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06/07/2016

Renzi corre a salvare MortePaschi

Il problema per il governo è serio: come si fa a salvare con soldi pubblici la terza banca privata italiana, senza far incazzare contemporaneamente l’Unione Europea e i contribuenti italiani?

MontePaschi è da anni sotto il tiro della speculazione finanziaria, con bilanci disastrati, manager volati via dalla finestra, altri esposti al pubblico ludibrio dopo esser stati per anni l’icona dell’Abi (l’associazione dei banchieri). Da giorni il titolo crolla in borsa, con inimmaginabili risalite ogni volta che si alza il rumor dell’intervento pubblico. Un’azione che vale 0.26 centesimi in realtà vale meno della carta – molto pregiata, in genere – su cui è stampata. L’intera banca, oggi, capitalizza meno di 780 milioni. E la Bce, pochi giorni fa, le ha inviato una lettera in cui impone di eliminare dai bilanci 10 miliardi di “sofferenze”, ossia di prestiti che non torneranno mai indietro. Una sproporzione che getterebbe nella disperazione anche il più navigato dei manipolatori di bilanci...

La Consob ha deciso di sospendere le vendite allo scoperto (si possono vendere azioni avute “in prestito”, neanche materialmente possedute) per cercare di limitare la volatilità e la velocità di caduta, che spesso costringe la Borsa a sospendere il titolo per eccesso di ribasso.

In linguaggio semplice la storica banca senese è tecnicamente fallita. MortePaschi.

Ma non è solo la terza banca italiana, è anche la prima toscana. E dopo lo scherzetto combinato ad azionisti e obbligazionisti – la maggior parte inconsapevoli – dell’aretina Banca Etruria, un premier toscano in difficoltà tutto può fare meno che lasciarla morire nelle spire di un gigantesco bail in. Che svuoterebbe la Toscana di buona parte della sua ricchezza (comprese le imprese che finirebbero nella lista dei “cattivi pagatori”, all’origine delle “sofferenze”) e Renzi di tutto il bacino di popolarità residua.

Perciò la domanda iniziale (come si fa a salvare con soldi pubblici la terza banca privata italiana, senza far incazzare contemporaneamente l’Unione Europea e i contribuenti italiani) deve trovare assolutamente una risposta.

Intanto placando le possibili critiche o ire della Commissione di Bruxelles. Su questo fronte la trattativa è aperta, a partire dall’uso delle possibili deroghe che persino la direttiva sul bail in prevede. Spazio stretto, cartellini rossi ad ogni angolo. Anche perché le “sofferenze” totali di MontePaschi assommano a 47 miliardi, pari al 3% del Pil italiano.

Secondo i media mainstream, che annusano ogni fil di fumo in uscita dagli uffici centrali in questa vicenda (il ministero dell’economia), una soluzione potrebbe essere nell’ampliamento del fondo Atlante, creato per assorbire contemporaneamente Veneto Banca e la Popolare di Vicenza e già intervenuto pesantemente su questo fronte (di fatto è ora proprietario di entrambi gli istituti). Dal punto di vista europeo nulla osta, perché Atlante è un fondo privato, finanziato da banche private (più la Cassa Depositi e Prestiti, però, che è decisamente pubblica). Dal punto di vista concreto, però, il fondo ha già finito i soldi nel salvataggio delle due banche venete.

Morto un fondo se ne fa un altro, sempre privato e sempre ricorrendo alla mitologia greca. Quello nuovo dovrebbe chiamarsi Giasone, e andrebbe riempito con soldi provenienti da Atlante, dalla Sga (una bad bank usata a suo tempo per il Banco di Napoli), ancora dalla Cdp (che contiene i risparmi dei correntisti postali...) e da qualche fondo pensione, ma su base volontaria. In questo modo si salvaguarda il carattere “privato” del salvataggio e si tacita Bruxelles.

Ma come avviene un salvataggio in cui bisogna trasferire “sofferenze” da una banca a un fondo privato? Perché mai un altro soggetto dovrebbe “comprare” debiti che un altro soggetto non riesce a riscuotere? Perché esiste un mercato su cui questi debiti – ovviamente svalutati, quindi con perdite da iscrivere a bilancio per chi li deteneva, in questo caso MontePaschi – possono essere scambiati: oggi e domani.

Tutto il segreto sta nel prezzo. Quanto vale una sofferenza? A prezzi di mercato, difficilmente supera i 20 centesimi per ogni euro di debito nominale. Un prezzo troppo basso perché la banca MontePaschi possa venderli effettivamente, visto che – per antica convenzione – li tiene iscritti a bilancio per 40 centesimi. Alla metà di quel prezzo non resterebbe che alzare bandiera bianca e chiudere baracca. Anche vendendo a 40 centesimi la banca senese dovrebbe iscrivere quelle perdite a bilancio (una svalutazione secca del 60% delle sofferenze), costringendola a ricapitalizzarsi. Ossia ad emettere nuove azioni sul mercato. In effetti c’è qualche dubbio che qualcuno possa assumersi il rischio di metter soldi – per la terza volta in pochi anni – in una banca che si è rivelata un pozzo nero di dimensioni incalcolabili. È qui che arriva lo Stato, o meglio il governo, che ha varato una “garanzia” nominale di 150 miliardi per operazioni del genere. Non dovrebbe – nelle speranze di Pier Carlo Padoan – scucire fisicamente neanche un euro, ma semplicemente “garantire” l’emissione di obbligazioni col meccanismo del “convertendo” (ossia con obbligo di conversione a tre anni). In questo caso la Ue non alzerebbe il cartellino rosso...

Semplice. Ma perché mai il privato Giasone dovrebbe acquistare merda – è linguaggio tecnico, abbiate pazienza – a un prezzo doppio di quello di mercato? È sicuro che non potrebbe mai rivenderla allo stesso prezzo o superiore, quindi si tratterebbe di un’operazione assolutamente insensata.

Qui arriva nuovamente lo Stato, ossia il governo. Giasone comprerebbe a quel prezzo avendo la “garanzia” che il Tesoro li ricomprerebbe a 40 centesimi (o almeno 41 per ricompensare il disturbo). Dal punto di vista dell’operazione “di mercato”, con qualche difficoltà, potrebbe persino passare. In pratica, però, è una presa per i fondelli, perché Giasone si limiterebbe a fare il prestanome retribuito del ministero. Il quale sa bene che non riuscirebbe mai a rivendere quel che compra, se non con perdite clamorose.

Probabilmente l’Unione Europea chiuderebbe entrambi gli occhi e anche qualche altro organo di senso, ma è chiaro che l’operazione servirebbe soprattutto al governo Renzi per occultare – ai contribuenti, ossia a tutti noi – che sta regalando soldi nostri a una banca pur di farla sopravvivere.

Ci potreste dire: ma siete buoni solo a criticare, voi che fareste? Useremmo soldi pubblici per ristrutturare MontePaschi e farla funzionare come una banca pubblica, per azioni mirate di politica economica, magari anche guadagnandoci qualcosa.

“Ma l’Unione Europea sarebbe contraria”. Lo sappiamo. Per questo c’è Renzi, a Palazzo Chigi...

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