I giorni convulsi di Atene, quelli delle trattative per una causa
che, in realtà, pare persa in partenza, starebbero volgendo alla fine ma
il condizionale è d’obbligo. In ballo sono sempre loro, quei – tanti,
130 – miliardi del secondo prestito delle istituzioni internazionali, di
cui la Grecia ha bisogno entro marzo. Le condizioni per l’erogazione
dell’aiuto economico sono, a oggi, due: l’accordo con i creditori
privati del Paese circa la riduzione (del 60 – 70 per cento, contro il
50 per cento inizialmente previsto) del debito greco (Private Sector
Involvement, PSI+) e la definizione delle misure che accompagneranno il
prestito.
È di oggi la notizia che il patto sul PSI+ sarebbe,
finalmente, definito, dopo che per tre mesi ha tenuto occupato il
Ministro delle Finanze, il Primo Ministro e l’Istituto internazionale di
finanza (IIF), rappresentante delle banche creditrici della Grecia.
Lunedì prossimo o, al più tardi il 15 febbraio, dovrebbe esserci
l’invito di scambio ufficiale, mentre non è ancora noto quale sarà il
tasso di interesse dei nuovi titoli. Quanto alla Bce, il Wall Street Journal
sostiene che anche la banca di Francoforte aderirà al programma di
riduzione volontario, mentre non si sa ancora nulla circa la
partecipazione dei fondi pensionistici greci esposti, per altro, con
titoli che rappresentano il 25 per cento del loro patrimonio.
Nonostante le trattative sul PSI+ siano state difficoltose, febbrili e
forse anche potenzialmente rischiose per i destini ellenici, il vero
problema – e il vero terreno minato – per il Paese sono le trattative
con la cosiddetta troika di Fmi, Bce e Ue, che si sono rivelate quasi
impossibili.
Essendo che un accordo con la troika è
indispensabile, sia per ottenere il prestito, che per procedere
all’attuazione del PSI+, due sono i fatti che hanno reso le ultime
settimane drammatiche e snervanti. Da una parte, l’indurimento delle
istituzioni europee spazientite da una Grecia considerata incapace ad
attuare le riforme necessarie e dall’altra, il peso immane delle misure
che il governo greco è chiamato a imporre, in cambio dei 130 miliardi di
euro.
Tra queste, spiccano tagli alle pensioni, sia integrative che
principali, per una media del 15 per cento, la sottrazione di un
miliardo alla Sanità per spese farmaceutiche e di 400 milioni di euro
alla Difesa per l’acquisto di armamenti, il licenziamento, entro la fine
del 2012, di 15mila statali, tra cui insegnanti delle scuole pubbliche a
contratto e riduzioni salariali del 20 o anche 22 per cento.
Ieri,
l’istituto del lavoro greco INE-Ghessee ha cominciato a quantificare il
costo dei tagli salariali, sottolineando che circa 2,2 miliardi verranno
a mancare alle casse di previdenza e pensioni qualora sia, infine,
imposta una riduzione degli stipendi pari al 20 per cento.
Si
aggiunga che, con un 30 per cento di lavoro nero, una disoccupazione del
18 per cento e 11 miliardi di debiti delle imprese in crisi nei
confronti dei fondi, questi già registrano un passivo di 25,5 miliardi.
Quanto alla realtà salariale che deriverà dalle riduzioni, se oggi lo
stipendio di base, in Grecia, è di 751 euro al mese lordi (597 euro
netti), una riduzione del 20 per cento significherà uno stipendio di 600
euro lordi (480 euro netti).
Ovvio, poi, che le riduzioni andranno a
toccare pure chi già lavora ma anche i disoccupati, poiché l’indennità
di disoccupazione scenderà ai 370 euro mensili.
In tutto questo, i
leader dei partiti politici che sostengono il governo di Loukàs
Papadimos, questa mattina hanno ricevuto il testo (di 50 pagine)
dell’accordo con la troika e in queste ore incontrano il Primo Ministro
per dare il loro assenso al pacchetto di misure. Un assenso necessario
alla votazione in Parlamento dell’accordo, che dovrebbe essere
programmata d’urgenza per domenica 12. Infine, domani e salvo
imprevisti, è programmato l’Eurogruppo che si occuperà della Grecia.
Fonte.
Mi auguro che la Grecia vada in bancarotta, che la zona Euro la segua a ruota e che le popolazioni inferocite dal biblico dissesto appendano al cappio i vari Papadimos, Monti, Sarkozy, Merkel ecc.
Se non sì cambia a sto giro non sì cambierà mai!
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