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18/03/2016

Israele ed Arabia Saudita: nuove alleanze in Medio Oriente


Lo stato israeliano si “associa alla decisione di iscrivere Hezbollah nella lista dei movimenti terroristi”. Così il ministro degli esteri dello stato sionista, Tzipi Livni, ha espresso soddisfazione e appoggio nella decisione di considerare la resistenza libanese come movimento terrorista da parte sia dei paesi del CCG (Consiglio di Cooperazione del Golfo) che della Lega Araba, due istituzioni che ormai esistono in quanto emanazione del paese egemone della regione: l’Arabia Saudita. In un comunicato su twitter il ministro israeliano ha affermato che “la decisione è giusta e corretta” ed ha aggiunto “che il prossimo passo è quello di vietare allo Hezbollah di partecipare alle prossime elezioni in Libano”.

Appare sempre più evidente, secondo diversi analisti, che si stia ormai consolidando una nuova alleanza tra lo stato ebraico e l’Arabia Saudita. In questi giorni, come riportano alcuni giornali, una delegazione israeliana di alto livello si è recata a Riad “per discutere questioni di interesse comune”. L’obiettivo principale è quello di contrapporsi agli antagonisti nella regione: Iran, Siria e, nel Libano, Hezbollah.

Diverse poi sono diventate le convergenze politiche tra questi due paesi a causa anche di alcuni eventi. Il primo, forse quello fondamentale, è legato agli accordi di Vienna tra il quintetto (Usa, Francia, Regno Unito, Cina e Russia) più Germania e l’Iran. Gli accordi, osteggiati da entrambi i paesi, hanno dato nuova forza politica, nella regione mediorientale, allo stato iraniano a discapito sia dell’Arabia Saudita che di Israele. Il secondo è stato la guerra civile in Siria che doveva essere una maniera di eliminare il regime siriano, avversario scomodo sia dei sauditi che degli israeliani. Gli effetti, invece, sono stati totalmente differenti: un rafforzamento politico da parte di tutto quell’asse avversario sciita (Iran, Iraq e Hezbollah) con il sostegno politico e militare russo e la perdita del controllo di tutte quelle formazioni jihadiste (Daesh e Al Nusra) precedentemente finanziate ed armate dai paesi del Golfo e dall’Arabia Saudita, con una tacita convergenza da parte israeliana. La reazione di entrambi i paesi, quindi, è legata, inevitabilmente, al fatto che le alleanze e gli equilibri nel Medio Oriente sono totalmente cambiati ed in quest’ottica uno dei denominatori o nemici comuni da combattere è Hezbollah.

Per la petromonarchia saudita, infatti, il partito sciita è diventato una continua spina nel fianco. In Siria è intervenuto a fianco del regime di Bashar Al Assad cambiando, secondo molti analisti, le sorti della guerra civile. In Libano il movimento sciita ha notevolmente aumentato il proprio consenso e sostegno a livello nazionale, non soltanto tra la comunità sciita, a discapito del pupillo di Riad, Saad Hariri, leader del partito “Mustaqbal”. In Yemen, l’Arabia Saudita mal sopporta il sostegno politico ad Ansarullah (Houti) e le continue condanne di Hezbollah per l’atroce campagna militare contro i ribelli sciiti come la continua serie di arresti e uccisioni di dissidenti politici sciiti nel Bahrein.

Lo stato israeliano, invece, ha ancora in sospeso con Hezbollah la sconfitta subita nel 2000 e la disastrosa invasione del Libano del 2006. Nel 2000, infatti, l’esercito ebraico si ritirò unilateralmente, per la prima volta nella storia dello stato sionista, dopo numerose e insostenibili sconfitte; nel 2006, invece, l’invasione del Libano, partita con l’intenzione di annientare definitivamente la resistenza libanese, si trasformò in una carneficina di civili libanesi ed in una conferma della capacità militare di Hezbollah.

Con l’iscrizione di Hezbollah nella lista delle organizzazioni terroriste da parte dei paesi del Golfo, Israele ha avuto, di fatto, campo libero nell’intraprendere la sua nuova campagna mediatica e militare contro il movimento politico sciita libanese. In queste settimane, infatti, lo stato israeliano ha avviato una nuova serie di esercitazioni militari ed aeree a ridosso del confine libanese (Fattorie di Sheeba), in una zona controllata dai caschi blu dell’Unifil.

In contemporanea sono aumentate esponenzialmente le segnalazioni sulla presenza di droni israeliani che tentano di spiare le postazioni difensive della resistenza libanese, in particolare nella zona di Bint Jbeil (fonte Al Akhbar). Nella stessa maniera la stampa israeliana discute su un possibile intervento analizzando i pro ed i contro. Le forze israeliane sono consapevoli che Hezbollah sia in questo momento più vulnerabile che in passato visto che un quarto delle sue milizie, circa 5000 uomini, sono impegnate nel conflitto siriano. Dall’altra parte le preoccupazioni sono legate al fatto che Hezbollah abbia acquisito maggiore esperienza sul campo di battaglia, abbia ricevuto nuovi equipaggiamenti ed armi dai suoi principali sponsor, Iran e Russia, e sia, quindi, molto più pericoloso di prima.

Basti pensare alle dichiarazioni fatte dal segretario generale del partito, Hassan Nasrallah, che in un suo discorso legato proprio ad un possibile intervento israeliano in Libano ha ribadito che “la resistenza libanese è  pronta ad un possibile intervento militare israeliano perché, come sa bene l’entità sionista (in riferimento alla continua attività di spionaggio israeliana-ndr), abbiamo nuove armi offensive e difensive” ed ha ribadito che “noi non vogliamo nessun conflitto anche perché non siamo noi a portare avanti assassini mirati (Samir Kuntar –ndr), siamo una forza di resistenza per il Libano contro i progetti coloniali dell’entità sionista nella regione e siamo in grado di bombardare tutte le principali città israeliane ed in particolare la città di Haifa (con i suoi depositi di ammoniaca e le sue fabbriche chimiche – ndr)”.

In riferimento all’alleanza tra sauditi e israeliani, come in effetti sta avvenendo, Nasrallah ha dichiarato “Israele vede che siamo un problema. Ha tentato due strade: la prima quella di una guerra diretta contro noi nel 2006 ma con un tentativo inefficace, la seconda quella di demonizzare il nostro partito a livello nazionale e regionale insieme ai sauditi... di indebolirci economicamente e politicamente in modo da creare le condizioni di un nuovo intervento militare per eliminarci, ma noi abbiamo sempre dimostrato la nostra capacità come forza di resistenza nazionale e popolare”.

Contrastanti sono le reazioni dei paesi dell’area dove da una parte i governi cercano di isolare politicamente Hezbollah nella regione, ma dall’altra numerosi partiti e movimenti popolari, dalla Palestina alla Tunisia, dichiarano la loro solidarietà ed il loro sostegno nei confronti del partito sciita. Hezbollah è, infatti, riconosciuto come la resistenza libanese ai continui attacchi della galassia jihadista che imperversa in Medio Oriente (Daesh e Al Nusra) e come una forza che è riuscita ad isolare i confini del paese dei cedri dal baratro della guerra civile e dalla radicalizzazione jihadista.

Infine un ultimo aspetto dell’alleanza israelo-araba appare preoccupante. La stabilizzazione dei rapporti tra arabi e israeliani potrebbe, infatti, mettere in secondo piano la questione palestinese e portare all’abbandono della Palestina dalle priorità degli stessi paesi arabi per una soluzione del conflitto. Israele, quindi, avrebbe le mani libere, in maniera incondizionata, nella sua politica di colonizzazione e devastazione all’interno dei Territori Palestinesi Occupati.

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