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04/10/2019

Ticket sulla sanità. Una dannosa trovata

La speranza è l’attesa fiduciosa che si realizzi qualcosa quando si ha invece la preoccupazione che non accadrà.

Il ministro della Salute Speranza, che questa estate non ha disdegnato di andare a prendere lezioni al meeting di Comunione e Liberazione, conferma il fondato timore che la sanità non si risolleverà, e non certo in relazione a ciò che evoca il suo nome.

Pensare che il Servizio Sanitario Nazionale possa riemergere dal baratro in cui è stato affondato, è ormai una utopia.

Il provvedimento sbandierato dal ministro Speranza sulla progressività dei ticket sanitari è un’altra farloccata per far dire che è un provvedimento “di sinistra” quando invece è solo fumo negli occhi.

Nell’ultimo decennio la spesa pubblica ha sottratto al Servizio Sanitario Nazionale ben 37 miliardi.

Questo dato va messo in relazione con un altro dato che è quello della spesa sanitaria privata che negli ultimi 5 anni è cresciuta del 10% sfiorando i 40 miliardi.

Tradotto in altri termini: chi ha potuto è fuggito dal servizio pubblico e si è rivolto a quello privato con la conseguenza che il pubblico è diventato sempre più inefficiente e il privato è diventato eccellenza, quantomeno nella percezione.

La progressività dei ticket sanitari calcolati in base alle effettive possibilità reddituali è un provvedimento certamente aderente al dettato costituzionale ma nella sua effettività ha senso solo ed esclusivamente se la sanità è tutta pubblica.

Se le prestazioni migliori si hanno solo nella sanità privata, perché in questi anni è stata quella maggiormente finanziata, la differenziazione dei ticket comporterà una ulteriore forbice: i ricchi che dovranno pagare il ticket più alto non andranno di certo a spenderlo nelle strutture fatiscenti del pubblico che quindi, a questo punto, sarà ulteriormente penalizzato non potendo contare sui maggiori introiti di chi può pagare di più.

Con un ticket aumentato, le persone più facoltose con maggior convinzione si rivolgeranno alla sanità privata convenzionata che in questo modo continuerà ad ingrassare.

Chi avrà meno possibilità, come già accade ora, continuerà invece a rivolgersi al servizio pubblico, con offerta sanitaria obsoleta, oltretutto ancor meno finanziata dalla assenza del ticket.

La forbice tra pubblico inefficiente e privato d’eccellenza aumenterà come in tutte le impostazioni neoliberiste introdotte nel nostro ordinamento da forze politiche di destra ma che per meglio truffare il consenso, hanno avuto il coraggio di autoqualificarsi di sinistra, come LEU e il PD.

Una vera riforma sta nella definitiva chiusura dei rubinetti verso la sanità privata che, in Italia, è cattolica.

Basterebbe una legge a costo zero: obbligarli a garantire nei loro ospedali aborto e eutanasia in cambio dei soldi pubblici, e pur di non consentire l’autodeterminazione, sarebbero disposti a rinunciare al finanziamento dello Stato.

Dunque un provvedimento a costo zero che questa classe politica, nella sua irreversibile cattolicizzazione non assumerà mai.

Qualcuno lo faccia capire a Speranza prima che si ubriachi della sua inutile e forse dannosa trovata.

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