a favore delle imprese.
I lavoratori, i cui redditi si collocano tra i 15.000 euro e i 28.000 euro, continuano, infatti, a sopportare una aliquota del 27%, ben superiore a quella delle imprese.
Infine, per le imprese che effettuano spese in attività di formazione dal 2018 al 2020, nell’ambito dell’acquisizione o consolidamento di conoscenza delle tecnologie, è attribuito un credito di imposta nella misura del 40% delle spese relative al solo costo aziendale del personale dipendente.
Soldi alle Fondazioni bancarie
La limitatezza delle risorse a disposizione non impedisce naturalmente di elargire soldi alle ricche fondazioni bancarie, il cui patrimonio ammonta a circa 41 miliardi.
Un occhio di riguardo nei confronti delle fondazioni bancarie è, d’altronde, una costante di ogni legge di stabilità: l’anno scorso era arrivato un credito di imposta del 100% sui versamenti al Centro Servizio al volontariato, quest’anno, nei confronti degli 88 enti riuniti nell’Acri, (Associazione di fondazioni e casse di risparmio), è previsto un credito di imposta del 65% sulle erogazioni a progetti “finalizzati alla promozione di un welfare di comunità”.
Insomma, le fondazioni incassano, a spese delle casse pubbliche, un risparmio su contributi che sono tenuti a fare per legge.
Disposizioni per il contrasto all’evasione
Nell’ambito di questo titolo è stata inserita nella legge di stabilità una norma che prevede, nei confronti dei contribuenti (commercianti, professionisti, autonomi) che accetteranno di tracciare i pagamenti effettuati e ricevuti per operazioni oltre i 500 euro, una riduzione di due anni sui tempi massimi entro cui procedere all’accertamento (da 5 anni a 3 anni).
Più che di una misura di contrasto all’evasione, si configura una misura premiale per alcune categorie di contribuenti che renderà, considerati i tempi così ristretti, l’attività degli ispettori del fisco una corsa contro il tempo sempre più complicata.
Spending review e contratti pubblici
Dopo 8 anni di blocco dei contratti pubblici che hanno comportato una perdita salariale pro capite di circa 7.000 euro, la legge di stabilità stanzia per il rinnovo 2 miliardi che si sommano allo stanziamento di 1,2 miliardi accantonati negli anni precedenti.
La cifra comporterà, a regime, un aumento medio lordo di 85 euro frutto della disgraziata intesa del 30 novembre siglata da Governo e CGIL,CISL e UIL. Per salvaguardare il bonus irpef di 80 euro per i dipendenti pubblici, si alzano le soglie di reddito (il tetto di 24.000 euro sale a 24.600 e quello di 26.000 sale a 26.600). Bontà loro…
Ma quale fonte finanzia i rinnovi contrattuali? Ed ecco la fase tre della spending review con tagli pari a 1,1 miliardi nel 2017 (e dal 2018 per il triennio successivo gli stessi ministeri dovranno assicurare riduzioni di spesa per un altro miliardo l’anno) oltre metà di quelle misere risorse sono finanziate con una partita di giro interna al settore pubblico.
Pensioni
Nemmeno la timidissima richiesta dei sindacati complici (stop all’elevamento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019), ha trovato accoglimento nella legge di stabilità.
L’Ape volontaria ovvero il prestito ventennale per anticipare la pensione a 63 anni, viene prorogato a tutto il 2019, mentre l’accesso all’Ape sociale viene esteso anche per i lavoratori con contratto a tempo e per le donne, con un bonus di sei mesi per ogni figlio alle lavoratrici per un massimo di 24 mesi.
Una misura che suona come una beffa alla luce dei fallimento di questo strumento certificato dai dati forniti dall’ istituto di previdenza in base ai quali sono state respinte il 64,89% delle richieste di Ape sociale.
Le altre misure sono minutaglia…
Giusto per completare il quadro merita una menzione l’esclusione dell’addizionale Ires per le società di intermediazione finanziaria, lo stop alla mini patrimoniale del 2 per mille sulle polizze vita e la probabile introduzione di un bonus fiscale per chi decide di assicurare un fabbricato contro un terremoto o altre calamità naturali.
Insomma, per quanto elettorale e soft, la traiettoria di questa manovra è quella seguita in tutti questi anni: soldi alle aziende e niente per lavoratori, pensionati e, più in generale, per i ceti popolari.
La propaganda governativa, naturalmente, racconta tutt’altro.
Anche per questo è necessaria una operazione verità e lo sciopero generale del 10 novembre e la manifestazione nazionale dell’11 a Roma, rispondono proprio a questa esigenza.
Unione Sindacale di Base
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Fonte
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