L’appello lanciato lo scorso 16 ottobre dai sindacati palestinesi per “smettere di armare Israele” è stato raccolto dai sindacati in diversi paesi.
In Italia sono i portuali genovesi ad aver rilanciato per venerdi 10 novembre la mobilitazione al porto rifiutandosi di gestire l’imbarco di carichi di armi diretti in Israele (negli anni scorsi il target era stata invece l’Arabia Saudita). L’appuntamento è alle ore 6.00 al molo S. Benigno.
Anche i lavoratori del porto australiano di Sidney, stanno protestando contro l’attracco di una nave della compagnia israeliana Zim. All’appello dei sindacati palestinesi hanno aderito ieri anche i portuali dello scalo di Barcellona, annunciando che impediranno “le attività delle navi che portano materiale bellico”.
In Belgio già da alcune settimane a rifiutarsi di caricare armi sono i lavoratori aeroportuali che nel comunicato spiegano “caricare e scaricare ordigni bellici contribuisce all’uccisione di innocenti“. Solidarietà con i lavoratori palestinesi è arrivata inoltre dal sindacato francese Cgt, così come dal sindacato greco Pame che il 2 novembre ha bloccato l’aeroporto di Atene per protesta contro i bombardamenti israeliani.
Negli Stati Uniti un centinaio di attivisti hanno bloccato il porto di Tacoma (nel nord ovest del paese), temendo che la nave statunitense Cape Orlando, ferma in porto trasportasse munizioni ed armamenti per Israele. La nave era già stata bloccata alcuni giorni prima nello scalo di Oakland, nella baia di San Francisco.
Ma le proteste contro l’invio di armi e la collaborazione militare con Israele non si limitano ai porti. In Gran Bretagna lo scorso 26 ottobre un centinaio di persone avevano bloccato l’accesso alla filiale britannica dell’azienda di armi israeliana Elbit Systems.
Negli Stati Uniti nei giorni scorsi gli attivisti avevano bloccato alcune entrate di un impianto della statunitense Boeing destinato alla fabbricazione di armamenti nei pressi di St Louis. Manifestazioni si sono svolte alla sede londinese di Leonardo, gruppo italiano che ad Israele fornisce gli elicotteri Apache.
Di fronte al genocidio dei palestinesi in corso a Gaza, in tutto il mondo sta montando un’ondata di indignazione che chiede il boicottaggio degli apparati militari ed economici di Israele, con un movimento che somiglia molto a quello che portò alla fine del regime di apartheid in Sudafrica.
A livello internazionale da anni è attiva in tal senso la campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni) verso Israele che le autorità di Tel Aviv temono moltissimo e contro cui hanno creato un apposito dipartimento, lanciando una contro campagna di criminalizzazione del Bds in vari paesi europei e negli USA. Un tentativo evidentemente destinato a fallire.
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