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13/11/2017

Si può fare! In piazza il conflitto di classe e la rottura con l’UE

Com’era già avvenuto nell’autunno del 2016 con lo sciopero generale del 21 e la manifestazione nazionale di Eurostop del 22 ottobre, durante lo scorso fine settimana l’opposizione sociale e politica a questo governo e all’Unione Europea è scesa in campo con due importanti e riuscite giornate di lotta.

Venerdì l’Unione Sindacale di Base, insieme ad altre sigle del sindacalismo di base, ha incassato un evidente successo con uno sciopero generale che è riuscito a mettere in campo quasi 40 iniziative di mobilitazione territoriale, a paralizzare il trasporto pubblico in numerose città, a svuotare le scuole e anche alcune importanti fabbriche. Uno sciopero generale che si è dovuto confrontare con una repressione sabauda che la dottrina Minniti ha ormai calato come una cappa di piombo sulla vita civile e democratica di questo paese: cortei prima accordati e poi vietati dalle Questure, precettazioni dell’ultimo minuto, manganellate contro i docenti in sciopero che dal Ministero dell’Istruzione pretendevano di sfilare fino al Parlamento.

Sabato invece circa 10 mila persone provenienti da tutto il paese, per la maggior parte lavoratori, precari, attivisti dei movimenti giovanili, disoccupati, braccianti, occupanti di case e inquilini delle case popolari, hanno sfilato a Roma partecipando ad una manifestazione nazionale di Eurostop che al momento costituisce l’unica mobilitazione di rilievo realizzata in questo autunno contro il governo Gentiloni e le sue politiche all’insegna dello slogan “Via il governo delle banche, della precarietà e dei manganelli”.

In piazza sono scesi il conflitto sociale e la politica con la P maiuscola, dimostrando che è possibile rimettere al centro dell’agenda e della mobilitazione un’idea e un progetto di rottura che sono esattamente l’opposto dei tanti tentativi di riaggregazione dei cocci di una sinistra politicista e senza spina dorsale votati tutti, irrimediabilmente, al fallimento.

Le due giornate di lotta del 10 e 11 novembre hanno nuovamente evidenziato il legame necessario tra il sindacalismo conflittuale e l’insediamento di classe con il livello della rivendicazione politica generale.

La mancanza di un orizzonte politico generale indebolisce le vertenze settoriali e territoriali, non le rafforza. Al tempo stesso, un progetto politico di rottura e cambiamento che non rappresenti un blocco sociale e i suoi interessi, i suoi bisogni, non può che essere destinato all’inconsistenza e alla testimonianza.

Occorre individuare il nemico di classe e opporgli una capacità di ricomposizione sociale sulla base di una piattaforma politica non minimalista, ma che al contrario sia capace di ingaggiare la sfida con i livelli più alti dell’organizzazione capitalistica e di comando oggi rappresentati dall’Unione Europea, dall’oligarchia che la gestisce e controlla, dai trattati che costituiscono una vera e propria gabbia nei confronti di ogni rivendicazione e di ogni aspirazione alla democrazia, alla libertà, al benessere.

Al tempo stesso, solo un’organizzazione capillare e un’articolazione territoriale di un progetto generale sono in grado di rilanciare e amplificare gli sforzi degli attivisti sociali, sindacali e politici che hanno deciso, ognuno a partire dal proprio contesto o collocazione, di ingaggiare questa necessaria quanto difficile battaglia contro l’Unione Europea e la Nato.

Di nuovo, come era accaduto in passato, le mobilitazioni del sindacalismo di classe e di Eurostop sono state letteralmente cancellate da un sistema mediatico che ha occultato i due appuntamenti e le ragioni dei promotori prima, durante e dopo la due giorni di lotta.

Occorre prendere atto che la censura e la manipolazione costituiscono ormai un dato strutturale e non episodico, che non vanno tollerato e vanno anzi, in ogni modo, denunciati, ma con i quali occorre imparare a fare i conti, sviluppando una capacità autonoma di produrre e diffondere informazione attraverso canali di massa e alternativi a quelli ufficiali. D’altronde, fin da subito, abbiamo chiarito che la due giorni di mobilitazione serviva anche a mettere in campo una vera e propria Operazione/Verità per opporre un deciso stop alla narrazione tossica capitalistica ed alla consumata “grammatica delle fake news” che accompagna, all’interno del blocco sociale, le misure antipopolari in corso e quelle ancora più devastanti previste subito dopo le elezioni politiche.

Occorre ora capitalizzare la riuscita della due giorni di mobilitazione, rafforzare e allargare il fronte di lotta e affinare programma e strategia. L’occasione sarà l’assemblea nazionale di Eurostop che si terrà a Roma il prossimo 2 dicembre.

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