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09/10/2019

La maldestra fascinazione di Conte per i servizi segreti


Nel bel mezzo delle polemiche che infuriano per gli incontri riservati tra servizi segreti italiani e autorità statunitensi, il premier Giuseppe Conte – come a parlare di corda in casa dell’impiccato – ha partecipato alla cerimonia per il giuramento delle nuove “barbe finte” del Sistema di Informazione per la sicurezza della Repubblica, ossia i nuovi assunti nei servizi segreti italiani.

Il Presidente del Consiglio ha avuto parole di miele per l’intelligence italiana. Secondo Conte “è il presidio della democrazia, non essendo concepibile che si muova al di fuori del controllo parlamentare e dei compiti che il Governo le assegna”. Il premier ha sottolineato poi che “l’interesse nazionale è il perno dell’azione dei servizi”. Non ha mancato di ribadire “l’ancoraggio dell’Italia alla comunità euroatlantica e a un multilateralismo avveduto, aggiornato e realmente efficiente rappresentano per il nostro Paese un punto di riferimento imprescindibile della proiezione internazionale, come pure strumento migliore per far si che le logiche cooperative si impongano e prevalgano su quelle competitive”.

Come noto, fino ad oggi ed in entrambi i suoi governi, Conte ha la delega ai servizi segreti. Una competenza che, alla luce degli incontri riservati tra servizi italiani e autorità statunitensi, getta una ombra piuttosto sconveniente sul premier. L’uso degli apparati dello Stato come fattore di “facilitazione” nelle relazioni con un governo di un altro Stato e del suo controverso presidente (Trump), indica una improvvisazione irricevibile in un ambito per sua natura delicatissimo. Mettere il naso negli affari interni di un altro paese (e di un paese peso massimo come gli Usa) per facilitarne una componente (l’attuale amministrazione), significa pregiudicarsi i rapporti in futuro qualora prevalga un altra componente (i democratici). Insomma un errore che le vecchie volpi del passato non avrebbero mai commesso.

Prima di lui, e con analoga pervicacia, era stato Renzi a “improvvisare” cercando uno stretto controllo di Palazzo Chigi sui servizi, fino a cercare di infilare uno dei suoi fedelissimi amici e supporter, Marco Carrai, ai vertici dei servizi. Una operazione che fu però stroncata dai vertici dei servizi stessi per la sua invadenza e la sua “inopportunità”. Insomma se su vicende come queste c’è qualcuno che dovrebbe tacere, questi è proprio Renzi.

Sui contatti riservati – e non potrebbe essere altrimenti – tra la nostra intelligence e il General Attorney (ossia il ministro della giustizia) degli Usa William Barr, il presidente del consiglio si è detto pronto a riferire al Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica.

Era agosto, quando a Palazzo Chigi è arrivata una richiesta dall’ambasciata Usa con cui le autorità statunitensi chiedevano di consentire al ministro Barr di ottenere notizie su un controverso personaggio maltese Joseph Mifsud, professore alla altrettanto controversa Link University, che Washington considera legato al Russiagate e resosi irreperibile da tempo. La Link University è una creatura di ex ministro democristiano, Vincenzo Scotti, istituita nel 1999 come filiale dell’università di Malta.

Secondo la presentazione che viene fatta è “un’Università dell’Ordinamento Universitario Italiano. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, con proprio Decreto del Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (n. 374 del 21 settembre 2011) e previo parere favorevole dell’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (Anvur), ha accreditato i Corsi di Laurea”. Ma, a seguito dell’istituzione dell’Università degli Studi Link Campus University, “per assicurarne la governance da parte di soggetti giuridici non più legati all’Università di Malta, in data 1° agosto 2011 è stata costituita la Fondazione Link Campus University, soggetto promotore dell’Università; i servizi necessari al funzionamento generale dell’Ateneo e dei suoi Corsi di Laurea sono garantiti da società dedicata”.

Secondo l’inchiesta del procuratore Robert Mueller – il docente della Link University, Joseph Mifsud, avrebbe rivelato a George Papadopoulos, consigliere della campagna elettore di Trump, l’esistenza delle mail compromettenti della sua rivale Hillary Clinton.

Ad agosto il controverso personaggio diventato rilevante nella vicenda Russiagate ha fornito una deposizione audio al Procuratore John Durham. George Papadopoulos è un giovanissimo collaboratore della campagna elettorale di Trump e viene presentato da Vincenzo Scotti a Mifsud durante un master alla Link Campus. In incontri successivi Mifsud dice a Papadopoulos che il Governo russo che lui rappresenta ha del “materiale compromettente” sulla Clinton.

Secondo il giornalista investigativo statunitense John Solomon: “Mifsud era un collaboratore di vecchia data dei servizi di intelligence occidentali cui venne richiesto specificatamente dai suoi contatti alla Link University di Roma e London Center of International Law Practice (Lcilp) – due gruppi accademici legati alle diplomazie e servizi di intelligence occidentali – di incontrare Papadopoulos a pranzo a Roma a metà marzo 2016″. Solomon afferma di aver ottenuto queste informazioni direttamente dall’avvocato del professor Mifsud, Stephan Roh. L’avvocato sta cercando di dimostrare al procuratore John Durham che il suo assistito è un collaboratore dell’intelligence occidentale a cui è stato chiesto di presentare Papadopoulos ai russi. In una intervista rilasciata circa due anni fa a La Repubblica, Mifsud si limita ad ammettere che “Tutto quello che ho fatto è favorire rapporti tra fonti non ufficiali, e tra fonti ufficiali e non, per risolvere una crisi. Si fa in tutto il mondo. Ho messo in contatto think-tank con think-tank, gruppi di esperti con altri esperti”. Un linguaggio e categorie classiche di chi agisce nella zona grigia dei servizi segreti.

Di fronte alla richiesta statunitense, Conte questa estate ha autorizzato il gen.Vecchione (capo del Dipartimento Sicurezza che coordina i servizi segreti italiani) a ospitare Barr nella sede dei servizi segreti a Roma, nella nuova sede in piazza Dante. Era stato un incontro preliminare, a seguito del quale il gen. Vecchione ha poi organizzato una riunione effettiva con Barr alla presenza dei vertici di Aisi (servizi interni) e Aise (servizi per l’estero) cioè il prefetto Mario Parente e il generale Luciano Carta.

Adesso Conte dovrà riferire al Copasir, affidato al leghista Raffaele Volpi (ex sottosegretario alla Difesa durante il primo governo Conte). Difficile prevedere se vorrà o saprà rendere più trasparente la zona grigia – o meglio ancora il verminaio – in cui tutta questa vicenda appare ben avviluppata.

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